In Europa i vaccini saranno per tutti e gratuiti. Ma 17mila cittadini europei guardano oltre i confini del vecchio continente e, uniti, chiedono che le fiale diventino “bene comune universale”. No profit on pandemic è il messaggio che hanno scelto di far arrivare a Bruxelles tramite il diritto di iniziativa, uno strumento di democrazia diretta europeo che permette di presentare, con il raggiungimento di un milione di firme, una proposta alla Commissione. Partita il 30 novembre, la raccolta (consultabile a questo link) ha superato le 17mila firme. “In linea con le promesse fatte dalla presidente della Commissione europea di rendere i vaccini un bene comune universale – si legge nell’allegato dell’iniziativa – l’Unione europea deve anteporre la salute pubblica al profitto privato. Vogliamo che i vaccini e i trattamenti contro le pandemie diventino un bene pubblico mondiale, liberamente accessibile a tutti”. Affinché questo sia possibile, secondo i firmatari, è necessario che la Commissione europea adotti una normativa rispettando quattro punti.
Brevetti e diritti di proprietà intellettuale. È necessario “garantire che i diritti di proprietà intellettuale, compresi i brevetti, non ostacolino l’accessibilità o la disponibilità di qualsiasi futuro vaccino o trattamento contro il Covid-19”, si legge nell’iniziativa. L’esempio da seguire, secondo i 17mila cittadini, è quello dello scienziato Jonas Salk, che negli Anni 50 del Novecento mise il suo vaccino antipolio sul mercato senza alcun brevetto, rinunciando ai profitti. Una decisione che gli valse l’appellativo da parte della National Foundation for infantile paralysis di “padre adottivo dei bambini di tutto il mondo”. “Si può forse brevettare il sole?”, ebbe a dire provocatoriamente Salk una volta in tv.
Licenze obbligatorie. L’Unione europea deve inoltre “garantire che la sua legislazione in materia di esclusività dei dati e di mercato non limiti l’efficacia immediata delle licenze obbligatorie rilasciate dagli Stati membri”. Il contro-esempio che i 17mila firmatari portano è il “modello” di vaccinazione messo in piedi per contrastare l’Hiv: “Negli Anni 90 le multinazionali farmaceutiche hanno usato i brevetti per i trattamenti anti-Hiv per far pagare prezzi esorbitanti per i loro prodotti – si legge nell’allegato – Milioni di vite sono state sacrificate”. Ma “il governo sudafricano, guidato da Nelson Mandela, scelse l’opzione delle licenze obbligatorie per permettere l’uso di farmaci equivalenti generici a condizioni accessibili”.
Condividere le conoscenze. I firmatari chiedono anche alla Commissione di “introdurre obblighi giuridici per i beneficiari di finanziamenti dell’Ue per quanto riguarda la condivisione di conoscenze in materia di tecnologie sanitarie, di proprietà intellettuale e/o di dati relativi alla Covid-19 in un pool tecnologico o di brevetti”.
Trasparenza. Infine “introdurre obblighi giuridici per i beneficiari di finanziamenti dell’Ue per quanto riguarda la trasparenza dei finanziamenti pubblici e dei costi di produzione e clausole di trasparenza e di accessibilità insieme a licenze non esclusive”.
Anche Papa Francesco, nel giorno di Natale, ha fatto un appello affinché il vaccino venga condiviso con i Paesi più poveri. La presidente della commissione, Ursula von der Leyen, a maggio lo aveva promesso: il vaccino sarebbe stato un “bene universale”. Tra le altre, anche Amnesty International e Oxfam chiedono di impegnarsi di più per garantire l’accesso globale al farmaco, esortando le aziende farmaceutiche a condividere le informazioni attraverso il Covid-19 Technology Access Pool dell’Oms. Altrimenti “miliardi di persone nei paesi a basso e medio reddito saranno tagliate fuori nei prossimi anni”, dichiara Oxfam, insieme alle altre organizzazioni della People’s Vaccine Alliance. Ad oggi, come riporta l’Ispi, Istituto per gli studi di politica internazionale, “risulta che i Paesi ricchi, con il solo il 14% della popolazione mondiale, hanno già acquistato il 53% di tutti i vaccini più promettenti. Dall’altro lato, 67 Paesi a reddito medio-basso e basso rischiano di essere lasciati indietro, sebbene in appena cinque di questi – Kenya, Myanmar, Nigeria, Pakistan e Ucraina – si siano registrati finora quasi 1,5 milioni di contagi”.