“Le polemiche non ci interessano. Per noi al centro c’è il paziente, l’attenzione e la cura che mettiamo nel nostro lavoro”. Lorenzo Siracusano è il responsabile della logistica di Emergency che ha consentito ai medici di Gino Strada di arrivare a Crotone a inizio dicembre per dare una mano al personale sanitario dell’ospedale San Giovanni di Dio ad affrontare l’emergenza Covid.
Gli attacchi arrivati dal presidente della Regione ad interim Nino Spirlì (“Non ci serve Gino Strada, non abbiamo bisogno di medici missionari africani”), non sono all’ordine del giorno tra le tende allestite all’esterno del nosocomio che, in queste settimane, è diventato il simbolo non solo di come le cose non vanno nella sanità calabrese ma anche di come basterebbe poco per farle funzionare.
Un commissariamento che dura da più di 10 anni nel corso dei quali sono stati finanziati e mai realizzati 4 ospedali mentre ne sono stati chiusi 18 creando disagi ai cittadini. Ma anche due Aziende sanitarie sciolte per le infiltrazioni della ‘ndrangheta e interi reparti soppressi per mancanza di personale a causa del blocco del turnover imposto da un piano di rientro “lacrime e sangue” che, in soldoni, vuol dire zero assunzioni per sostituire medici e infermieri andati in pensione.
“Il collasso è il frutto di interessi che si appropriano di risorse importanti destinate alla sanità calabrese”. Il consigliere regionale del Partito democratico Carlo Guccione ne è convinto: “Parliamo di 3,5 miliardi all’anno per pagare interessi di mora, doppie e triple fatture, e beni e servizi che vengono prorogati addirittura da 12-13 anni. Il tutto senza procedure di gara”. Ecco perché, secondo l’esponente del Pd, “la presenza di Emergency in Calabria ci ha aiutato a uscire fuori da una situazione di grave difficoltà dovuta alla mancata predisposizione e operatività del piano di contrasto al Covid che doveva essere messo in campo dall’ufficio del commissario. Anche se Emergency è solo a Crotone, e non in tutta la Calabria, è comunque un segnale importante. A Cosenza sarebbe stata la stessa cosa perché i medici di Strada sono andati in aiuto all’ospedale pubblico. Il problema è che l’istituto del commissario ha fallito. In Calabria si sono succeduti generali della guardia di finanza e dei carabinieri ma il deficit è cresciuto e i livelli essenziali di assistenza sono tra i più bassi d’Italia pur avendo, in 11 anni, gestito oltre 38 miliardi di euro. Questa è la verità”. “La sanità delle regioni in Italia ha fallito. – conclude Guccione – Il Covid ci ha insegnato che la sanità deve ritornare in capo allo Stato. E questo non riguarda solo la Calabria. Non possiamo avere 20 sanità diverse”.
Chi conosce bene il marcio della sanità calabrese è Santo Gioffré, medico e scrittore che nel 2015 fu nominato commissario dell’Azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria. Lì si era si era accorto che le casse dell’Azienda erano un pozzo dove mangiavano tutti, un luogo dove le ruberie erano all’ordine del giorno. Senza soldi, ospedali e aziende sanitarie non possono funzionare. È come curare un paziente senza conoscere la sua patologia. Allo stesso modo, per comprendere le ragioni del collasso delle strutture sanitarie non si può non partire dai numeri che la Corte dei Conti nelle settimane scorse ha spiegato essere impietosi.
“L’Asp di Reggio Calabria era stata sbrindellata dai cani”, scrive Santo Gioffré nel suo ultimo libro, “Ho visto”, pubblicato poche settimane fa da Castelvecchi. È la storia della “grande truffa nella sanità calabrese”. Gioffré aveva scoperto quella che definisce la “contabilità orale” in un’Asp che, dal 2013, non ha più approvato i bilanci perché nessuno, commissari prefettizi compresi, sono stati in grado di ricostruire a quanto ammonta il debito. Un giorno addirittura l’ex commissario si è rivolto ai pm dopo aver bloccato un pagamento di 6 milioni di euro alla clinica “Villa Aurora” che lo aveva già incassato sette anni prima.
