Due fatti descritti dai giornali, in questi ultimi giorni del 2020, e primi del 2021, mi hanno fatto salire il sangue alla testa, ma non stupito.
Il primo sono le nomine nelle otto Asl neonate, figlie della riforma sanitaria che spacchetta la Ats (Azienda Tutela della Salute) voluta dal centrosinistra. Mentre non si capisce perché i vaccini vengano distribuiti così lentamente, mentre non c’è nessuna autocritica per ciò che è successo negli ospedali sardi nel 2020, mentre non c’è nessun ristoro economico per gli operatori della sanità che hanno (loro e non i dirigenti) garantito il servizio, i giornali sardi raccontano tranquillamente la spartizione politica della sanità.
Quella Asl a Fratelli d’Italia, quell’altra al Psd’Az, quell’altra ancora a Forza Italia. Su molte svetta la sigla dell’Udc e del ras locale Giorgio Oppi. Come se non fosse, la spartizione politica, uno dei problemi principali della sanità sarda. Come se non fosse un segno medioevale gestire su basi clientelari e politiche la struttura pubblica forse più importante, quella sanitaria.
Tutto va avanti, come se niente fosse. Il 2020 è passato, e nel 2021 si ricomincia come prima. Non si premia il merito, la capacità, il saper gestire, l’avere una visione su come cambiare la sanità sarda nel XXI secolo. Nulla di tutto questo. Solo ed esclusivamente gestione feudale dei milioni (miliardi) di euro della sanità. Nessuna valutazione dei risultati raggiunti.
Altrimenti come si spiegherebbe che alla Asl del Sulcis va il commissario di Laore, un’agenzia agricola sarda che avrebbe dovuto essere riformata, e non è stata modificata di una virgola. Agenzia e commissario che, per di più, non sono riusciti in due anni a risolvere la vertenza Aras (Agenzia regionale allevatori Sardegna), con più di 250 famiglie per strada ed un settore economico, quello pastorale, che non ha più un laboratorio analisi di riferimento. L’epicentro del disastro diventa l’epicentro della spartizione.
L’altra notizia l’ha scovata Pablo Sole, a cui auguro di realizzare il suo obiettivo di fondare Indip: si volevano dare 650.000 euro alla “Pro Loco Cagliari”, una associazione infarcita di sottobosco politico leghista e del centro destra. È l’ultimo esempio, ma è significativo.
L’obiettivo è spolpare di denari il pubblico a fini privati. Il fine è arricchirsi e creare una rete di clientele talmente forte, talmente onnipresente, da rivincere le prossime elezioni. La Sardegna può continuare a spopolarsi e deindustrializzarsi, ma poco importa. La rete di clientele che si sta creando sarà più forte della indignazione di chi è radicalmente oppositore di questa mentalità e di questa politica?
L’indignazione si può trasformare in progetto politico di governo che sia, per forza di cose, radicalmente diverso rispetto a quanto successo negli ultimi 15 anni, il quale, dopo aver fatto dimettere la Giunta, si afferma alle elezioni?