Il presidente della commissione Antimafia sui fatti raccontati a Palazzo San Macuto dall'ex comandante della stazione dei carabinieri del comune in provincia di Palermo: "Alcune delle vicende tratteggiate nell'audizione del luogotenente Paolo Conigliaro vedono protagonisti soggetti che hanno avuto un ruolo nel caso Montante"
“Alcune delle vicende tratteggiate nell’audizione del luogotenente Paolo Conigliaro vedono protagonisti soggetti che hanno avuto un ruolo nel caso Montante“. Lo dice il presidente della commissione Antimafia, Nicola Morra, riferendosi ad un’interrogazione parlamentare sui fatti raccontati a Palazzo San Macuto dall’ex comandante della stazione dei carabinieri di Capaci.
L’atto firmato da 18 deputati (diciassette del M5s e uno del Pd) è indirizzato ai ministri della Difesa, Interno e Giustizia, chiamati in causa sugli episodi ricostruiti da Conigliaro nella sua audizione dello scorso 22 luglio. Dalla proposta di scioglimento per mafia del comune di Capaci “stoppata o forse persa”, sottolinea il deputato dei 5 stelle, agli interessi su un centro commerciale già nel mirino degli uomini di Antonello Montante, il presunto paladino dell’Antimafia finito in manette e condannato a 14 anni di carcere. Ma anche sulle “attenzioni vessatorie ricevute da parte di qualcuno che non ha gradito questa sua insistente richiesta di commissione d’accesso”.
Le vicende raccontate da Conigliaro riguardano il periodo 2013-2017, in cui era stato a capo della stazione di Capaci, il piccolo centro alle porte di Palermo, noto per la strage del 23 maggio 1992, in cui morirono il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli uomini della scorta.
“Capaci era forse diventato, ho detto forse, l’epicentro di interesse di soggetti che rinviano al caso Montante”, ha aggiunto Morra, riferendosi alla costruzione di un centro commerciale, previsto nell’area ex Vianini e mai costruito. Il progetto era stato approvato il 10 novembre 2017 dal consiglio comunale di Capaci, all’epoca del sindaco Sebastiano Napoli. L’area era stata concessa alla Pr, srl che tra i proprietari ha anche Massimo Romano, titolare di una catena di supermercati in Sicilia, arrestato assieme a Montante e tuttora sotto processo. Ma dopo l’audizione di Conigliaro, a novembre scorso, la nuova giunta ha revocato quella delibera.
“C’è da approfondire questa vicenda relativa alla richiesta dell’invio di una commissione d’accesso volta eventualmente a sciogliere il comune per infiltrazione mafiosa – ha aggiunto il presidente Morra -, richiesta che non fu mai portata sul tavolo dell’allora prefetto di Palermo, Francesca De Miro (recentemente nominata al Consiglio di Stato) per motivi che noi dovremmo appurare, perché comunque qualcuno quella richiesta l’aveva ufficialmente depositata ai suoi superiori gerarchici, adesso vedremo perché non è finita dove doveva andare a finire”.
Le indagini finirono tutte in archiviazione, compresa quella per diffamazione avviata a Palermo nei confronti dello stesso Conigliaro, per alcune frasi estrapolate da una chat di gruppo su Whatsapp con altri cinque colleghi. Per la stessa accusa però il maresciallo adesso è stato rinviato a giudizio dal Tribunale militare di Napoli. Molti degli screenshot contestati sono un collage di frasi provenienti da diverse conversazioni. In seguito all’audizione, gli uffici della commissione Antimafia hanno acquisito i documenti citati da Conigliaro, trasmessi dalla Procura di Palermo e dal comando generale dell’Arma e “su base documentale sono emerse già delle evidenze”, dice Morra.
“Poco alla volta abbiamo ottenuto questa documentazione, che sembra non soltanto meritevole di approfondimento, ma anche di ulteriore attività di audizione – ha aggiunto il presidente di palazzo San Macuto -, perché sembrerebbe che i vertici dell’Arma dei carabinieri in quel di Palermo non abbiamo forse ben inteso che cosa abbia individuato in funzione delle sue investigazioni il luogotenente Conigliaro”.
Tra il materiale ricevuto da Palazzo San Macuto c’è ad esempio la richiesta di archiviazione dell’indagine sul centro commerciale, scritta il primo giugno 2018, depositata il 5 e accolta dal gip il 6. Ma anche documenti con “parti sbianchettate” su cui sono in corso degli approfondimenti. “Sarebbe il caso che lo Stato non si sottraesse a controllo, male non fare paura non avere – conclude Morra -, chi sfugge al controllo lo fa perché forse ha parecchio da nascondere”.