Così funzionavano le cose all’Asp di Reggio dove gli appalti venivano prorogati senza alcun bando pubblico e le fatture dei fornitori venivano pagate due e tre volte con buona pace di chi, negli anni, doveva controllare che i soldi pubblici venissero spesi per garantire, anche in Calabria, una sanità degna di un Paese civile. “Dentro l’Asp era attiva un’organizzazione criminale, composta da potenti colletti bianchi, massoni, dipendenti infedeli, grandi proprietari di strutture sanitarie che fornivano servizi all’Asp, multinazionali del farmaco, studi professionali e tant’altri”. La rivoluzione che aveva in mente, Gioffré non l’ha potuta realizzare. Il motivo? Nel 2013 si era candidato, senza essere eletto, a sindaco di Seminara, un paesino di 1500 abitanti in provincia di Reggio, e dunque compreso nel territorio dell’Asp che due anni dopo sarebbe andato a dirigere come commissario. Secondo la legge, però, di anni ne sarebbero dovuti passare cinque per far cadere il divieto per un ex candidato di dirigere un’azienda sanitaria. Quattro parlamentari del Movimento Cinque Stelle segnalarono la cosa all’Autorità anticorruzione di Raffaele Cantone il quale decise che Gioffré non poteva essere commissario di quell’Azienda sanitaria: Alla quale, però, aveva fatto risparmiare milioni di euro togliendo il velo a quello che, nel suo libro, definisce il “sistema di ruberie che per anni, nella totale disattenzione di tutte le autorità, periferiche e centrali dello Stato, una banda di lestofanti e colletti bianchi, godendo di una impunità e complicità totale, avevano devastato i conti dell’Asp, impedendo, per sempre, alla Calabria di uscire dai rigori del piano di rientro, piano che aveva solo fatto macelleria sociale”.
Andato via Gioffré, nel 2019 l’Asp di Reggio è stata sciolta per infiltrazioni mafiose. Contattato telefonicamente, lo scrittore ed ex commissario spiega il suo punto di vista: “Chi ha creato questa situazione lo ha fatto con il preciso obiettivo di non permettere che si potessero, a un certo punto, riequilibrare i conti. Che poi ci sia la ‘ndrangheta dietro è molto probabile. Ma quello che appare sono i potenti colletti bianchi, i massoni, le frange di un’economia deviata che, sapendo di queste debolezze, si inserivano sempre di più in questo sistema. Come hanno fatto pure le grandi multinazionali. Sostanzialmente la Calabria, nella storia, è stata vista come una terra da usare. Questa è la Calabria della sanità. Qui c’è una concentrazione di poteri molto forti. Poteri di banche e di persone che ne hanno approfittato. C’è stato anche chi doveva controllare e non lo ha mai fatto. Questo è il problema”.
“Persino i partiti politici – aggiunge – negli anni si sono interessati distrattamente della sanità calabrese perché in fondo a loro non interessava. A loro stava benissimo. Quando al sistema sanitario lombardo, veneto o emiliano arrivavano 100 milioni l’anno per i calabresi che si curavano in quelle regioni, a loro andava bene perché si costruivano i grandi imperi economici. Tutto questo sistema alla fine l’ha pagato la povera gente. La gente non è stata più abituata a pensare che la sanità possa essere un diritto costituzionale. Questo equilibrio è saltato adesso con il virus perché la gente non ha avuto il tempo di andarsene. Il piano di rientro in fondo è stato al servizio di tutti gli interessi loschi che ci sono in Italia: da una parte la ‘ndrangheta e dall’altra parte l’economia deviata che ha usato la Calabria per accaparramento di ingenti quantità di soldi illeciti. So che è una cosa forte quella che dico. Ma è così, altrimenti non si capisce come sia stato possibile che tutti governi non si sono mai chiesti il perché, in Calabria, non si raggiungono i livelli essenziali di assistenza e il debito continua ad aumentare. Se questo dato non mette in allarme il Mef o il ministero della Salute, e tutto scivola come olio su una pietra, significa che c’è qualcosa di più profondo, qualcosa che va a toccare i veri interessi”.
