Cosa possiamo fare per superare questo periodo nel modo migliore possibile? Come sostituire quelle abitudini e tradizioni, che ci sono state momentaneamente negate? Come stare vicini a chi vogliamo bene nonostante le misure restrittive e gli impedimenti? Parla lo psicologo e presidente della Società italiana di psicologia dell’emergenza Roberto Ferri
Se già normalmente il Natale può portare con sé non solo gioia, ma anche un carico di ansia, quest’anno l’emergenza Covid-19 e la cosiddetta “fatica da pandemia” dovuta al prolungarsi di disagi e limitazioni rischia di avere effetti devastanti, soprattutto sulle persone più fragili o che vivono situazioni particolarmente difficili. Primi fra tutti coloro i quali proprio a causa del Coronavirus hanno perso persone care, ma anche gli anziani, molti dei quali dovranno restare lontani da figli e nipoti per tutelare la propria salute. Cosa possiamo fare per superare questo periodo nel modo migliore possibile? Come sostituire quelle abitudini e tradizioni, che ci sono state momentaneamente vietate, dalla settimana bianca, al cenone o all’evento in piazza? Intanto il Natale non va negato, ma ritrovato. “Possiamo riscoprire ed apprezzare maggiormente i veri valori del Natale che, in condizioni di normalità, vengono spesso dimenticati sostituiti dal consumismo sfrenato” spiega a ilfattoquotidiano.it Roberto Ferri, psicologo e presidente di SIPEM (Società italiana di psicologia dell’emergenza), secondo cui anche la corsa ad aperitivi e regali di Natale a tutti i costi “rappresentano la necessità di stare con gli altri e socializzare” ma possono essere anche comportamenti che nascondono un’altra esigenza, ossia quella di scaricare l’ansia determinata dalla cosiddetta ‘fatica da pandemia’ che rende sempre più difficile, soprattutto da parte dei giovani, riuscire ad accettare le regole del confinamento e del distanziamento sociale”.
LA FESTA CON ADDOSSO LA FATICA DA PANDEMIA – Anche l’Organizzazione mondiale della sanità ha lanciato un allarme su questo fenomeno che, si stima, stia affrontando circa il 60% dei Paesi europei e che è anche dovuto alla difficoltà a capire quando saremo fuori dall’emergenza. “Proprio in relazione alla ‘fatica da pandemia’, il disagio psicologico è aumentato notevolmente in questo periodo” spiega Ferri. Ci sono già segnali di un aumento di utilizzo di psicofarmaci ed ansiolitici nonché di una maggiore richiesta di sostegno. Gli stessi psicologici della Sipem SoS Federazione, che in questi mesi hanno svolto attività di sostegno in remoto, attraverso i numeri verdi che sono stati attivati (tra cui quello del Ministero della Salute) si sono resi conto “non solo della presenza di un forte disagio psicologico, soprattutto nelle categorie più deboli quali gli anziani, ma anche di un mutamento della tipologia di preoccupazione che non riguarda più esclusivamente la paura di contagiarsi, ma anche la sfera economica ed occupazionale”. Il veleno dell’incertezza fa il resto, con effetti acuiti “da una comunicazione istituzionale ed in alcuni casi anche scientifica, non chiara e spesso contraddittoria. Il cervello umano – aggiunge Ferri – funziona molto meglio quando si trova di fronte a una situazione certa e determinata, anche se negativa, piuttosto che in situazioni di incertezza dove si oscilla tra speranze e disillusioni, ottimismo e pessimismo”.
LE INSIDIE DEL NATALE – In questo contesto, le festività natalizie rischiano di nascondere qualche insidia. “Generalmente, il Natale viene vissuto da molte persone oltre che come una festa, anche come un momento di nostalgia – spiega Ferri – per chi non c’è più, per il ricordo nostalgico di festività più spensierate e serene”. Così, paradossalmente, è proprio in questo periodo che ci si trova ad affrontare “ulteriori difficoltà emotive” che incidono sul nostro benessere. A maggior ragione se si è soli. E quest’anno a essere soli saranno in tanti e poco sereni: mezzo Paese vive un lutto terribile, l’altra metà è in preda alle preoccupazioni. “Il rischio in cui possiamo incorrere in questo periodo – continua lo psicologo – è l’acuirsi di sintomi ansioso-depressivi, se la nostalgia prende il sopravvento sul significato più vero e profondo di queste feste rendendoci vittime di un profondo senso di solitudine”.
