L’epidemia degli oppioidi, come è stata chiamata, è una realtà che da tempo devasta molte comunità americane e ha radici lontane. Tutto è iniziato a fine Novecento, quando le società farmaceutiche hanno spinto i medici con un marketing aggressivo a prescrivere oppiacei a fini curativi. Il picco registrato da giugno 2019 a maggio 2020 si intreccia con lo sconvolgimento della vita quotidiana causato dal Covid
Aumentano i morti per overdose negli Stati Uniti. Lo dicono i dati dei “Centers for Disease Control and Prevention” (CDC), secondo cui ci sono state 81mila vittime nei dodici mesi che vanno dal giugno 2019 al maggio 2020. Si tratta di numeri mai registrati prima e che riguardano overdose per abuso di oppioidi sintetici, di cocaina e di metanfetamine. Il picco delle vittime si è registrato nel periodo che coincide con la prima ondata di Covid-19. “Lo sconvolgimento della vita quotidiana causato dalla pandemia ha colpito pesantemente quelli con disordini legati all’uso di sostanze”, spiega Robert Redfield, direttore dei CDC.
Sono gli oppioidi sintetici la principale causa di morte, in primo luogo quelli a base di fentanyl, che sul mercato viene spesso addizionato all’eroina. Per questa classe di sostanze, l’aumento delle vittime è del 38,4 per cento rispetto all’anno precedente (giugno 2018/maggio 2019). Le overdose di cocaina sono invece salite del 26,4 per cento e sono spesso legate all’uso contemporaneo o alla contaminazione della cocaina con fentanyl ed eroina. Quanto alle vittime per le metanfetamine, tra cui il crystal meth, queste hanno avuto un aumento del 34,8 per per cento, superiori dunque ai decessi per cocaina. Il rialzo nel numero dei morti, spiega il rapporto dei CDC, riguarda soprattutto l’Ovest del Paese. All’esplosione dei numeri delle overdose fatali, ha corrisposto un aumento anche delle overdosi non fatali. I dati del Vermont Department of Health mostrano infatti che i pazienti ricoverati in ospedale per abuso di sostanze stupefacenti, ma che non sono morti, sono stati nel 2020 il 137 per cento in più rispetto al 2019.
L’epidemia degli oppioidi, come è stata chiamata, è una realtà che da tempo devasta molte comunità americane. I suoi effetti distruttivi si sono fatti sentire soprattutto nelle aree più depresse del nord-est e del Midwest, ma negli ultimi ultimi anni, come raccontano i nuovi dati, l’abuso di sostanze stupefacenti si è diffuso a macchia d’olio. Prendiamo ad esempio il New Hampshire. Lo Stato ha un milione e mezzo di abitanti e circa 400 morti all’anno per droga; questo significa che non esiste praticamente famiglia o abitante del New Hampshire che non abbia conosciuto qualcuno che sia rimasto vittima di una overdose. La gravità del fenomeno è evidente girando per le due principali città dello Stato: Concord e Manchester. Sono centinaia, soprattutto giovani, le persone distese in strada, con problemi di abusi di stupefacenti. Il New Hampshire non è ovviamente un caso isolato. Pennsylvania, Connecticut, Maryland, Ohio, Kentucky, Colorado hanno in questi ultimi mesi conosciuto situazioni altrettanto tragiche.
Il fenomeno è però appunto antico e complesso. A partire soprattutto dall’ultimo decennio del Novecento, le società farmaceutiche hanno spinto i medici americani a prescrivere oppiacei a fini curativi. La campagna di marketing, lunga e aggressiva, ha alla fine raggiunto gli effetti sperati. Le prescrizioni di farmaci oppioidi a fini analgesici sono diventate comuni, portando a forme di dipendenza che alla lunga si sono dimostrate distruttive. Il fentanyl, responsabile oggi di tante morti, nasce proprio come farmaco nella terapia del dolore, somministrato prima o dopo l’intervento chirurgico e nelle patologie tumorali. Rispetto alla morfina, ha un effetto fino a ottanta volte superiore, anche se la durata della sua azione è più breve. Utilizzato come droga, negli Stati Uniti soprattutto a partire dal 2013, comporta un rischio di overdose molto alto: è infatti difficile calcolare il sovradosaggio. L’eroina, che tra il 2002 e il 2013 aveva fatto migliaia di morti (un rialzo del 286 per cento rispetto al decennio precedente) è stata dunque negli ultimi anni rimpiazzata proprio da questo oppiaceo, che non si è però rivelato meno mortale.
Durante la campagna elettorale del 2016, Donald Trump aveva posto particolare enfasi proprio alla questione degli oppioidi, promettendo di intervenire con durezza contro gli spacciatori e di riportare lavoro e prosperità nelle comunità più colpite. In effetti nel 2018, per la prima volta dopo decenni, il numero di morti per overdose era diminuito. Il fenomeno è durato lo spazio di qualche mese: nel 2019 i morti erano di nuovo in aumento, anche rispetto al 2017. Il nuovo picco del 2020 va quindi inserito in questo trend pluridecennale, ma può essere appunto spiegato con l’esplosione della crisi da coronavirus. Secondo uno studio recente dei National Institutes of Health, la solitudine correlata all’emergenza sanitaria e ai lockdown è un fattore determinante “per depressione, ansia, comorbidità”, fattori determinanti nella diffusione delle droghe. Le chiusure di questi mesi hanno poi ridotto drasticamente l’accesso ai servizi e alle cure per le persone con problemi di dipendenza. Le misure di distanziamento, che hanno contenuto la diffusione del virus, hanno quindi aumentato la possibilità di morire per abuso di droghe. Ancora secondo i National Institutes of Health, le vittime per overdose sono destinate ad aumentare. Gli esperti prevedono circa 75mila morti nel giro di un anno per suicidi e abuso di alcool e droghe.
(Nella foto Israel Rodriguez e l’ex moglie Sharon Rivera davanti alla tomba della loro figlia, Victoria, morta di overdose a 21 anni. Calvary Cemetery, New York)