Il 28 dicembre è apparso su questo sito un post di Marco Bella dedicato a smentire le conclusioni della mia analisi dei contagi scolastici in Piemonte tra settembre e novembre, da cui risulta che tra il personale il contagio è molto più diffuso che tra la popolazione generale. Il personale di medie e primarie si è contagiato con una frequenza due volte e mezzo più alta rispetto alla popolazione, mentre nella scuola dell’infanzia l’incidenza è stata addirittura tre volte e mezzo più elevata al punto che si è contagiato il 10,8% del personale delle materne piemontesi: un caso ogni nove persone, un dato che genera ovviamente grande preoccupazione.
Secondo Marco Bella però tutto questo sarebbe allarmismo infondato, e prova a motivarlo con un post che risulta purtroppo ricco di inesattezze: per fare chiarezza risponderò punto per punto. Sarà lunga, ma se avrete la pazienza di seguirmi vedrete che il risultato finale varrà la pena.
Bella afferma che il recente rapporto dell’ECDC spiegherebbe che le scuole sono epidemiologicamente un luogo lavorativo come gli altri. In realtà il rapporto dice altro: senza entrare nei dettagli, basti notare che il rapporto ECDC è una review generale delle scarne e frammentarie informazioni attualmente disponibili, raccolte in periodi e contesti molto differenti e in paesi sparsi in tutto il mondo, che evidenzia una notevole variabilità da caso a caso e rileva esplicitamente la mancanza di dati affidabili recenti, in particolar modo sulla più contagiosa variante inglese… ed è notizia di domenica 3 gennaio che in Inghilterra le scuole primarie non riapriranno né a Londra né in molte altre zone.
Il rapporto inoltre stranamente ignora i risultati di ben tre recenti e differenti studi trasversali condotti sui dati di centinaia di situazioni epidemiologiche, apparsi su Lancet, Nature e Science che sono concordi nel confermare la grande efficacia della chiusura delle scuole nel contenimento del contagio. Soprattutto, il report non contiene né dati né considerazioni specifiche sulla situazione della scuola italiana e quindi nulla può dirci sulla sua effettiva sicurezza.
Bella continua scrivendo che secondo lui io avrei affermato che “l’incidenza dei positivi nelle scuole del Piemonte e nella popolazione generale è minore o paragonabile alla popolazione generale”. Non ho capito bene cosa significhi questa frase (credo ci sia un “popolazione generale” di troppo), ma in realtà dall’analisi risulta che l’incidenza tra il personale è ben maggiore di quella della popolazione. Aggiungo che il contagio nelle scuole presenta notevoli e logiche differenze tra personale e studenti: fare affermazioni sulle “scuole” in generale, mischiando i dati di studenti e personale di ogni grado, appiattisce il tutto in un pastone indistinto che non consente di evidenziare le criticità.
Bella sostiene poi che è logico che le scuole siano sicure, perché i giovani, e in particolare i giovanissimi, si contagiano meno e sono meno contagiosi; purtroppo però le cose non sono così semplici. Innanzitutto, lo stesso report dell’ECDC nota che tra giovani e giovanissimi sia il contagio che la contagiosità sono sottostimati rispetto agli adulti: i loro sintomi sono (fortunatamente) meno gravi, ma questo significa che possono passare più facilmente inosservati.
Però, anche se i giovani fossero effettivamente meno contagiosi, questo non implicherebbe affatto che le scuole sono sicure. Per capire il perché, facciamo un esempio. Supponiamo che i bambini siano contagiosi la metà degli adulti, ovvero stando in una stanza chiusa con un adulto positivo ci si contagi in media dopo un’ora, mentre con un bambino positivo ce ne vogliano due. Ora supponiamo che la situazione di compresenza si protragga per quattro ore al giorno per cinque giorni alla settimana. E’ evidente che in questo caso farà ben poca differenza se il positivo è adulto o bambino, il contagio avverrà con grande probabilità. Quindi, una minore contagiosità non implica necessariamente sicurezza: la contagiosità è solo uno dei molti fattori che compongono il rischio, al quale bisogna aggiungere il tempo trascorso, il numero di persone, la cubatura del locale chiuso, l’aerazione, tipo e modalità d’uso del dispositivi di protezione individuali etc.