CI SALVERANNO IL DIALOGO E LE TRADIZIONI – Quello che bisogna fare è non soccombere. Reagire. Ci sono dei comportamenti che vanno evitati, al pari di quelle riunioni di famiglia di cui ha scritto, in un editoriale sul Guardian, il professore di psicologia Stephen Reicher, membro dello Scientific Pandemic Influenza Group on Behaviours (Spi-B) descrivendo il cosiddetto “paradosso dell’intimità” che induce ad abbassare la guardia. Lo stesso paradosso che ha spinto, i più consapevoli, a stare lontano da tavolate di parenti. Vanno evitati, però, anche comportamenti opposti che inducono a un totale isolamento, non solo fisico. “Non rimanere chiusi nelle proprie preoccupazioni e nelle proprie paure – consiglia il presidente di Sipem – condividendo il più possibile con gli altri i nostri stati d’animo ma, nel contempo, dando spazio alla leggerezza”. Cosa consiglia a chi sta rinunciando all’albero di Natale o a mettersi ai fornelli? “Bisogna continuare ad alimentare quelle tradizioni familiari che ogni anno caratterizzano il nostro Natale è sicuramente un buon metodo per combattere la nostalgia. Questo significa non rinunciare a preparare i dolci della tradizione locale, ad ornare la casa di oggetti natalizi anche sapendo che nessuno verrà a trovarci, ad ascoltare la musica e a seguire, laddove le norme lo consentono, le tradizioni più semplici ma proprio per questo più vere”.
LE PERSONE PIÙ FRAGILI – È pur vero che bisogna fare i conti con quanto è accaduto. E se il Natale spesso rievoca il ricordo delle persone che non ci sono più, quest’anno sarà più dura. E al dolore, in molti casi, si aggiunge la rabbia. “Sarà un sentimento molto forte per coloro che hanno perso una persona cara a causa del Covid – commenta Ferri – resa ancora più grave dal fatto che non si è potuti stare vicini alla persona cara negli ultimi giorni di vita e, in molti casi, non si nemmeno potuto organizzare il funerale”. Un senso di separazione che si rinnova, anche a Natale, festa della famiglia per eccellenza. Eppure in questi giorni molte famiglie resteranno divise. A preoccupare maggiormente è la situazione che vivranno le persone più anziane. “La nostra associazione in partenariato con Senior Italia Federanziani, ha messo a disposizione il numero verde 800991414, già attivo durante il primo lockdown, proprio nella consapevolezza che la particolare fragilità degli anziani rappresenti una emergenza sociale molto importante”. Private delle relazioni sociali, delle visite dei propri cari “vivono una profonda solitudine con il rischio che tutto ciò porti, soprattutto nelle più anziane e con patologie preesistenti, ad un accelerazione del processo di invecchiamento cerebrale e, quindi, a un peggioramento repentino del loro stato di salute”. Attraverso questo numero verde gli anziani potranno parlare (anche a Natale e negli altri giorni festivi) con professionisti in grado di supportarli, farli sentire meno soli e dare loro consigli su come gestire al meglio le giornate.
GLI ANTIDOTI – A questo proposito, il rapporto tra nonni e nipoti è importante. Per entrambi il distacco rappresenta una frattura relazionale molto forte e può essere percepita in modo drammatico. E allora, paradossalmente, la generazione più distante dalla tecnologia potrà riceverne benefici notevoli. A cominciare dalle feste natalizie, quando magari tutti hanno più tempo a disposizione. “Aiutare i nonni a un corretto utilizzo dei social, una sorta di alfabetizzazione informatica – spiega Ferri – deve essere uno degli obiettivi che dovremmo porci in un futuro immediato proprio per alleviare il senso di distacco degli anziani dal mondo esterno”.
QUEL SENSO DI COLPA – C’è anche un altro aspetto nella relazione sociale negata: il senso di colpa di chi è costretto a stare lontano da un genitore anziano. “Il senso di colpa è uno stato d’animo molto sentito in questo periodo” aggiunge lo psicologo. Si provano “sensi di colpa per avere abbandonato, seppur con lo scopo di tutelarli, i propri anziani, per aver contagiato gli altri, persino per essere sopravvissuti mentre altri, anche più giovani, non ce l’hanno fatta. Un’emozione del tutto legittima in questa situazione e, spesso, alimentata proprio dal clima di incertezza che stiamo vivendo”.