Dopo settimane, mesi, passati a discutere, rinviare, limare i dettagli, ecco il nuovo bando per i diritti tv della Serie A 2021-2024. Dentro, però, è ancora difficile trovare la risposta all’unica domanda che interessa davvero i tifosi: dove vedremo le partite dei prossimi campionati? Forse su Sky, perché è difficile che la pay-tv entrata in quasi tutte le case degli italiani scompaia da un momento all’altro. Ma probabilmente non solo, perché il mercato cambia, si espande su internet (o almeno così si augurano i presidenti): c’è Dazn, si spera in Amazon. E poi chissà in che modo, se come eravamo abituati fino a ieri o col famoso canale della Lega.
L’obiettivo dichiarato del bando è incassare 1,15 miliardi di euro a stagione. I presidenti non sono mai sazi, ma in tempi di Covid probabilmente si accontenterebbero di meno, di pareggiare o superare di poco l’ultima gara, chiusa a quota 973 milioni. Per riuscirci i dirigenti della Lega, il presidente Paolo Dal Pino e l’ad Luigi De Siervo, stanno facendo i salti mortali, con un bando flessibile, tante soluzioni possibili, nessuna semplice. La prima offerta è per piattaforma: tutti prendono tutto, ognuno sul suo mezzo di distribuzione. È stata tradizionale per oltre un decennio – Sky sul satellite, Mediaset sul digitale terrestre – ma è diventata obsoleta dopo la fine del duopolio. Avrebbe un senso solo immaginando Sky nel ruolo di asso pigliatutto. Ma oggi al fianco della tv c’è pure internet, difficile pensare che qualcuno arrivi a spendere 900 milioni (o giù di lì) per partite che non sarebbero in esclusiva, visibili altrove in streaming a prezzi più bassi.
C’è quindi il secondo schema, misto, a cui ci siamo abituati di recente: 7 partite da una parte, 3 dall’altra. Qui potrebbe inserirsi anche Amazon, o chi ha voglia di entrare nel calcio. Ha funzionato nell’ultimo triennio con la poco premiata coppia Sky-Dazn, il terribile doppio abbonamento che ha scontentato i tifosi. Potrebbe funzionare ancora, se non fosse che il Consiglio di Stato ha azzoppato in maniera irrimediabile Sky: a causa dell’eccessiva concentrazione, la pay-tv non potrà avere esclusive online fino al 2022. Significa che, se dovesse confermare il pacchetto delle sue 7 partite, queste dovrebbero comunque essere rivendute a qualcun altro per lo streaming. E così Sky non avrebbe più interesse a comprarle. Non a quelle cifre, almeno: 750 milioni l’anno, fondamentali per dare un senso al bando.
Il primo schema scommette sulla voglia di Sky di rimanere l’unico player del pallone. Il secondo sulla competizione con Dazn, che potrebbe provare a scalzare Sky e prendere lei i 7 match (competizione che però non c’è mai stata). Ecco che allora, oggi più che mai, crescono le possibilità del lancio del famoso canale della Lega. Tante indicazioni, dalla cifra altissima sparata nel bando, alle condizioni del mercato, vanno in quella direzione. Non mancano le incognite. La prima, i tempi: all’inizio del prossimo campionato mancano 8 mesi, e il bando appena pubblicato andrà per le lunghe. Si può ovviare inglobando in blocco redazioni e reti di vendita e raccolta pubblicitaria da chi lo faceva fino a ieri, ma il rischio di ritrovarsi fuori tempo massimo c’è comunque. Poi, anche qui, la Lega calcio vorrebbe trovare un partner che si faccia carico del rischio industriale e metta sul piatto 1,15 miliardi a stagione. Oggi in Italia, in Europa o nel mondo, con la crisi del Covid, dopo la disastrosa avventura in Francia di MediaPro, chi potrà mai essere? Forse solo Sky, nei panni di distributore. A meno che la Serie A, che sta per vendersi ai fondi d’investimento, non voglia da loro anche la spinta necessaria per fare quest’ultimo passo rivoluzionario. Quel che è certo è che i presidenti pretendono ancora un miliardo l’anno per la Serie A. Da chi, e se li valga davvero, questa è la domanda.
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