“Quello che è successo in Calabria è tutto da scrivere. – conclude sconsolato l’ex commissario – Io ho tentato un intervento di ricostruzione del bilancio, nei cinque mesi della mia gestione. Lo sapevano tutti, forse per questo mi fermarono con un artificio tecnico legale. La sanità è stata una mangiatoia dove gli interessi spesso si incrociavano. E potevano essere anche interessi di Stato. Parliamo di Stato deviato. Io ho il sospetto che con la sanità calabrese si sono creati dei fondi neri per fare operazioni di vario tipo”.
Un j’accuse durissimo quello di Gioffré che fa il paio con un episodio denunciato nel suo libro. Si tratta di un incontro avvenuto a Roma il 4 settembre, lo stesso giorno in cui l’Anac sentenziò la cacciata del commissario dell’Asp di Reggio. “Saluti, signor Gioffré come state”. Un signore, ben vestito, lo avvicinò mentre era seduto a un tavolino di un bar assieme a un amico. Con la cadenza calabrese, quel signore che non si presentò gli disse: “Leggo, in questi giorni, un continuo vostro lamento per il fatto che vi hanno cacciato dall’Asp di Reggio Calabria… di una vostra voglia di lottare e denunciare che siete stato sollevato proprio mentre stavate per scoprire tante malefatte nell’Asp… Lasciate stare… godetevi la vita. È andata così e, invece di rovinarvi il fegato, baciate ogni giorno la terra che vi sorregge senza scomodare i santi, visto che voi siete un non credente. Il vostro destino, dopo le cose che avevate scoperto a Reggio, non era quello di starvene qui ora e neanche altrove”.
Cronaca
Calabria, così la sanità è finita al collasso: “Fatture pagate 2 volte, ospedali finanziati e mai realizzati e le infiltrazioni dei clan”
"La presenza di Emergency in Calabria ci ha aiutato a uscire fuori da una situazione di grave difficoltà", dice il consigliere del Pd Carlo Guccione. In 10 anni di commissariamento, infatti, sono stati finanziati e mai realizzati 4 ospedali mentre ne sono stati chiusi 18. L'ex commissario di Reggio: "Dentro all’Asp era attiva un’organizzazione criminale, composta da potenti colletti bianchi, massoni, dipendenti infedeli, grandi proprietari di strutture sanitarie che fornivano servizi all’Asp, multinazionali del farmaco"
“Le polemiche non ci interessano. Per noi al centro c’è il paziente, l’attenzione e la cura che mettiamo nel nostro lavoro”. Lorenzo Siracusano è il responsabile della logistica di Emergency che ha consentito ai medici di Gino Strada di arrivare a Crotone a inizio dicembre per dare una mano al personale sanitario dell’ospedale San Giovanni di Dio ad affrontare l’emergenza Covid.
Gli attacchi arrivati dal presidente della Regione ad interim Nino Spirlì (“Non ci serve Gino Strada, non abbiamo bisogno di medici missionari africani”), non sono all’ordine del giorno tra le tende allestite all’esterno del nosocomio che, in queste settimane, è diventato il simbolo non solo di come le cose non vanno nella sanità calabrese ma anche di come basterebbe poco per farle funzionare.
Un commissariamento che dura da più di 10 anni nel corso dei quali sono stati finanziati e mai realizzati 4 ospedali mentre ne sono stati chiusi 18 creando disagi ai cittadini. Ma anche due Aziende sanitarie sciolte per le infiltrazioni della ‘ndrangheta e interi reparti soppressi per mancanza di personale a causa del blocco del turnover imposto da un piano di rientro “lacrime e sangue” che, in soldoni, vuol dire zero assunzioni per sostituire medici e infermieri andati in pensione.
