Marco Severini insegna Storia dell’Italia contemporanea al Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Macerata, nel 2011 ha fondato l’Associazione di Storia Contemporanea. Instancabile nella ricerca quanto nello studio e nel prendere appunti sul mondo. Il tempo del silenzio – Lockdown e altri confinamenti [Zefirobooks] raccoglie i cento giorni del suo diario, dall’8 marzo al 15 giugno 2020. Rileggere quei giorni è decifrare il senso di questi giorni, è la mappa che mette ordine al caos della comunicazione, del virologismo d’opinione, è ritrovare la lentezza per comprendere (non quella lentezza incerta dell’attesa in quarantena).
Severini scrive con la passione di chi osserva, lo fa con l’esperienza di chi ha viaggiato, quella di chi con la storia comprende e fa comprendere, osserva il mondo dalle agenzie di stampa, dai media ed egli stesso diviene fonte di notizia: dal balcone di casa e nel tragitto per fare la spesa, da dove scrutare il “palazzo” in cui viviamo, a volte diverso come il mondo, altre soffocante come un dirimpettaio molesto. È un “bilancio civile”.
Severini ripercorre con preoccupazione i numeri del contagio, dei morti, dei ricoveri nelle terapie intensive, quando allora ci spaventavano numeri che non sapevamo sarebbe andata peggio. Le sue paure sono le nostre emozioni, la sua finestra sulla strada sono la vedetta dalla quale tutti abbiamo osservato l’ipocrisia di un patriottismo che ha retto non più di una settimana, quando spesso abbiamo condiviso l’illusione che sarebbe andato tutto bene, confortati da slogan terapeutici alla “ne usciremo migliori” come cittadini capricciosi che pronunciano la cantilena di una formula magica, ma incapaci di rinunciare alla banalità dell’aperitivo perché i morti son sempre quelli degli altri e il lavoro perso non è il nostro.
Il suo diario è riprendere coscienza di quello che ci è successo e tuttora accade, ma con la perizia di un archeologo dei fatti, in modo da capire chi sono i nomi altisonanti che hanno riempito le nostre televisioni come santini, ora politici, ora medici, ora opinionisti a cui votarsi come se la ragione fosse una questione fra tifoserie. Nel libro di Marco Severini c’è quello che siamo stati in pandemia e che a troppi fa comodo rimuovere: la fragilità nell’incertezza e il vizio di volerla fare franca, rinunciando a cambiare in meglio.