Lunedì prossimo, 4 gennaio 2021, gli azionisti di Fca e Psa voteranno per il si alla fusione tra i due gruppi, da cui nascerà Stellantis. Ovvero il quarto colosso mondiale dell’auto, stando ai numeri del 2019, il sesto, se si considerano quelli del 2020. Con sinergie (prodotti, piattaforme, tecnologie e acquisti) che consentiranno risparmi per oltre 5 miliardi di euro all’anno, l’80% dei quali a partire dal 2024.
Cominceranno i francesi, alle 10 del mattino, mentre Fca si riunirà più tardi, alle 14.30. Secondo le regole di Psa, sarà necessaria la maggioranza dei due terzi, mentre nel caso di Fca basterà quella assoluta. Entrambi gli incontri saranno ovviamente virtuali, vista l’emergenza sanitaria, ma non per questo di portata inferiore. Perché andranno ad unire le loro forze due esponenti storici dell’auto europea, dopo tre anni di trattative più o meno segrete, sforzi di avvicinamento l’uno all’altro, via libera dell’Antitrust europea e correzioni dell’ultim’ora (causa pandemia) per raggiungere il miglior accordo possibile.
Dopo la fusione vera e propria, che a questo punto potrebbe arrivare ben prima di quanto indicato (ovvero i primi tre mesi del 2021), Exor diventerà il maggior azionista di Stellantis, la cui sede sociale sarà in Olanda, con il 14,4% delle quote totali. Subito dopo la famiglia Peugeot con il 7,2%, e a seguire Bpifrance (6,2%) e Dongfeng (5,6%).
Sulla carta, sono diverse le sfide che attendono il nuovo sodalizio. Dalla condivisione delle piattaforme alla sopravvivenza (DS, Lancia) di alcuni marchi e il rilancio di altri (Alfa Romeo, Maserati), fino alla sovraccapacità produttiva (e relativa questione occupazionale) di alcuni impianti europei di Fca, come pure all’eccessiva dipendenza di Psa dal vecchio continente. Senza dimenticare le performance commerciali non eccelse di entrambe le aziende sul mercato più importante al mondo: quello cinese.