“Il collasso è il frutto di interessi che si appropriano di risorse importanti destinate alla sanità calabrese”. Il consigliere regionale del Partito democratico Carlo Guccione ne è convinto: “Parliamo di 3,5 miliardi all’anno per pagare interessi di mora, doppie e triple fatture, e beni e servizi che vengono prorogati addirittura da 12-13 anni. Il tutto senza procedure di gara”. Ecco perché, secondo l’esponente del Pd, “la presenza di Emergency in Calabria ci ha aiutato a uscire fuori da una situazione di grave difficoltà dovuta alla mancata predisposizione e operatività del piano di contrasto al Covid che doveva essere messo in campo dall’ufficio del commissario. Anche se Emergency è solo a Crotone, e non in tutta la Calabria, è comunque un segnale importante. A Cosenza sarebbe stata la stessa cosa perché i medici di Strada sono andati in aiuto all’ospedale pubblico. Il problema è che l’istituto del commissario ha fallito. In Calabria si sono succeduti generali della guardia di finanza e dei carabinieri ma il deficit è cresciuto e i livelli essenziali di assistenza sono tra i più bassi d’Italia pur avendo, in 11 anni, gestito oltre 38 miliardi di euro. Questa è la verità”. “La sanità delle regioni in Italia ha fallito. – conclude Guccione – Il Covid ci ha insegnato che la sanità deve ritornare in capo allo Stato. E questo non riguarda solo la Calabria. Non possiamo avere 20 sanità diverse”.
Chi conosce bene il marcio della sanità calabrese è Santo Gioffré, medico e scrittore che nel 2015 fu nominato commissario dell’Azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria. Lì si era si era accorto che le casse dell’Azienda erano un pozzo dove mangiavano tutti, un luogo dove le ruberie erano all’ordine del giorno. Senza soldi, ospedali e aziende sanitarie non possono funzionare. È come curare un paziente senza conoscere la sua patologia. Allo stesso modo, per comprendere le ragioni del collasso delle strutture sanitarie non si può non partire dai numeri che la Corte dei Conti nelle settimane scorse ha spiegato essere impietosi.
“L’Asp di Reggio Calabria era stata sbrindellata dai cani”, scrive Santo Gioffré nel suo ultimo libro, “Ho visto”, pubblicato poche settimane fa da Castelvecchi. È la storia della “grande truffa nella sanità calabrese”. Gioffré aveva scoperto quella che definisce la “contabilità orale” in un’Asp che, dal 2013, non ha più approvato i bilanci perché nessuno, commissari prefettizi compresi, sono stati in grado di ricostruire a quanto ammonta il debito. Un giorno addirittura l’ex commissario si è rivolto ai pm dopo aver bloccato un pagamento di 6 milioni di euro alla clinica “Villa Aurora” che lo aveva già incassato sette anni prima.
Così funzionavano le cose all’Asp di Reggio dove gli appalti venivano prorogati senza alcun bando pubblico e le fatture dei fornitori venivano pagate due e tre volte con buona pace di chi, negli anni, doveva controllare che i soldi pubblici venissero spesi per garantire, anche in Calabria, una sanità degna di un Paese civile. “Dentro l’Asp era attiva un’organizzazione criminale, composta da potenti colletti bianchi, massoni, dipendenti infedeli, grandi proprietari di strutture sanitarie che fornivano servizi all’Asp, multinazionali del farmaco, studi professionali e tant’altri”. La rivoluzione che aveva in mente, Gioffré non l’ha potuta realizzare. Il motivo? Nel 2013 si era candidato, senza essere eletto, a sindaco di Seminara, un paesino di 1500 abitanti in provincia di Reggio, e dunque compreso nel territorio dell’Asp che due anni dopo sarebbe andato a dirigere come commissario. Secondo la legge, però, di anni ne sarebbero dovuti passare cinque per far cadere il divieto per un ex candidato di dirigere un’azienda sanitaria. Quattro parlamentari del Movimento Cinque Stelle segnalarono la cosa all’Autorità anticorruzione di Raffaele Cantone il quale decise che Gioffré non poteva essere commissario di quell’Azienda sanitaria: Alla quale, però, aveva fatto risparmiare milioni di euro togliendo il velo a quello che, nel suo libro, definisce il “sistema di ruberie che per anni, nella totale disattenzione di tutte le autorità, periferiche e centrali dello Stato, una banda di lestofanti e colletti bianchi, godendo di una impunità e complicità totale, avevano devastato i conti dell’Asp, impedendo, per sempre, alla Calabria di uscire dai rigori del piano di rientro, piano che aveva solo fatto macelleria sociale”.
