Da quando è iniziato il nuovo anno scolastico, nelle classi di tutta Italia sono stati accertati 3.173 focolai di coronavirus, pari al 2% del totale. Lo rileva l’Istituto superiore di sanità nel suo atteso rapporto sull’andamento epidemiologico del Covid-19 in età scolare (3-18 anni) nel periodo 31 agosto-27 dicembre. La maggior parte dei casi (40%) si è verificata negli adolescenti di età compresa tra 14 e 18 anni, seguiti dai bambini delle scuole primarie di 6-10 anni (27%), dai ragazzi delle scuole medie di 11-13 anni (23%) e dai bambini delle scuole per l’infanzia di 3-5 anni (10%). Molto bassi anche i numeri dei ricoveri degli studenti risultati positivi: il tasso di ospedalizzazione, scrive l’Iss, è stato dello 0,7%, mentre nel resto della popolazione si è attestato all’8,3%. È pari al 6,2%, invece, la percentuale dei bambini tra 0 e 3 anni contagiati tra i banchi e poi ricoverati a causa dei sintomi del Covid.
Il dossier dell’Iss arriva a pochi giorni dalla riapertura delle scuole e tenta di mettere un punto fermo nel dibattito tra governo, sindacati e Regioni sui rischi di diffusione del coronavirus nelle aule di tutta Italia. Se la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina è infatti decisa a far tornare gradualmente in classe gli studenti – anche quelli delle superiori – diversi virologi, presidi e sigle sindacali hanno lanciato un appello a Conte per posticipare tutto in attesa di valutare l’attuale andamento dei contagi. Tanto che alcune Regioni, tra cui Veneto e Friuli, hanno già deciso di scavalcare Palazzo Chigi spostando la ripresa delle lezioni in presenza per le superiori a fine mese. I numeri messi nero su bianco dall’Iss, però, confermano che la scuola non è una delle principali cause di contagio, anche se restano i dubbi su tutto ciò che avviene prima e dopo le lezioni, come il ritorno a casa degli studenti sui mezzi pubblici.
I picchi di incidenza più alti del coronavirus, si legge ancora nel rapporto, sono stati riscontrati in Valle d’Aosta (circa 200 ogni 100mila studenti) nella classe di età 14-18 anni e in Lombardia, Liguria, provincia di Bolzano (intorno a 100 su 100mila) nelle fasce di età 14-18 e 11-13. Nel mese di settembre, inoltre, l’età media dei casi in età scolare è stata di circa 12 anni, per poi aumentare leggermente nel mese di ottobre e tornare al valore precedente a novembre e dicembre. La distribuzione dei casi tra femmine e maschi è risultata totalmente bilanciata a livello nazionale, ma con lievi differenze a livello regionale. Da metà settembre (riapertura delle scuole 14-24 settembre), si è osservato un aumento progressivo dei casi giornalieri diagnosticati in bambini e adolescenti dai 3 ai 18 anni di età, che ha raggiunto la fase di picco dal 3 al 6 novembre (oltre 4mila casi). Successivamente la curva ha iniziato progressivamente a scendere, con un andamento simile a quello della popolazione generale e in concomitanza con le prime chiusure disposte dal governo.
Resta da capire qual è stata la reale efficacia della chiusura delle scuole per frenare la diffusione del Covid. La stretta è stata “adottata in tutto il mondo”, scrivono gli esperti dell’Iss. “Tuttavia, l’impatto della chiusura e della riapertura delle scuole sulle dinamiche epidemiche rimane ancora poco chiaro“. Alcuni studi, ipotizzano che, “specialmente i bambini al di sotto dei 10 anni, giochino un ruolo minore nella trasmissione dell’infezione”, continua il report. Per un ritorno in presenza, quindi, “è necessario bilanciare le esigenze della didattica con quelle della sicurezza. Le scuole devono far parte di un sistema efficace e tempestivo di test, tracciamento dei contatti, isolamento e supporto con misure di minimizzazione del rischio di trasmissione del virus, compresi i dispositivi di protezione individuale e un’adeguata ventilazione dei locali“. Senza entrare nel merito delle riaperture dal 7 gennaio, si evidenzia che “la decisione di riaprire le scuole comporta un difficile compromesso tra le conseguenze epidemiologiche e le esigenze educative e di sviluppo dei bambini”. In particolare, “anche le attività extra e peri-scolastiche per non costituire un innesco di catene di trasmissione devono contemplare il rispetto delle misure di prevenzione previste. È pertanto di fondamentale importanza l’uso appropriato degli strumenti diagnostici e di screening, nel contesto di una valutazione del rischio epidemiologico, e della corretta esecuzione delle procedure di isolamento e quarantena quando indicate”.