Si sentono meno preparati sulle materie scolastiche, è peggiorata la loro capacità di socializzare e giorno dopo giorno si sentono sempre più stanchi. Perché hanno dovuto rinunciare allo sport, ma anche a un amore che non hanno potuto vivere come sarebbe stato naturale fare. Nel frattempo si ammalava di Covid-19 un insegnante o un compagno e un altro la scuola la lasciava per sempre. Mentre in tutta la penisola si discute dell’opportunità del ritorno tra i banchi, gli studenti delle superiori fanno i conti con ansie e preoccupazioni e con le difficoltà pratiche che l’emergenza legata al Covid-19 ha già portato, stravolgendo (anche) la loro quotidianità. A pochi giorni dalla riapertura, Save the Children presenta i risultati di un’indagine condotta da Ipsos per l’organizzazione, mettendo in luce opinioni, stati dati d’animo e aspettative di un campione rappresentativo di mille studenti tra i 14 e i 18 anni, troppo spesso inascoltati. Il 42% di loro ritiene ingiusto che agli adulti sia permesso di andare al lavoro, mentre i giovani non hanno potuto frequentare la scuola. Per quasi la metà (il 46%), quello trascorso finora è un “anno sprecato”. Sulla base dei dati dell’indagine, Save the Children stima che almeno 34mila studenti delle superiori, a causa delle assenze prolungate, potrebbero trovarsi a rischio di abbandono scolastico. Un numero che si aggiunge a quello della dispersione già esistente, a prescindere dal Covid-19.
La pandemia a scuola – Per quanto riguarda la presenza di casi di Coronavirus a scuola, più di sette ragazzi su dieci riportano di casi positivi fra studenti o docenti: in quattro casi su dieci si tratta di compagni di classe, in un caso su 4 (26%) ad aver contratto il virus è stato un insegnante. Nonostante la presenza di casi di Covid-19 a scuola abbia generato preoccupazione nel 74% degli intervistati, i ragazzi positivi sono stati supportati dai compagni di classe nella stragrande maggioranza dei casi (82%) anche se il 14% degli intervistati segnala episodi di ragazzi contagiati che si sono chiusi in se stessi, mentre l’8% racconta di contesti in cui questi stessi adolescenti sono stati colpevolizzati dai compagni di classe.
Le conseguenze della Dad – Gli adolescenti tracciano un bilancio dei mesi di didattica a distanza che ha coinvolto oltre due milioni e mezzo di ragazze e ragazzi delle scuole superiori di secondo grado. Il 28% degli studenti dichiara che almeno un loro compagno di classe dal lockdown di questa primavera a oggi ha smesso di frequentare le lezioni (tra questi, un quarto ritiene che siano addirittura più di tre i ragazzi che non partecipano più alle lezioni). Tra le cause principali delle assenze durante la Dad la difficoltà di connessione e la mancanza di concentrazione. A riguardo, Save the Children ricorda anche i dati Istat relative alla disponibilità nelle famiglie italiane di degli strumenti tecnologici, nonché di spazi abitativi adeguati. Di fatto, ad oggi, più di uno studente su tre (35%) si sente meno preparato di quando andava a scuola in presenza e il 35% quest’anno deve recuperare più materie dell’anno scorso. Quasi quattro studenti su dieci dichiarano di avere avuto ripercussioni negative sulla capacità di studiare (37%). Interessante è il giudizio dei ragazzi sul modo si fare lezione. Oltre un terzo degli studenti, il 37%, afferma che la totalità dei propri insegnanti ha continuato a fare lezione allo stesso identico modo di prima, “come se fossimo in aula” invece che dietro ad uno schermo; il 44% sostiene, però, qualche insegnante ha introdotto delle novità; il 19% degli studenti afferma, invece, che la maggior parte dei suoi docenti ha sperimentato nuove modalità di insegnamento.
Un anno sprecato – La sfera della socialità ha subìto di sicuro un impatto importante a causa della lontananza da scuola: per quasi 6 studenti su 10 (59%) la propria capacità di socializzare ha avuto ripercussioni negative, così come il proprio umore (57%). Gli adolescenti dicono di sentirsi stanchi (31%), incerti (17%), preoccupati (17%), irritabili (16%), ansiosi (15%), disorientati (14%), nervosi (14%), apatici (13%), scoraggiati (13%), stati d’animo di cui parlano prevalentemente con la famiglia (59%) e gli amici (38%), ma che per più di uno su cinque rimangono un pesante fardello da tenersi dentro, senza condividerlo con nessuno (22%). Se quasi un quarto degli adolescenti (23%) dichiara che, in questo anno di pandemia, ha capito che uscire non è poi così importante e che si possono mantenere le relazioni anche online, uno schiacciante 85% afferma invece di aver compreso quanto sia importante uscire con gli amici, andare fuori e relazionarsi dal vivo. Tra le privazioni che i ragazzi hanno sofferto di più, anche quella di non aver potuto vivere esperienze sentimentali importanti per la loro età (63%).
COSA PENSANO I RAGAZZI SENZA SCELTA – I ragazzi si sentono esclusi dalle scelte per il contrasto alla diffusione del Covid, che li hanno visti penalizzati nell’interruzione delle attività scolastiche in presenza: il 65% è convinto di star pagando in prima persona per l’incapacità degli adulti di gestire la pandemia, il 43% si sente accusato dagli adulti di essere tra i principali diffusori del contagio. Guardando al futuro, solo uno su quattro pensa che “tornerà tutto come prima” (26%), la stessa percentuale ritiene che “continueremo ad avere paura”, mentre il 43% ritiene che questa esperienza rappresenti uno spartiacque tra la vita di prima e quella in cui, anche dopo il vaccino, “staremo comunque insieme in modo diverso, più online” (43%). Alla politica il compito di fare delle scelte per questo futuro e i ragazzi sembrano interessati a questo aspetto: il 69% di loro, infatti, ha sentito in qualche modo parlare del Next Generation Eu e una gran parte degli intervistati spera che attraverso questo Fondo vengano incrementati i finanziamenti per l’ingresso nel mondo del lavoro dei giovani (30%) o la possibilità di studiare gratuitamente all’estero (17%) e all’università (17%). “È necessario riaprire subito le scuole in sicurezza con un’offerta educativa potenziata, soprattutto nei territori più difficili, per scongiurare un ulteriore allargamento delle diseguaglianze” spiega Raffaela Milano, Direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children, secondo cui occorre, come gli stessi ragazzi indicano “dedicare le risorse del Next Generation prioritariamente al futuro dei più giovani, con un forte e concreto investimento di lungo periodo sull’infrastruttura educativa, vera leva per lo sviluppo del Paese”