Andato via Gioffré, nel 2019 l’Asp di Reggio è stata sciolta per infiltrazioni mafiose. Contattato telefonicamente, lo scrittore ed ex commissario spiega il suo punto di vista: “Chi ha creato questa situazione lo ha fatto con il preciso obiettivo di non permettere che si potessero, a un certo punto, riequilibrare i conti. Che poi ci sia la ‘ndrangheta dietro è molto probabile. Ma quello che appare sono i potenti colletti bianchi, i massoni, le frange di un’economia deviata che, sapendo di queste debolezze, si inserivano sempre di più in questo sistema. Come hanno fatto pure le grandi multinazionali. Sostanzialmente la Calabria, nella storia, è stata vista come una terra da usare. Questa è la Calabria della sanità. Qui c’è una concentrazione di poteri molto forti. Poteri di banche e di persone che ne hanno approfittato. C’è stato anche chi doveva controllare e non lo ha mai fatto. Questo è il problema”.
“Persino i partiti politici – aggiunge – negli anni si sono interessati distrattamente della sanità calabrese perché in fondo a loro non interessava. A loro stava benissimo. Quando al sistema sanitario lombardo, veneto o emiliano arrivavano 100 milioni l’anno per i calabresi che si curavano in quelle regioni, a loro andava bene perché si costruivano i grandi imperi economici. Tutto questo sistema alla fine l’ha pagato la povera gente. La gente non è stata più abituata a pensare che la sanità possa essere un diritto costituzionale. Questo equilibrio è saltato adesso con il virus perché la gente non ha avuto il tempo di andarsene. Il piano di rientro in fondo è stato al servizio di tutti gli interessi loschi che ci sono in Italia: da una parte la ‘ndrangheta e dall’altra parte l’economia deviata che ha usato la Calabria per accaparramento di ingenti quantità di soldi illeciti. So che è una cosa forte quella che dico. Ma è così, altrimenti non si capisce come sia stato possibile che tutti governi non si sono mai chiesti il perché, in Calabria, non si raggiungono i livelli essenziali di assistenza e il debito continua ad aumentare. Se questo dato non mette in allarme il Mef o il ministero della Salute, e tutto scivola come olio su una pietra, significa che c’è qualcosa di più profondo, qualcosa che va a toccare i veri interessi”.
“Quello che è successo in Calabria è tutto da scrivere. – conclude sconsolato l’ex commissario – Io ho tentato un intervento di ricostruzione del bilancio, nei cinque mesi della mia gestione. Lo sapevano tutti, forse per questo mi fermarono con un artificio tecnico legale. La sanità è stata una mangiatoia dove gli interessi spesso si incrociavano. E potevano essere anche interessi di Stato. Parliamo di Stato deviato. Io ho il sospetto che con la sanità calabrese si sono creati dei fondi neri per fare operazioni di vario tipo”.
Un j’accuse durissimo quello di Gioffré che fa il paio con un episodio denunciato nel suo libro. Si tratta di un incontro avvenuto a Roma il 4 settembre, lo stesso giorno in cui l’Anac sentenziò la cacciata del commissario dell’Asp di Reggio. “Saluti, signor Gioffré come state”. Un signore, ben vestito, lo avvicinò mentre era seduto a un tavolino di un bar assieme a un amico. Con la cadenza calabrese, quel signore che non si presentò gli disse: “Leggo, in questi giorni, un continuo vostro lamento per il fatto che vi hanno cacciato dall’Asp di Reggio Calabria… di una vostra voglia di lottare e denunciare che siete stato sollevato proprio mentre stavate per scoprire tante malefatte nell’Asp… Lasciate stare… godetevi la vita. È andata così e, invece di rovinarvi il fegato, baciate ogni giorno la terra che vi sorregge senza scomodare i santi, visto che voi siete un non credente. Il vostro destino, dopo le cose che avevate scoperto a Reggio, non era quello di starvene qui ora e neanche altrove”.
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Milano, 12 feb. (Adnkronos) - Il conto in Olanda dove sono stati sequestrati i soldi versati da Massimo Moratti, nell'ambito di una truffa in cui è stato usato il nome del ministro della Difesa Massimo Crosetto, risulta intestato a più persone straniere su cui ora sono in corso gli accertamenti per verificarne l'esistenza e anche per capire eventuali collegamenti con altri soggetti. E' quanto si apprende da fonti investigative.
In particolare, da quanto emerge, sul conto olandese risultano versati i 980mila euro della truffa al presidente di Saras, soldi che il gruppo avrebbe tentato di spostare altrove, ma la tempistica non ha giocato a loro favore e il 'congelamento' del denaro è arrivato prima.
