È stato tra i primi a essere vaccinati il 27 dicembre e oggi a distanza di nove giorni abbiamo chiesto a Silvio Garattini, farmacologo e presidente dell’Istituto Mario Negri, come sta e cosa si può fare per convincere i dubbiosi. Allo scienziato, 92 anni di cui quasi settanta al servizio della scienza, non piace l’idea di un patentino d’immunità e sente e chiede la responsabilità di tutti per rispondere con “umiltà” ai dubbi legittimi delle persone, allestendo una campagna di informazione completa con dati, numeri e coinvolgendo i modelli a cui sono più affezionati i giovani. Giovani che sarebbero da vaccinare anche subito se ci fossero abbastanza vaccini, ma “non abbiamo curato abbastanza l’orizzonte” e anche se “come Europa abbiamo siglato accordi, ora siamo in coda”. La scuola? “Essenziale, ma bisognava organizzarsi prima”.
Professor Garattini, lei è stato uno dei primi vaccinati. Come sta?
Sì, l’ho fatto per spirito di servizio. Perché me lo hanno chiesto. In un momento in cui ci sono molto dubbi ho pensato che potesse essere utile di aderire a questo invito con lo scopo di rassicurare la gente sull’utilità del vaccino. Sto molto bene, non ho sentito proprio nulla neanche il solito dolore che si sente nel punto di iniezione. Posso dire che che è come se non avessi fatto nulla. Il vaccino, però, può dare effetti collaterali in una certa percentuale di persone; effetti relativamente comuni tipo febbre, senso di nausea, mal di testa, dolori muscolari o ossei. Mali minori rispetto ai grandi benefici che si possono ottenere e comunque c’è una sorveglianza che andrà avanti per 24 mesi per chiarire se ci saranno altri effetti nel tempo.
Ieri è stata diffusa la notizia di una infettivologa contagiata che aveva ricevuto la prima dose
È assolutamente normale, la possibilità di essere infettati in questa fase è normale. L’immunizzazione completa arriva sette giorni dopo l’ultima dose. Nel periodo tra la prima e la seconda si può essere preda dell’infezione. In questo caso sarà più debole. Dopo la prima dose non si è vaccinati altrimenti non ci sarebbe la seconda.
Nei giorni scorsi si è aperto un dibattito se vaccinare prima i giovani o gli anziani. Lei cosa ne pensa?
Non è un dibattito molto utile perché al momento non c’è il vaccino per tutti. Sarebbe utile privilegiare i giovani se avessimo vaccini in quantità sufficiente e farlo in tempo breve. La maggior parte dei paesi, al di là della priorità per il personale sanitario, ha deciso di cominciare con gli anziani. Il rischio non è solo di morte, ma di ricovero nelle terapie intensiva.
A proposito dei vaccini mancanti. Si è discusso molto di quello di Oxford Astrazeneca che è in ritardo e che sembrava molto promettente. Qual è la sua opinione?
C’è stato qualche pasticcio sulla questione della dose. Quindi la protezione media è stata del 70% che è relativamente bassa rispetto agli altri. Con la dose ‘giusta’ probabilmente l’efficacia sarà quella degli altri, ma per il momento sono necessari altri dati e per questo l’Ema ha chiesto ulteriore documentazione e non potrà rispondere prima di un mese. Dobbiamo aspettare. Noi purtroppo abbiamo puntato quasi tutte nostre carte su questo vaccino e questo contrariamente all’allerta che avevamo dato in molti già a maggio di stare attenti e non aspettare l’ultimo momento, e di controllare come proseguivano le sperimentazioni. Come Europa abbiamo siglato accordi, ma ci troviamo comunque in coda. Quelli che hanno pagato prima avranno la maggioranza delle dosi. Noi veniamo dopo.
Siamo stati lenti e miopi?
Sì. Non abbiamo curato attentamente tutto l’orizzonte. Avremo il vaccino, ma dopo gli altri. Alcuni paesi come la Germania hanno agito prima e fatto le loro trattative e ora hanno un vantaggio.
La Biontech è tedesca…
Sì. Ma quando venne diffusa la notizia che stavano sviluppando un vaccino il governo americano aveva provato a comprare tutta la produzione. Adesso non riuscendo a tener dietro a tutti gli ordini faranno un nuovo stabilimento a Marburgo dove in qualche modo produrranno più vaccino.
