E adesso guardiamo l’altra parte della lavagna, a chi ha dato il buon esempio.

1. L’eredità diventa un classico. E il suo campione, perfetto

Cominciamo dal basso, dalla tv popolare che è la più difficile da fare bene. L’eredità è ormai un classico, va in onda da anni con meritato successo, ma negli ultimi mesi ne ha passate di tutti i colori. Prima ha mandato in onda un bel po’ di puntate già registrate con il pubblico presente, poi, finite le scorte, è dovuta ricorrere alle repliche delle stagioni precedenti, alla ripresa autunnale lo ha fatto senza pubblico e con le distanze tra i presenti in studio. Infine si è trovata tra le mani uno di quei fenomeni che se ben gestiti rappresentano un vantaggio ma possono anche diventare un problema: un campione imbattibile, preparatissimo, simpatico, così perfetto che alla lunga poteva diventare pesante.

Se è stato gestito bene, allargando l’interesse per il programma, il merito è soprattutto del conduttore. Mi è accaduto in passato di criticare Flavio Insinna, soprattutto per gli eccessi folkloristici nella conduzione di Affari tuoi, ma a L’eredità è bravissimo, forse il più bravo dei validi conduttori che si sono succeduti. Preciso, empatico con i concorrenti, sempre con la battuta pronta ma mai esibita (come accade ad alcuni e alcune che devono far vedere quanto sono spiritosi/e), capace di passare dal popolaresco al colto, dal romanesco a Shakespeare: vero erede, in questo, della tradizione del maestro Gigi Proietti.

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La tv del 2020 / Dagli stadi vuoti al campione dell’Eredità, ecco la mia classifica dell’anno

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