In attesa degli esiti delle rogatorie, si attendono già domani, in procura a Milano si continua a lavorare anche sui numeri telefonici usati per mettere a segno i plurimi tentativi di truffa - ora usando il nome del ministro o del suo staff - nei confronti del gotha dell'imprenditoria e della finanza.
Roma, 12 feb. (Adnkronos) - Sicurezza negli stadi, contrasto alla criminalità e prevenzione dei comportamenti illeciti. Sono le tematiche al centro del tavolo presieduto dai ministri dell’Interno e per lo Sport e i giovani, Matteo Piantedosi e Andrea Abodi che hanno incontrato i presidenti di Figc Gabriele Gravina, Lega serie A, Ezio Simonelli, Lega nazionale professionisti serie B, Paolo Bedin, Lega italiana calcio professionistico, Matteo Marani, Lega nazionale dilettanti, Giancarlo Abete. Presenti anche il sottosegretario all’Interno Nicola Molteni, il capo della Polizia, Vittorio Pisani e il presidente dell’Osservatorio sulle manifestazioni sportive, Mario Improta.
La riunione è stata l’occasione per proseguire il confronto già avviato su proposte e iniziative da mettere in campo congiuntamente. L’obiettivo rimane quello di tutelare le tifoserie sane e di individuare in maniera chirurgica coloro che vanno allo stadio per attuare comportamenti criminali e violenti, assicurando un ambiente più sicuro e vivibile per tutti gli appassionati. Il tavolo ha anche discusso di azioni concrete per contrastare le scommesse illegali e per arginare il fenomeno della pirateria audiovisiva, sanzionando i fruitori dei contenuti illegali. Prossimo incontro tra un mese. Così una nota congiunta dei ministri dell'Interno e per lo Sport e i giovani.
Londra, 12 feb. (Adnkronos) - Non sarà consentito l'alcol ai Mondiali del 2034 in Arabia Saudita. Lo ha dichiarato l'ambasciatore saudita nel Regno Unito, il principe Khalid bin Bandar Al Saud. I tifosi che assisteranno al torneo non potranno trovare bevande alcoliche negli hotel, nei ristoranti o negli stadi. L'Arabia Saudita è un paese differente dal Qatar, dove l'alcol era disponibile in alcuni posti durante i Mondiali del 2022, e non ci saranno eccezioni per questo torneo. "Al momento, non consentiamo l'alcol", ha detto Al Saud a LBC.
"Ci si può divertire molto senza alcol, non è necessario al 100% e se vuoi bere dopo essere andato via, sei il benvenuto, ma al momento non abbiamo alcol. Un po' come il nostro clima, è un paese secco". L'Arabia Saudita è stata confermata come paese ospitante della Coppa del Mondo a dicembre, nonostante le preoccupazioni sui diritti umani. Alla domanda se i tifosi gay di calcio sarebbero stati al sicuro nel paese, Al Saud ha aggiunto: "Daremo il benvenuto a tutti in Arabia Saudita. Non è un evento saudita, è un evento mondiale. E in larga misura, daremo il benvenuto a chiunque voglia venire".
Roma, 12 feb. (Adnkronos) - Le attiviste del Referendum Cittadinanza hanno lanciato un appello via social alle artiste e agli artisti che in questi giorni si esibiranno sul palco del Festival di Sanremo: dire Sì all’Italia che riconosce tutte le sue figlie e tutti i suoi figli direttamente dall’Ariston. La cantante Giorgia e Brunori Sas sono stati i primi a rispondere all'appello e, insieme alle attiviste di ActionAid Utibe Joseph e Kejsi Hodo, hanno cantato il celebre brano di Toto Cutugno L'Italiano.
Gli artisti, poi, hanno ricevuto in dono un ciuccio con un nastrino tricolore da portare con sé sul palco, come simbolo di tutti quei figli e figlie d'Italia che non hanno ancora il riconoscimento della cittadinanza. Il referendum cittadinanza ha ricevuto l'ok dalla Corte Costituzionale lo scorso 20 gennaio insieme agli altri 4 quesiti sul lavoro promossi dalla Cgil. Andrà al voto in primavera.
