Ho ricevuto severi commenti per alcuni post contenenti qualche critica nei confronti dei fisici: sono stato accusato di “parlar male” di altre scienze, di essere invidioso del loro successo. La colpa di questi fraintendimenti è solo mia: ho date per scontate alcune premesse.

Le premesse sono che certi scienziati dipingono la propria scienza come dura e predittiva e definiscono altre scienze come molli e descrittive, implicando che siano di dignità inferiore. Un astrofisico è arrivato ad affermare che, con l’astrobiologia, finalmente si spiegherà in termini “quantitativi” l’origine della vita. Questa posizione si riassume nella famosa frase di Ernest Rutherford: “Nella scienza c’è solo la fisica, tutto il resto è collezione di francobolli”. Un’opinione che ha portato Zichichi ad affermare che l’evoluzione non sia una scienza.

Questa convinzione permane in certi ambiti scientifici. Nel bando del Festival della Scienza di Genova del 2019, si definisce cosa sia e non sia la scienza: “Il paradigma riduzionista, proprio del metodo scientifico galileiano, esprime l’idea che gli oggetti via via più complessi obbediscano a leggi fondamentali che governano gli elementi che li compongono. Di contro, molte tesi anti-scientifiche hanno spesso un fondamento anti-riduzionista basato su idee olistiche obsolete, che la scienza moderna ha dimostrato essere sbagliate. E, tuttavia, è proprio la consapevolezza dell’enorme distanza tra il sapere attuale e la conoscenza necessaria per comprendere i sistemi complessi che popolano il nostro universo e il nostro mondo quotidiano a spingere ogni giorno gli scienziati a cercare leggi elementari, in grado di formalizzare e decifrare la natura”.

Darwin, tra i tanti, affronta l’interpretazione di realtà complesse con approcci olistici, perché il tutto è più della somma delle parti, e non usa la matematica per farlo. Se sento qualcuno che nega il valore del modo di fare scienza di Charles Darwin, non sono contento: non nego il valore di approcci scientifici basati sul riduzionismo, ma trovo antiscientifico che chi li persegue neghi il valore di altri modi di fare scienza.

Ho provato inutilmente a inviare un contributo al Festival, mi sarebbe piaciuto un confronto, ma la sfida non è stata accettata. Il mio argomento è che la realtà è una, col riduzionismo la scomponiamo in realtà più semplici, con indubbi successi, anche tecnologici. Ma la sintesi ha altrettanto valore: mettere assieme le parti per capire il “tutto”, e l’approccio olistico non può essere confuso con le scie chimiche e l’omeopatia.

Qualcuno mi ha sfidato a presentare progetti, per vedere se riesco a farmeli finanziare. Ho vinto un bando europeo che chiedeva un approccio olistico per disegnare reti di aree marine protette e impianti eolici offshore. Vi hanno collaborato trecento ricercatori di 22 stati di tre continenti. L’Unione europea si affanna da decenni a chiedere approcci olistici, di sintesi. Ma il mondo scientifico si ostina a perseguire approcci riduzionistici.

Il progetto che ho coordinato includeva un minestrone di fisici, chimici, geologi, modellisti matematici, ingegneri, biologi, ecologi, socio-economisti, evoluzionisti, architetti di banche di dati, e diverse branche di queste discipline. Ogni ricercatore era poco interessato al contributo delle altre scienze. La fatica più grande del coordinamento è stata proprio far parlare i vari scienziati tra loro. La scienza è un’orchestra che suona tantissimi strumenti e la sua musica si comprende appieno quando suonano tutti assieme. Se ascoltiamo uno strumento per volta non riusciamo ad apprezzare la musica della scienza.

Il mio amico Frank Zappa parlava della Grande Nota, ed era un maestro della continuità concettuale che unisce tutte le espressioni culturali. Ma se è naturale ascoltare tutti gli strumenti contemporaneamente (la musica non si apprezza ascoltando solo uno strumento alla volta), è difficilissimo “ascoltare” tutte le scienze assieme. La sfida è questa, ma chi non la vuole raccogliere si ostina a restare nel limitato recinto del proprio sapere, negando il valore del sapere altrui, ritenendolo inferiore al proprio. Le mie critiche erano rivolte a questi ignoranti di altro che non sia la loro specifica competenza.

Il delirio di onnipotenza di alcuni scienziati à la Zichichi (tipo quelli che hanno scritto quel bando) nulla toglie alla loro scienza. Il fatto che si sentano in diritto di dire cosa sia scienza e cosa non lo sia mi stimola a contestare il valore universale della loro scienza, senza negarne il valore relativo. Quando poi entrano a gamba tesa in altre scienze, con la pretesa di poter spiegare tutto “in termini quantitativi”, provo solo pena per la pochezza intellettuale. Chi ha formulato il bando del Festival della Scienza ha per me dato prova di profonda ignoranza di cosa sia la scienza e manca di rispetto a ciò che ignora. Per pretendere rispetto bisogna avere rispetto.

E quindi: non parlo male di alcuna scienza, a differenza di altri. Sono conscio dei limiti della mia conoscenza, ma non tollero la spocchia degli ignoranti che si sentono “superiori”.

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