Nello stesso periodo i decessi ufficiali per Covid sono stati 57.647, ma quel dato "risente di problemi metodologici", si legge nel rapporto dell'istituto. L’eccesso di mortalità, che tiene conto "anche di quelli che possono essere sottostimati o indirettamente collegati, come le morti causate da un trattamento ritardato o mancato a causa di un sistema sanitario sovraccarico", è più attendibile per valutare l'impatto della pandemia. Emergono anche le differenze tra le due ondate: la seconda ha colpito di meno gli anziani
Tra il febbraio di quest’anno, quando in Italia è stato segnalato ufficialmente il primo caso di Covid, e la fine di novembre, nel nostro Paese si sono contati 84mila morti in più rispetto alla media dei cinque anni precedenti. Il dato su quello che si definisce “eccesso di mortalità“, molto atteso per comprendere meglio l’impatto della pandemia, è stato diffuso dall’Istat nel suo ultimo rapporto scritto a quattro mani con l’Istituto superiore di sanità che raccoglie i dati sui contagi e i decessi causati dal virus. Che nello stesso periodo sono stati 57.647. L’istituto di statistica ricorda però che la misura dei morti Covid “ufficiali” “risente di problemi metodologici collegati al consolidamento delle basi dati e della difficoltà nell’identificare i decessi causati da Covid-19 quando questi avvengono in pazienti con numerose patologie concomitanti”. Per questo l’eccesso di mortalità, che tiene conto “anche di quelli che possono essere sottostimati o indirettamente collegati, come le morti causate da un trattamento ritardato o mancato a causa di un sistema sanitario sovraccarico“, è più attendibile.
Il rapporto getta luce anche sulle differenze tra le due ondate. Se si guarda al totale dei decessi, che tra gennaio e novembre sono stati in tutto 664mila, quelli per Covid registrati tra fine febbraio e novembre rappresentano il 9,5% del totale. Ma durante la prima ondata (febbraio-maggio) “questa quota è stata del 13%, mentre nella seconda ondata il contributo complessivo dei decessi Covid-19 è passato al 16% a livello nazionale“. Se si considerano i contributi per fasce di età la mortalità per Covid-19 ha “contribuito al 4% della mortalità generale nella classe 0-49 anni, all’8% nella classe 50-64 anni, all’11% nella classe 65-79 anni e all’8% negli over 80“. Il 60% dei decessi complessivi causati dal Covid-19 riguardano persone over 80.
Tra marzo e maggio 50mila morti in più rispetto alla media – L’impatto del virus sulla mortalità, guardando i dati ex post, è evidentissimo: “Dalla fine del mese di febbraio si è osservata una netta inversione di tendenza rispetto alla favorevole evoluzione della mortalità che aveva caratterizzato la stagione invernale 2019-2020”. Nei mesi di marzo e aprile, infatti, “si è osservato un importante incremento dei decessi per il complesso delle cause rispetto al livello atteso sulla base della media del periodo 2015-2019”. Nel complesso durante la prima fase dell’epidemia si sono contati “oltre 211mila decessi (da marzo a maggio del 2020), 50mila in più rispetto alla media dello stesso periodo del 2015-2019, di cui oltre 45 mila relativi a residenti nel Nord del Paese”. L’incremento nelle regioni del Nord ha fatto registrare “quasi un raddoppio dei decessi nel mese di marzo (+94,5% rispetto alla media dello stesso mese del periodo 2015-2019) e un incremento del +75% ad aprile”. L’eccesso di circa 50mila decessi è dovuto per il 72% all’incremento delle morti della popolazione con 80 anni e più. L’incremento della mortalità nella classe di età 65-79 anni spiega un altro 23% dell’eccesso.
A ottobre e novembre 31.700 morti in eccesso – Nel periodo giugno-settembre, con l’indebolimento dei contagi, si è osservata al contrario una riduzione della mortalità totale che ha portato il numero dei decessi in linea con i valori del periodo 2015-2019. Viceversa, a partire dalla metà di ottobre “diventano via via più evidenti gli effetti della seconda ondata”: in termini assoluti si stima per i mesi di ottobre e novembre un aumento di decessi per il complesso delle cause di oltre 31mila e settecento unità”. E la seconda ondata si caratterizza “a ottobre per un eccesso di decessi totali del 13% sia al Nord che al Centro-sud riscontrato, mentre nel mese di novembre si distingue nuovamente l’eccesso di mortalità del Nord (+61,4%), rispetto al Centro (+39,3) e al Sud (+34,7%)”.
Seconda ondata più letale della prima in alcune Regioni del Nord – In molte regioni del Nord, l’eccesso di mortalità totale del mese di novembre supera quello del picco di marzo-aprile. In particolare, in Valle d’Aosta (+139,0% rispetto al +71% di aprile), in Piemonte (+98% a novembre rispetto al +77% di aprile), Veneto (+42,8% rispetto al +30,8% di aprile), e Friuli-Venezia Giulia (+46,9% vs +21,1%). L’incremento dei decessi registrato a novembre è più basso di quello osservato in corrispondenza della prima ondata dell’epidemia solo in Lombardia (+66% a novembre rispetto al +192% di marzo e il +118% di aprile) e in Emilia-Romagna (+34,5% rispetto al +69% di marzo).
Anziani più colpiti a marzo-aprile – Un’altra differenza tra le due ondate riguarda l’impatto sulle persone molto anziane. Nella seconda “diminuisce la classe di età mediana dei casi: 45-49 anni rispetto a 60-64 anni della prima ondata. Cala, in percentuale, il dato dei contagi registrato nella popolazione molto anziana (80 anni e più) che passa da 26% nella prima ondata a 8% nella seconda”. Questa diminuzione, continua il report, “è verosimilmente in gran parte dovuta all’aumentata capacità diagnostica tra le classi di età più giovani e nelle persone con sintomi meno severi”.