“Un Natale sospeso”. È quello che stanno vivendo i medici, gli infermieri e i volontari impegnati in prima linea nella lotta contro il Covid. Da febbraio non si sono mai fermati e durante le festività sono chiamati ad uno sforzo più grande rispetto agli scorsi anni. “Il volume dei pazienti è molto più alto pertanto ci sarà più personale che lavorerà”, spiega il professor Raffaele Bruno, direttore del reparto di Malattie infettive del Policlinico San Matteo di Pavia. Non tornerà in Calabria dalla sua famiglia come negli scorsi anni, ma rimarrà in ospedale. “Arriviamo a queste feste stanchi sia psicologicamente sia fisicamente – racconta il professor Bruno – la piccola pausa estiva non è bastata per ricaricare le batterie vista la recrudescenza dei contagi che abbiamo registrato a partire da ottobre”.
Rispetto allo scorso Natale in tutto il paese sono nati i Pronto Soccorso dedicati solo ai pazienti Covid: “Un anno fa non potevamo neanche immaginare di avere uno spazio del genere”, spiega il professor Stefano Perlini che dirige il Pronto Soccorso del San Matteo di Pavia. Qui, ogni notte, lavorano tre medici: “Uno in più rispetto alla normalità oltre a dodici infermieri. Il tutto si traduce in un surplus di lavoro e di attenzione”. Un carico di lavoro che si somma a quello accumulato negli scorsi mesi. “L’ansia e l’apprensione dei pazienti si scarica inevitabilmente anche su di noi”, racconta Mario Isola, volontario della Croce Viola che negli scorsi mesi ha guidato le ambulanze nelle difficili notti milanesi. “All’inizio c’era un po’ di paura perché il virus era sconosciuto e dunque avevamo apprensione nel tornare a casa dai nostri familiari”, racconta.
Oggi c’è più consapevolezza, ma rimane l’inquietudine di non sapere “quando finirà” come spiega l’infermiere Claudio Bertolle che lavora alla centrale del 118 di Milano. “Nei giorni delle feste c’è tanta gente che chiama anche solo per sentire una voce amica – racconta la responsabile operativa Soreu, la sala operativa regionale dell’emergenza-urgenza della Lombardia, Alessandra Sforza – siamo in una fase di attesa dove proviamo a recuperare energie perché la corsa del virus potrebbe ripartire”.
Un segnale di speranza per il nuovo anno sembra arrivare dal vaccino. “L’unico modo per uscire da questa situazione è avere poche infezioni e fare vaccinazioni – precisa il professor Bruno – rispetto a quest’estate, arriviamo a queste vacanze natalizie con numeri ancora alti, oltre seicento morti al giorno, pertanto l’obiettivo deve essere quello di tornare a cifre epidemiologiche confortanti”. In caso contrario il rischio è quello che “i medici saranno ‘impegnati’ a curare i pazienti e la campagna vaccinale potrà subire dei rallentamenti”.