Scuola

Studio europeo: le scuole chiuse fanno più male che bene. Scarso impatto sui contagi ma contraccolpi sul benessere dei ragazzi

Il Centro europeo per il controllo delle malattie fa il punto sugli effetti della circolazione del virus nelle scuole europee. Con le adeguate misure di sicurezza non emergono rischi particolari né differenze significative sull'andamento dei contagi. Gli alunni raramente portano il virus "in casa". La ripresa autunnale dei malati è stata causata dall'allentamento delle altre misure piuttosto che dalla ripresa delle lezioni

Scuole di ogni ordine e grado assolte: non contribuiscono a diffondere il Covid19. La sentenza è del Centro europeo per il controllo delle malattie (Ecdc) che ha appena pubblicato uno studio sull’argomento. “Il ritorno nelle aule scolastiche a metà agosto in diversi paesi è coinciso con un generale rilassamento delle altre misure restrittivi in molti paesi, e non appare quindi essere stato un motore di contagio nella seconda ondata di casi osservata in molti stati europei ad ottobre”, si legge nel documento. Tutto questo a patto che nelle scuole vengano applicati i protocolli di sicurezza

Lo studio non considera il possibile impatto della variante inglese, di cui al momento non si hanno dati sufficientemente ampi ed attendibili. Ammette che la chiusura delle scuole può contribuire ad una riduzione dei contagi ma da sola non basta a prevenire la trasmissione ma da sola serve a poco nulla. Ha efficacia solamente se coincide con altri interventi per limitare i raduni di massa. Si è infatti visto che il trend di casi segnalati da agosto tra gli adolescenti di 16-18 anni è paragonabile a quello osservato tra i giovani adulti di 19-39 anni, fascia in cui si è osservato un forte aumento durante agosto, continuato poi a settembre soprattutto tra i 40 e 64 anni e dai 65 anni in su. Insegnanti e operatori delle scuole non sono risultati essere a maggior rischio di infezione rispetto ad altri lavoratori. Secondo l’Ecdc la chiusura delle scuole dovrebbe quindi essere usata come ultima risorsa e per un tempo limitato, dato che l’impatto negativo a livello di salute fisica, mentale ed educativa, oltre che economica, supera i benefici.

I dati di sorveglianza indicano inoltre che tra 1 e 18 anni, i bambini ammalatisi di Covid-19 hanno avuto un tasso più basso di ricoveri, di complicazioni gravi durante il ricovero e di morte rispetto a tutti gli altri gruppi d’età. I bambini di tutte le età sono suscettibili e possono trasmettere il coronavirus, anche se i più piccoli appaiono meno suscettibili all’infezione, e quando contagiati, portano meno spesso a contagi in casa rispetto ai bambini più grandi e agli adulti.

Da quando sono state riaperte le scuole in autunno, 12 paesi su 17 hanno risposto al monitoraggio dell’Ecdc, segnalando dei focolai nelle scuole, la maggiore parte dei quali (1185) in scuole superiori, seguiti da elementari (739) e asili (283), con variazioni che vanno da un focolaio in Lettonia in un asilo a oltre 400 in Spagna in scuole secondarie. Generalmente il focolaio ha visto sempre meno di 10 casi, ma in alcuni si sono superati gli 80 contagi. Studi condotti in Germania e Italia suggeriscono che se un bambino è contagiato da un adulto, è più probabile che ciò sia avvenuto a casa che a scuola. Infine l’Ecdc ricorda come resti fondamentale l’adozione delle adeguate misure di sicurezza e contenimento del virus, ossia distanziamento sociale, uso di mascherine ed igiene. Le misure devono essere adattate al contesto e al gruppo di età e considerare la necessità di prevenire la trasmissione e di fornire ai bambini un ambiente sociale e di apprendimento ottimale.