La tecnica sviluppata dell’Rna messaggero però viene considerata il futuro di tutti i vaccini
Questa nuova tecnologia ha permesso molto della accelerazione che abbiamo avuto nello sviluppo del vaccino. Certamente rappresenterà una delle modalità anche se dipenderà dal tipo di virus e dalle condizioni. Ed è interessante notare che è una tecnologia che deriva non da studi sulle malattie infettive ma sui tumori. Questo ci dice quanto sia importante la ricerca, anche per aree imprevedibili, e apre discorso sullo stato di miseria della ricerca in Italia. Abbiamo pochi ricercatori perché non abbiamo soldi e oltretutto molti fuggono. Nello sviluppo del vaccino ci sono tanti nomi italiani che sono andati a lavorare all’estero. L’Italia così resta esclusa dai grandi progetti di salute pubblica. Da parte di tutti ci dovrebbe essere un appello perché la ricerca venga considerata un investimento e non una spesa.
Il 7 gennaio ci dovrebbe essere il ritorno a scuola degli studenti. Anche tra gli scienziati ci sono opinioni diverse su continuare la didattica a distanza o farli rientrare. Lei cosa ne pensa?
Io sono per l’essenzialità della scuola. Ritengo che si debba fare tutto il possibile per farli rientrare a scuola. Questo però deve anche sollevare una serie anche di considerazioni. Non possiamo continuare a rimandare le decisioni: quando a maggio le cose sono andate meglio sapevano che la scuola sarebbe ricominciata a settembre. Sappiamo che in classe è difficile che i bambini e i ragazzi si infettino. Succede quando entrano o escono dalle aule e sui mezzi di trasporto. Bisogna fare gli scaglionamenti, ma sembra che non siamo capaci di fare le cose minime che richiedono organizzazione. Non si può continuare a rimandare l’apertura delle scuole. Dovevamo pensarci prima: come alle vaccinazione e ancora prima alle mascherine. Arriviamo all’ultimo minuto, cerchiamo di svegliarci.
È appena passato il periodo natalizio diverso dagli altri anni
Sono stato e sto a casa. Ho cinque figli, ma se ci trovassimo tutti insieme saremmo diciotto. Quindi ognuno a casa sua per evitare ogni rischio di infezione. Anche se questo non è stato l’atteggiamento generale e adesso lo stiamo pagando perché ci sono ancora parecchi contagi e morti. La situazione è però incredibile con un giorno rosso, due arancioni o uno giallo. Quando si aprono le porte abbiamo visto cosa è successo, la massa di gente che si è riversata nei negozi, alcuni anche senza mascherina. Il governo non può accontentare tutti a giorni alterni. Bisogna avere una linea precisa. Al di là dei vaccini o dei farmaci l’unica cosa necessaria da fare è mantenere le regole di sicurezza: mascherine distanze, lavare le mani. Si decida un periodo in cui rimaniamo relativamente tutti in condizione di avere la massima sicurezza fino a quando non diminuiranno le morti e i contagi in modo significativo.
Intanto bisogna portare avanti la campagna vaccinale dal punto di vista comunicativo. Secondo lei va bene?
No, penso che sia completamente insufficiente. Bisogna approntare una effettiva campagna di informazione che non è quella di dire vediamo la luce in fondo al tunnel. Io credo che la gente che abbia dei dubbi giustificati: noi dobbiamo rispondere con umiltà, con dialogo, elencare i numeri. Nel gruppo dei vaccinati ci sono 8 persone che hanno avuto la malattia, nel gruppo di controllo 162. Bisogna spiegare quali sono gli effetti collaterali, fornire informazioni dettagliate per convincere i dubbiosi. I fanatici lasciamoli andare per conto loro perché sarà difficile. Abbiamo il dovere di rispondere con gente credibile. E sui giovani facciamo aiutare dai loro modelli: gli atleti, gli attori, utilizziamo tutto il possibile. Bisogna avere un programma non generico. Se le cose vengono spiegate bene tutti capiscono.
Si parla di un patentino immunità per chi si vaccina. Lei è d’accordo?
No. Fino a quando non sapremo quanto dura il vantaggio delle vaccinazione. Ci sono ancora troppe cose che non sappiamo. È solo una parola. Meglio aspettare che ci sia la possibilità per tutti di avere una vita normale, ma la avremo solo quando ci saranno i farmaci per curare perché non tutti saranno vaccinati e non tutti i vaccinati saranno protetti. Aspettiamo prima di parlare patenti.
La normalità quando allora?
Aspetto di capire quando le cose saranno più chiare. Fino a quando non avremo vaccinato una buona percentuale di persone le cose non cambieranno significativamente.