Il post prosegue citando un’analisi di Enrico Bucci e Antonella Viola del 24 ottobre che proverebbe la sicurezza delle scuole. La prova sarebbe che nelle fasi iniziali della riapertura la differenza tra l’incidenza del contagio nelle scuole e la popolazione generale non era significativa. Senza entrare nel dettaglio delle criticità dell’analisi di Bucci e Viola, basti dire che la similitudine nelle incidenze del contagio non è rassicurante ma è anzi preoccupante. Bisogna infatti tenere conto che la popolazione scolastica è costituita al 90% da studenti, ovvero persone di età compresa tra 3 e 19 anni, ed è noto che i contagi rilevati tra i più giovani sono in proporzione di meno di quelli degli adulti. Il fatto che una popolazione composta per la stragrande maggioranza di giovani si contagi tanto quanto la popolazione generale, che ha un’età media molto più elevata e quindi è più suscettibile, più che essere motivo di sollievo fa scattare un campanello di allarme.
Bella parla anche di tamponi: prima cita la favola (purtroppo) secondo cui ogni volta che c’è un positivo a scuola si tampona tutta la classe. In realtà, come peraltro menzionato nella mia analisi, già il 16 ottobre la regione Piemonte ha abolito l’obbligatorietà del tampone per il rientro in classe, e anche nel resto d’Italia i tamponi a tutta la classe sono ormai da mesi l’eccezione e non la regola. Poi Bella afferma che non avrei analizzato il dato sui tamponi scolastici; forse perché gli è sfuggito il passaggio in cui è linkata la percentuale di tamponi scolastici positivi, molto più alta rispetto a quella della popolazione. Comunque, per dissipare ogni dubbio, ho appena pubblicato un’ulteriore analisi dei tamponi scolastici piemontesi i cui risultati smentiscono la teoria secondo cui l’elevata incidenza del contagio scolastico è spiegabile da un elevato numero di tamponi.
Fino a qui sono state tutte obiezioni generiche, ma adesso entriamo nel vivo. Bella introduce uno studio di Sara Gandini ed altri autori che non ha passato alcun processo di revisione (così come quello di Bucci e Viola). Per valutarlo ci vorrebbe un post a parte: innanzitutto i dati su cui si basa non sono stati resi pubblici e quindi è impossibile verificare la correttezza dell’analisi. Inoltre, ad una prima lettura, non è certo uno studio esente da criticità (una delle più evidenti l’ho sommariamente descritta qui). Bella lo cita perché da esso risulta che l’incidenza media del contagio tra il personale scolastico (tutto mischiato insieme) è doppia rispetto alla popolazione generale: il che, per inciso, fa temere che la situazione del Piemonte non sia un unicum nazionale. Lo stesso Bella afferma che questa situazione è allarmante, se non fosse che…
Vi ricorderete che Bella aveva confrontato l’incidenza del contagio tra la popolazione scolastica indistinta (composta al 90% da giovani) e tra la popolazione generale, affermando che il fatto che fossero simili sia una prova della sicurezza della scuola. Ebbene: adesso afferma che nel caso del personale scolastico il confronto con la popolazione generale non va bene, bisogna fare il confronto con la fascia di popolazione in età da lavoro. Obiezione perfettamente legittima: la cosa che però non torna è che secondo lui, così facendo, il 100% in più di incidenza che si osserva tra il personale della scuola si ridurrebbe talmente tanto che “le differenze adesso sono spiegabili come semplici fluttuazioni nei limiti degli errori sperimentali”. A testimonianza di ciò riporta un grafico dello studio di Gandini et al., che termina bruscamente alla data del 17 ottobre, ovvero prima del dilagare del contagio, e nel quale non c’è alcuna traccia degli errori “sperimentali” (immagino si riferisca agli errori statistici).
