“Pur considerando la natura, la tipologia e la complessità della tutela e conservazione del bene pubblico, la gestione degli interventi è apparsa per lo più contrassegnata da una logica dell’emergenza”. Il comunicato stampa del 22 dicembre 2020 della Corte dei Conti sintetizza le politiche culturali in tema di tutela del patrimonio attuate dal Mibact negli ultimi anni. Sottolineando il “carattere esclusivamente manutentivo dei beni culturali” che, tuttavia, non può imputarsi “a scarsa diligenza e professionalità di coloro che hanno in cura i Beni artistici, ma, piuttosto, a scarse risorse finanziarie”.
In ogni caso vale la pena scorrere l’analisi completa della relazione sul Fondo per la tutela del patrimonio culturale istituito dal Mibact. Peccato che risultino in gran parte disattesi gli intenti iniziali, come spiegato nella relazione della Corte dei Conti. Innanzitutto lo strumento del fondo si presenta ancora orientato nell’ottica di interventi di natura emergenziale “in cui prevalgono finalità per lo più manutentive, a carattere di urgenza e/o messa in sicurezza e recupero del patrimonio, in quasi tutti i settori”. Inoltre, si rilevano ritardi nello stanziamento di adeguate risorse, insieme alla considerazione che, data l’entità del patrimonio culturale, “l’investimento assume spesso natura di ordinaria prevedibilità”. In aggiunta, dal momento che l’articolazione del Mibact sul territorio impone un necessario e stretto coordinamento tra i diversi livelli di governo, soprattutto nella fase della programmazione degli interventi, sarebbero necessarie “risorse finanziarie certe e orientate all’interno di un quadro strategico complessivo, nonché implementare le competenze tecnico scientifiche del personale amministrativo evidenziando, peraltro, la grossa carenza di organico presente presso il Mibact”.
Un ultimo punto riguarda il monitoraggio. Sul terreno procedurale, si osserva che i decreti ministeriali relativi alla programmazione 2016-2018, 2019 e 2020, presentano in allegato l’elenco degli interventi da effettuarsi nelle regioni. Tuttavia, “pur in presenza di parere positivo di entrambe le commissioni”, è stata rilevata una “assenza di un cronoprogramma degli interventi” e una “richiesta di una maggiore celerità e tempestività nella trasmissione della documentazione agli organismi consultivi”. Non è tutto. Le rimodulazioni intervenute nel corso del triennio non sono state oggetto di consultazione “né presso il Consiglio – anche se all’epoca non ancora costituito – né presso le rispettive commissioni parlamentari di Camera e Senato”.
Saltano agli occhi anche altre questioni. Tutt’altro che marginali. A partire dalle risorse a disposizione. “Per il triennio 2016-2018, relativamente allo stanziamento definitivo dei complessivi 300 milioni di euro e dei relativi impegni del fondo, si evidenzia un progressivo aumento del volume dei residui”. Oltre 18 milioni per il 2016, poco meno di 12 milioni per il 2017, più di 28 milioni per il 2018 e quasi 29 milioni per il 2019. In aggiunta c’è che “solo il 20,87% degli interventi ha raggiunto la fase esecutiva”.
Non è finita. Nella Relazione è rilevato anche “un notevole fattore di criticità gestionale”. “In estrema sintesi – si legge – la coesistenza di più impianti informativi in capo ai diversi soggetti istituzionali competenti, in settori e per finalità differenti ma tra loro non dialoganti, causa l’assenza di una raccolta esaustiva, presupposto necessario per un compiuto monitoraggio e una idonea valutazione”.
Interpellato da ilfattoquotidiano.it l’Ufficio stampa del Mibact assicura che la relazione della Corte dei Conti é al vaglio ma che, comunque, il quadro che ne risulta non costituisce una bocciatura alle politiche intraprese. “Le risorse per la tutela e la valorizzazione del patrimonio, già storicamente poche, sono state ulteriormente rese più esigue dalle necessità di provvedere al contrasto alla pandemia. Insomma abbiamo cercato di far fronte alle urgenze con quanto a disposizione. Di più proprio non sarebbe stato possibile. In quanto allo scarso numero di personale nelle sedi locali delle Soprintendenze, ne siamo consapevoli al punto che speriamo di provvedere al più presto a nuovi concorsi”, ha spiegato l’Ufficio stampa. Aggiungendo che “i residui”, a fronte dell’esiguità degli stanziamenti, non sono altro che la naturale conseguenza di una macchina amministrativa farraginosa oltre misura.