L’influenza è quasi sparita. Così sembra, almeno per adesso. Nell’ultima settimana (14-20 dicembre) la sorveglianza Influnet, coordinata dall’Istituto superiore di sanità (Iss), ha registrato quasi 104mila casi di sindrome simil-influenzale, con un valore di incidenza per mille assistiti di gran lunga sotto la soglia epidemica stagionale (fissata a 3,16 casi per mille assistiti): 1,7 contro 4,2 rispetto alla stessa settimana del 2019. In tutto, da quando la sorveglianza è iniziata (metà ottobre) sono stati stimati circa 1,2 milioni di cittadini che hanno preso l’influenza. La fascia di età più colpita è stata quella 0-4 anni. “Sicuramente le misure di prevenzione anticovid, quali l’uso della mascherina, distanziamento sociale e lavaggio delle mani, hanno drasticamente ridotto il contagio dei virus influenzali, che si trasmettono per via aerea, ma il sistema di sorveglianza resta lacunoso, pochi medici sono in grado di inviare i dati, molti laboratori sono chiusi” sottolinea l’infettivologo dell’ospedale Sacco di Milano, Massimo Galli. Un problema non trascurabile. A causa dell’emergenza Covid, Provincia di Bolzano e di Trento, Sardegna, Campania, Basilicata e Calabria non hanno attivato il monitoraggio e non stanno inviando dati. “In passato abbiamo chiesto alle Regioni almeno il due per cento della copertura della popolazione, mentre quest’anno abbiamo alzato la percentuale al quattro per cento, per garantire una rappresentatività migliore e poter monitorare a un livello più capillare anche la diffusione di Sars-Cov2, che presenta molti sintomi sovrapponibili all’influenza” spiega Antonino Bella, responsabile di Influnet. Però, nonostante i solleciti alle Regioni (che dovrebbero stimolare i medici candidati a inviare i dati dei propri assistiti, eventualmente anche dietro corrispettivo monetario), continua Bella, “la copertura media del territorio nazionale è ferma al due per cento. Serve tenere alta l’attenzione sul territorio, perché con lo stesso strumento di monitoraggio controlliamo la diffusione sia dei virus influenzali sia del nuovo coronavirus”. Ma il sistema di sorveglianza ha subìto un contraccolpo un po’ in tutta Europa. A denunciarlo è il Centro europeo per il controllo e la prevenzione delle malattie (Ecdc) nell’ultimo bollettino sull’influenza. La pandemia di Covid, scrive l’Ecdc, ha impattato negativamente sull’attività di monitoraggio dei contagi da influenza, e se l’emergenza coronavirus continua, questi dati dovranno necessariamente essere interpretati con cautela.

Sebbene la stagione influenzale sia appena iniziata (il picco di solito è atteso tra fine gennaio e la prima settimana di febbraio) “sembra che si stia verificando quello che è già avvenuto nell’emisfero australe – conclude Bella -, ci aspettiamo dunque un andamento blando dei contagi”. Finora nei laboratori afferenti alla rete Influnet, su 951 campioni clinici analizzati, nessuno è risultato positivo al virus influenzale mentre 154 sono risultati positivi al Sars-Cov2. Non si sa quanto abbia influito la campagna sui vaccini antinfluenzali. “Non abbiamo contezza di quanti cittadini si siano vaccinati al momento, potrebbe esserci stato anche un effetto dei vaccini nella diminuzione della circolazione dell’influenza”, l’infettivologo Galli non lo esclude. Il responsabile Influnet aggiunge che “da quattro mesi non si registrano neanche casi di morbillo e rosolia”. Una scomparsa storica.

Ci si ammala meno anche di altre malattie infettive molto gravi come la meningite. “Per le malattie invasive da meningococco, Haemophilus influenzae e pneumococco sono stati segnalati circa 70 per cento casi in meno rispetto allo stesso periodo del 2019” annuncia al fattoquotidiano.it Paola Stefanelli, direttrice del reparto Malattie prevenibili da vaccino del dipartimento Malattie infettive dell’Iss. Questi tre batteri possono causare quadri clinici di sespi, polmoniti e meningiti. “Non significa che queste malattie siano scomparse, bisogna sempre mantenere alta la guardia e consolidare la raccolta dei dati sul territorio” avverte la virologa dell’Iss. Altri virus non circolano quasi più tra i bambini. “C’è una fortissima riduzione di bronchioliti, di pertosse e di tutte le forme di adenovirus e virus parainfluenzali che provocano laringiti – osserva Alberto Villani, direttore delle Malattie infettive dell’ospedale Bambin Gesù e presidente della Società italiana di pediatria -. Di solito in questo periodo dell’anno si è costretti a limitare i ricoveri programmati per lasciare spazio ai bambini colpiti da influenza e virus respiratori. L’uso della mascherina – puntualizza Villani – ha influito in maniera determinante e abbiamo capito che la scuola non è il luogo di contagio. Il vero problema – aggiunge – sono i comportamenti delle persone, non le mutazioni del nuovo coronavirus, perché è normale che un virus per sopravvivere si modifichi”.

Il segretario nazionale di Federfarma, Roberto Tobia, ci conferma il forte calo nelle vendite dei farmaci per la cura dei sintomi simil-influenzali: “È crollata la richiesta di spray per il mal di gola o per il naso, sciroppi per la tosse, antipiretici. Purtroppo però vendiamo più antidepressivi di prima”. Assosalute, l’associazione nazionale dei farmaci di automedicazione (tra cui rientrano quelli da banco destinati alla semplice influenza), ci dà un anticipo il suo direttore Enrico Allievi, stima “entro fine anno una contrazione intorno al cinque per cento del mercato dell’automedicazione”. “Per la categoria tosse e mal di gola – specifica – il calo ipotizzato sarà del dieci per cento, mentre per gli analgesici dell’1,5”.

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