Mostrare i dati solo fino al 17 ottobre è una scelta difficile da comprendere, perché la stragrande maggioranza dei contagi è avvenuta dopo quella data. Ma anche limitandosi a questo intervallo temporale basta un rapido calcolo per capire che l’affermazione di Bella è invalidata da un grosso errore. Infatti, la correzione che dovrebbe far rientrare nei ranghi la grande differenza di incidenza dei contagi risulta essere in realtà circa cento volte più piccola del necessario: è minore dell’1%!
Infatti, secondo i dati ufficiali dell’Istituto Superiore di Sanità, nell’arco temporale dal 21 settembre al 20 ottobre l’incidenza cumulata del contagio tra la popolazione generale è stata di 2004 casi per milione, mentre quella la fascia di età 30-70 anni è stata di 2022 casi per milione. La differenza tra le incidenze ammonta allo 0,87%, ed è talmente minuscola che nel grafico (vedi sotto) le due curve appaiono perfettamente sovrapposte.
Siamo umani e gli errori capitano. Nel 1999 una sonda della Nasa destinata ad esplorare il clima di Marte si disintegrò nell’atmosfera marziana mandando in fumo 125 milioni di dollari: avevano dimenticato di convertire le libbre in kilogrammi… questo per dire che analizzare i dati è un lavoro complesso e un errore può capitare. Resta però il fatto che la rassicurante spiegazione di Bella all’elevata incidenza del contagio tra il personale si squaglia come neve in un altoforno.
Se vogliamo capire come stanno realmente le cose bisogna andare a vedere cosa è successo dopo il 18 ottobre: nel grafico sottostante vedete tutta la storia. I dati piemontesi arrivano fino alla fine di novembre: come da legenda, il blu scuro rappresenta l’incidenza alle materne, il rosso alle primarie, il grigio alle medie, il giallo alle superiori. Inoltre, le curve azzurre e verdi rappresentano rispettivamente l’incidenza tra la popolazione generale piemontese e l’incidenza corretta tramite i dati nazionali dell’ISS per la fascia di età 30-70 anni, e servono da confronto.
Il rettangolo rosso rappresenta l’intervallo temporale che corrisponde al grafico di Gandini et al. riportato da Bella. Come vedete, proprio subito dopo il 18 ottobre il contagio tra il personale ha cominciato ad aumentare fortemente rispetto a quello tra la popolazione. Inoltre, si conferma che la differenza tra popolazione generale e popolazione 30-70 anni è lungi dall’essere significativa: rimane molto ridotta anche dopo il 18 ottobre, e il contagio tra il personale di materne, primarie e medie è nettamente superiore ad entrambi i riferimenti.
Quindi, la fatica di Bella è stata inutile? Niente affatto, anzi: ha dato l’opportunità di chiarire che la grande incidenza dei contagi tra il personale è un dato reale e non deriva da un errore di comparazione, e quindi abbiamo un’ulteriore conferma che il contagio tra il personale scolastico è oggettivamente allarmante.
Marco Bella, oltre che professore di chimica organica, è anche un deputato della Repubblica. Sono convinto che alla luce di queste evidenze la sua onestà intellettuale lo porterà a riconsiderare le sue posizioni scettiche e auspicabilmente ad unirsi alla voci che chiedono che sia fatta piena chiarezza sulla situazione del personale scolastico. Magari a partire da una completa pubblicizzazione dei dati del contagio nelle scuole italiane, che il Ministero (o chi per esso) pare aver concesso in visione a Gandini et al., ma non a tutto il resto della popolazione.
In un frangente così difficile e pieno di sofferenza per tutti, la trasparenza è il primo dovere di ciascuna amministrazione che si voglia definire democratica. L’appoggio di un deputato della Repubblica alla richiesta di rendere finalmente pubblici i dati sarebbe certamente di grande aiuto per raggiungere questo fondamentale obiettivo a tutela della salute di personale, studenti e loro famiglie.