Dopo la bocciatura del quesito sull'Autonomia la sfida del quorum si fa più ardua, ed è per questo che i promotori partono proprio dal più popolare spettacolo televisivo italiano per richiamare l'attenzione del Paese sull'appuntamento referendario. Il referendum cittadinanza è stato promosso da +Europa, Possibile, Dalla Parte Giusta della Storia, ActionAid, Libera, Arci, Italiani senza Cittadinanza, Conngi, insieme a una grande rete di oltre 70 organizzazioni.
Milano, 12 feb. (Adnkronos) - La competenza territoriale si radica a Milano, da qualunque lato si inquadri la questione. Lo sostiene la Cassazione nelle motivazioni sul caso Visibilia che vede indagata, tra gli altri, la ministra del Turismo Daniela Santanchè con l'ipotesi di truffa aggravata all'Inps in relazione alla cassa integrazione nel periodo Covid. Nel provvedimento, che segue la decisione dello scorso 29 gennaio, si rigetta la richiesta della difesa di considerare singole ipotesi di truffa (e non una truffa continuata) e di radicare la competenza a Roma.
Per il collegio della seconda sezione penale presieduta da Anna Petruzzellis - chiamato a rispondere alla questione sollevata dalla giudice delle indagini preliminari di Milano Tiziana Gueli - dato che la procura meneghina ha rilevato che l'ultima erogazione dei contributi è stata pagata a un dipendente in una banca nel Milanese, "deve essere affermata la competenza territoriale del Tribunale di Milano". Nell'indagine, coordinata dai pubblici ministeri Maria Giuseppina Gravina e Luigi Luzi, risultano coinvolti 13 dipendenti delle due società indagate, Visibilia Concessionaria srl e Visibilia Editore spa, che sarebbero stati messi in cassa integrazione a zero ore senza saperlo (e quindi continuando a lavorare) causando un 'danno' di oltre 126 mila euro versati dall'Inps.
"La soluzione - si legge nella decisione della Cassazione - non cambia nel caso in cui si voglia ancorare la competenza territoriale al momento della richiesta della cassa integrazione, posto che dalla documentazione prodotta in atti risulta che la richiesta è stata inviata alla sede Inps di Milano e che sempre la sede Inps di Milano ha autorizzato la cassa integrazione". Infine, a rafforzare la competenza territoriale il fatto che "avendo le società sede a Milano, il delitto di truffa si è comunque consumato a Milano, al momento della acquisizione dell’ingiusto profitto da parte delle società, che si realizza in concomitanza con la percezione dei contributo da parte dei lavoratori". L'udienza preliminare sul caso Visibilia riprenderà come da calendario il 26 marzo prossimo.
Roma, 12 feb. (Adnkronos) - L'aula della Camera ha approvato la proposta di legge recante 'modifiche alla disciplina della Fondazione Ordine costantiniano di San Giorgio di Parma'. I voti favorevoli sono stati 140, 84 quelli contrari e 3 gli astenuti.
Roma, 12 feb. (Adnkronos) - "Ho visto Sanremo ieri sera, erano anni che non lo vedevo, ma sono rimasto sveglio fino alle 2 per vedermelo tutto. Mi è piaciuto per la qualità espressa, è una vetrina italiana vera. Come ha detto Jovanotti è un po’ come Natale, capodanno, carnevale". Filippo Ricci, direttore creativo della Stefano Ricci Spa, ha commentato così con l'Adnkronos la prima serata del 75esimo Festival di Sanremo e gli outfit del conduttore Carlo Conti creati dalla maison.
Che emozione è stata vedere Carlo Conti con i vostri abiti in apertura del 75esimo Festival della Canzone italiana?
"Siamo abituati a palcoscenici internazionali, ma è la prima volta che saliamo con rispetto sul palco dell'Ariston, tra l'altro con il conduttore e direttore, e quindi è stata una bella emozione. Ero un po' in apprensione che questo outfit gli tornasse bene addosso in una serata movimentata. E' fatto tutto al 100% in Italia, su misura per Carlo, e c'è stato dietro un lavoro di ricerca, insieme a lui, dei tessuti e della costruzione dei modelli in questi mesi, quindi è stato parte proattiva della ricerca e dello sviluppo degli outfit per queste cinque serate", ha spiegato Filippo Ricci.
