L'INTERVISTA - Il medico a Ilfattoquotidiano.it: "Stiamo attenti e riapriamo scuole, bar, ristoranti e attività commerciali solo quando saremo davvero sicuri che i numeri della pandemia possono essere tenuti sotto controllo. Altrimenti la pressione sul sistema sanitario, già sotto stress, diventerà insostenibile". E dice: "Servirebbero un lockdown preventivo e scuole ancora chiuse. Altre pandemie? Ce ne saranno sicuramente"
“Questo è un periodo critico perché rischiamo più di prima. Il virus è più aggressivo e forte nella sua capacità di diffusione alla luce delle sue nuove mutazioni. E durante la stagione invernale c’è il picco di incidenza dei virus respiratori. Stiamo attenti dunque, e riapriamo scuole, bar, ristoranti e attività commerciali solo quando saremo davvero sicuri che i numeri della pandemia possono essere tenuti sotto controllo. Altrimenti la pressione sul sistema sanitario, già sotto stress, diventerà insostenibile”. È il messaggio preoccupato del presidente della Società italiana di virologia, Arnaldo Caruso, sentito da Ilfattoquotidiano.it, in attesa che il governo definisca i provvedimenti anti-Covid da adottare dopo il 15 gennaio.
Quanto è alto il rischio di una terza ondata, professore?
Lo potremo capire solo tra un paio di settimane, quando avremo gli effetti delle restrizioni di Natale e sapremo se il numero di nuovi positivi sarà salito rispetto a quello attuale. In attesa di questi sviluppi da medico dico che è più prudente che il Paese rimanga in lockdown.
La Germania, con un’incidenza di 210 nuovi casi per milione di abitanti negli ultimi sette giorni rispetto ai 259 dell’Italia, prolungherà le chiusure introdotte a dicembre fino alla fine di gennaio. Questo ci dovrebbe far riflettere?
Assolutamente sì. Una chiusura totale, in via precauzionale, per prevenire la crescita della curva dei contagi, andrebbe fatta anche da noi almeno per le prossime due settimane. Dal punto di vista virologico, ripeto, questo è il momento di massima allerta per la trasmissione dei virus respiratori. La linea morbida “dell’apri e chiudi” a intermittenza adottata dalla politica regge finché i numeri sono tollerabili ma ha poco senso, secondo me non ne traggono vantaggio neanche gli esercizi commerciali. E il prezzo che stiamo pagando per un’apparenza di vita normale sono ancora le centinaia di morti che abbiamo ogni giorno. Perlomeno dovremo avere il coraggio di prendere provvedimenti più severi non appena ci sarà una manifestazione di ripartenza dell’onda dei contagi.
Quindi per adesso meglio tenere le scuole chiuse?
Premetto che la scuola in sé non è un problema. Gli istituti si sono attrezzati per mettere in sicurezza studenti, insegnanti e personale scolastico. Il vero pericolo è costituito dalle possibili aggregazioni di genitori o studenti davanti alle scuole o sui mezzi di trasporto pubblico usati per spostarsi. Al momento non ci sono controlli efficaci per evitare raggruppamenti di persone. Di conseguenza se si riaprono subito le scuole vanno fatte rispettare le misure di distanziamento fisico anche all’uscita degli edifici e sugli autobus. Diversamente, ci sarà un’ulteriore diffusione del virus. Purtroppo i cittadini non si sono dimostrati abbastanza responsabili verso se stessi e gli altri in mancanza di un lockdown duro, vanificando gli sforzi di apertura della politica.
Nel nuovo decreto, valido fino al 15 gennaio, il governo abbassa le soglie che fanno scattare la zona arancione o rossa (con un Rt da 1 a 1,25 la regione diventa arancione, da 1,25 a 1,50 va invece in rosso; tali misure si applicano nei territori con un’incidenza dei contagi superiore a 50 casi ogni 100mila abitanti). È una restrizione che può bastare a evitare scenari peggiori?
È senz’altro una decisione positiva in questa stagione invernale. Così si riducono movimenti e trasmissione del virus. Con un indice Rt superiore a 1 c’è infatti la potenziale pericolosità di un nuovo sviluppo di circolazione del virus, a maggior ragione se fuori fa freddo e la gente passa più tempo in luoghi chiusi.
Il piano di vaccinazioni va a rilento. Non solo in Italia in realtà, anche nel resto d’Europa. È accettabile?
È una cosa incredibile, abbiamo fatto di tutto per accaparrarci i vaccini e poi sapere che partono in modo asincrono nelle regioni italiane è veramente deprimente. Ci dobbiamo mettere in condizione di farle nel modo piu veloce e capillare possibile. Solo con le vaccinazioni possiamo mettere argine all’espansione del virus in questa fase critica, evitando che potenziali varianti possano entrare prepotentemente nella scena pandemica. Se fossimo partiti con le vaccinazioni a dicembre avremmo già dei benefici.
Molti suoi colleghi dicono che questa pandemia potrebbe essere solo la prima di altre. È davvero così?
Sì, ce ne saranno sicuramente altre. Per questo penso che bisogni creare al più presto una rete capillare di sorveglianza di questi microorganismi emergenti, per evitare di trovarci impreparati. Un sistema di monitoraggio è d’obbligo anche per capire se con la vaccinazione di massa si sviluppano altre varianti del virus. In questo caso infatti la formulazione del vaccino va riadattata come si fa di solito con quello antinfluenzale in presenza di nuovi ceppi virali. Il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie ha già dato a tutti gli Stati le linee guida sul monitoraggio da istituire. L’Istituto superiore di sanità sta rafforzando sul territorio la presenza di laboratori sentinella. La società italiana di virologia metterà a disposizione i suoi laboratori e il suo personale fin da subito. L’Italia non può restare indietro.