Aveva una convinzione: “Il Covid-19 è un’influenza e le immagini delle corsie ospedaliere solo retorica del potere”, credeva che medici e infermieri, in prima linea nella lotta al virus, fossero “più o meno attori, magari inconsapevoli, di una generale messinscena. Invece è tutto vero”. Per credere alla realtà al negazionista Daniele Egidi, di 54 anni, è servito un ricovero all’ospedale San Salvatore di Pesaro, una polmonite bilaterale diagnostica e difficoltà respiratorie. Ma appena ha capito di essere stato fino a quel momento “fuori dal mondo e cieco” dall’ospedale ha chiamato il quotidiano Il Resto del Carlino per fare un mea culpa pubblico.
Tecnico informatico in tribunale, sposato e con un figlio, Daniele durante il ricovero ha visto che “non c’era nulla di inventato in quelle immagini televisive degli ospedali stracolmi, delle terapie intensive al collasso, degli ospedali da campo, della gente che muore”, ha raccontato al quotidiano di Bologna. “Sto cercando di capire perché rifiutavo di accettare l’allarme per il Covid-19”. Forse, ipotizza “non condividevo la gestione dell’emergenza, pensando che ci fosse un altro modo, e questo mi portava a non dare reale importanza alla pandemia. E poi sminuivo il lavoro sanitario, quei medici e infermieri che come palombari curavano i malati”. Ma, continua “vederli impegnati allo spasimo per noi, a loro rischio, visto che anche oggi 4 infermieri sono risultati positivi, è una sensazione straordinaria. Mi si è spalancato un mondo che nemmeno immaginavo, qui tutto segue una logica e un suo percorso”. Come consiglio, Daniele, ricoverato il 30 dicembre dopo sette giorni di febbre, dà questo: “Non sempre va messo in discussione quello che ci capita, bisogna fidarci e affidarsi agli altri. Io non mettevo la mascherina fuori dal lavoro, la ritenevo inutile, una recita, anche se non avevo comportamenti contrari alla legge. All’esterno semplicemente non la mettevo per scelta. Ma solo ora, qui, ho capito che sbagliavo”.