La vita l’ho sempre immaginata come un percorso senza punti di arrivo, ma con tante ripartenze. Ricordo mio nonno che durante la seconda guerra mondiale a causa di una bomba piovuta sul suo casottino, dove faceva il maestro d’ascia, rimase gravemente invalido per tutta la vita. Ebbene quell’uomo continuò a credere nella vita e seppe rialzarsi e ripartire. Fu un insegnamento prezioso per i suoi figli e per noi nipoti. Credeva nella vita. “La vita non è tutta di un colore, ma è composta da una alternanza di luci e ombre, momenti felici e altri dannatamente duri da affrontare. Basta saperlo e accettarlo se si vuole proseguire il nostro percorso”. Diceva mio nonno.
Questo Capodanno voglio dedicarlo ai colleghi del mondo dell’Arte con cui condivido il percorso di un lavoro che non ha mai fatto male a nessuno. Un’opera può essere più o meno interessante, ma sempre ci porta a riflettere e a mettere in gioco il nostro modo di vedere le cose, la quotidianità nostra e degli altri.
L’Arte serve per far crescere il pensiero per capire se ciò in cui stiamo investendo ha o non ha un senso propositivo e utile per le nostre vite. L’Arte aiuta a porci domande e non conta se si è o non si è d’accordo con la visione dell’artista, perché l’importante è mettere in moto il pensiero, la capacità di andare oltre le apparenze. L’Arte è sogno e concretezza insieme come insegna Don Chisciotte.
L’Arte aiuta l’anima a entrare in contatto e in sinergia con la ragione compensando così le nostre debolezze psicologiche e aiutandoci a capire che le difficoltà, pur picchiandoci addosso, fanno parte della vita e possono essere affrontate.
Noi artisti continuiamo a dare forza ai sogni e usiamo questo duro momento per immaginare, partorire idee e pianificare progetti che, appena la pandemia diminuirà, realizzeremo.
In questo periodo non abbiamo scelta. Teatri chiusi. Tournée interrotte. E allora, cosa fare? Piangerci addosso, consci che l’autocommiserazione non ha mai generato nulla di buono?
No, malgrado le difficoltà, noi proviamo a vivere in modo costruttivo il silenzio in cui siamo costretti.
Combattiamo senza arrenderci, prendendo in mano la penna, nostra unica arma, come fece Petrarca durante la Peste.
Nel silenzio delle nostre case, magari seduti a una scrivania, noi riflettiamo. Pensiamo in concreto. Creiamo. In questo silenzio diamo spazio alla nostra fantasia e ai nostri sogni senza astratti lirismi. Progettiamo nuove forme artistiche. Nuove storie da raccontare in musica o in versi, in prosa o su tela, con il corpo o con la parola. Mettiamo tutto su carta e perfezioniamo.
Perfezionare.
Perfezionare.
Perfezionare.
Nel silenzio, senza distrazioni, perfezionare e ridare una patria ai nostri sogni. Noi non gettiamo al vento questo periodo di per sé già difficilissimo. Utilizziamo la tecnologia per entrare in contatto con altre persone con cui provare a condividere un tratto di strada. E’ vero, vedersi dal vivo è un’altra cosa, ma se questa è l’unica possibilità a nostra disposizione, allora noi la usiamo. Non è il bene maggiore, ma è pur sempre un male minore. Il Covid non dipende da noi, ma il modo di affrontare la nostra quotidianità in questo periodo, sì, dipende da noi.
E se questi sogni non fossero altro che illusioni? Pazienza, meglio illusi che incapaci di progettare una qualsiasi azione volta al bene comune e a un futuro migliore del presente.
Anche con le ferite aperte, noi non ci arrendiamo.
Avremo comunque lasciato una preziosa eredità: la capacità di sognare.
Noi artisti siamo il sogno e i sogni non moriranno mai.
Vivranno perché una vita senza sogno non ha senso.