Che idea avete avuto nello sviluppo degli outfit? Ne utilizzerà uno a serata?
"L'idea che abbiamo avuto, sin dall'inizio, è stata quella di fare un percorso di sartorialità. Noterete che sono tutti outfit abbastanza rigorosi, anche se la qualità dei tessuti conferisce un senso di morbidezza. L'idea era di dare un concetto di eleganza senza tempo perché Sanremo appartiene alla cultura del Paese. Poi ieri sera abbiamo giocato con il colore, il midnight blu, questo blu notte che è ben diverso dal classico nero, anche se ci saranno degli outfit scuri in seguito. Non conosco la sequenza, visto che la deciderà lui con il proprio staff ogni sera. Sono tutti pronti e a disposizione, con un nostro sarto dedicato dietro le quinte. Carlo ha più scelte, ma credo userà un outfit a serata perché da quello che ho visto ieri, nel movimento veloce tra uno spazio e l'altro credo che voglia mantenere un ritmo serrato per le tempistiche sceniche sue".
Quali emozioni ci sono state durante la prima serata del Festival?
"E' stato bello vedere Papa Francesco e ascoltare il suo messaggio, credo che sia la prima volta nella storia del Festival, quindi anche solo quella è stata un'immagine potente. Poi Jovanotti ha provocato una scarica d’energia positiva, da re dell'entertainment", ha spiegato il direttore creativo della Stefano Ricci Spa.
Carlo Conti era preoccupato di non riuscire a valorizzare la classe e la modernità degli smoking, ci è riuscito?
"Ci è riuscito assolutamente, ha un bel portamento, e gli ho detto 'sei proprio un bel modello'. E' un uomo che sa stare sul palcoscenico e vestire dei capi sartoriali. Quello di ieri non era un capo semplicissimo, è una giacca smoking in velluto blu, tra l'altro quello è un jersey di velluto, quindi più morbido, ma lo vestiva molto bene, con i tre pezzi, e sotto aveva un gilet in lana coordinato con il pantalone mohair. Abbiamo voluto fare proprio il tocco estremo di sartorialità con tutto il bordino in raso che è stato fatto su tutto il revere. L'idea era quella di rispettare un percorso abbastanza classico della sartorialità italiana e fiorentina, perché se si va a vedere la spalla, è una vecchia scuola fiorentina il modo di realizzarla in maniera morbida, quindi la giacca è molto leggera".
Queste sera la seconda serata con nuove sorprese?
"Gli abiti sono smoking oppure giacche da cocktail, quindi ci sarà un'alternanza dove Carlo ha possibilità di scelta anche tra cravatta o papillon. Ci hanno scritto in molti sui social, anche dall’estero a conferma di una vetrina internazionale come Sanremo, proprio per avere questa informazione, ed è molto divertente. La cosa interessante è che ci arrivano messaggi da tutto il mondo, perché è il Festival della canzone italiana, è italianissimo, ma lo guardano in America, lo guardano gli italo-americani, lo guardano in Sud America, lo guardano a Est, e comunque la visibilità internazionale è importante. Questo è un palcoscenico di italianità che richiama la musica italiana in generale ma non solo", ha spiegato Filippo Ricci la cui maison vende in tutto il mondo.
I nostri mercati principali?
"Noi produciamo tutto in Italia, ma in Italia vendiamo poco. Noi vendiamo a clienti in tutto il mondo, con le nostre 82 boutique e in Italia ne abbiamo due a Firenze dove è anche la sede dell'azienda, due a Milano, uno a Porto Cervo. Tra i mercati più importanti gli Stati Uniti, le capitali del continente europeo come Londra e Parigi, al Middle East, Dubai, fino alla Cina. A Carlo Conti abbiamo fornito tutto l'outfit, dalle scarpe, alle camicie, e abbiamo anche fatto diversi capi sportivi per le conferenze stampa e gli altri impegni del Festival. Dalle giacche in maglia sportive con le sneaker più casual e abbiamo lavorato insieme per fargli provare un po' di tessuti anche particolari"ha concluso Filippo Ricci. (di Emanuele Rizzi)