Nell'ultimo comizio prima della seduta del Congresso per la conferma dell'elezione di Joe Biden, il tycoon insiste davanti ad alcune migliaia di sostenitori sulle frodi elettorali alle ultime presidenziali e nei ballottaggi in Georgia. E la guerra nel Partito repubblicano è già aperta
Grida dal palco, mentre alcune migliaia di supporter arrivati alla Casa Bianca lo accompagnano con applausi e slogan. Un comizio che ha i tratti di un tentativo disperato per tentare, ancora una volta, di sovvertire il risultato elettorale. Nel giorno in cui il Congresso conferma l’elezione di Joe Biden e la Georgia si appresta a consegnare anche il Senato nelle mani dei democratici, il presidente uscente Donald Trump tenta disperatamente di allontanare l’insopportabile marchio del ‘looser’, lui che ha sempre conosciuto e vantato solo il successo. “Non ci arrenderemo mai, non concederemo mai” la vittoria, ha detto il tycoon, durante la manifestazione ‘Save America’ contro i brogli, dove ha insistito ancora ancora sulla teoria infondata della truffa elettorale. “Fermeremo il furto” dei voti, ha detto, usando lo slogan “stop the steal“, scandendo dal palco che “avremo un presidente illegittimo, non possiamo permetterlo” e facendo pressione affinché Mike Pence, che presiede la sessione congiunta del Congresso per ratificare la vittoria Biden, richieda agli Stati la ricertificazione dei voti. Ma il vicepresidente respinge ogni pressione: “La presidenza appartiene agli americani – scrive in una nota -. Non ritengo che i padri fondatori volessero investire il vicepresidente con l’autorità unilaterale di decidere quali voti devono essere contati e quali no”.
Trump: “Biden ha avuto 80 milioni di voti grazie ai computer” – A nulla sono serviti i suoi comizi e i tweet infuriati contro le frodi mai dimostrate del voto per posta. Ora anche la Georgia finisce nelle mani degli avversari politici, consegnando al prossimo inquilino della Casa Bianca – almeno fino alle elezioni di midterm – due anni in cui l’amministrazione entrante ha la maggioranza nei due rami del Congresso. Anche i ballottaggi, per Trump, sono stati “rubati”, “truccati” dai democratici e a pochi minuti dalla seduta del Congresso, bolla come “deboli” i repubblicani che intendono certificare la vittoria di Biden. Trump ha ribadito di aver vinto con 75 milioni di voti, “di gran lunga più della prima volta”, mentre Biden ne ha avuti 80 milioni con i computer. Il presidente ha attaccato i media, “il problema più grande”, e Big Tech. “Abbiamo avuto 75 milioni di voti e dicono che ho perso. Qualcuno crede che Joe (Biden) ha avuto 80 milioni di voti? Ha avuto 80 milioni di voti grazie ai computer“. Una cosa da “terzo mondo”, ha detto Trump, sostenendo che i democratici “hanno usato la pandemia per truffare il popolo”. Poi ha invitato i suoi sostenitori a fare pressioni – come lui stesso ha fatto – sul vicepresidente Mike Pence, che presiede la sessione congiunta del Congresso per certificare la vittoria elettorale di Joe Biden. “Se fa la cosa giusta, vinciamo le elezioni”, ha continuato. “Ha il diritto di assoluto di farlo, per proteggere il Paese e la Costituzione“, ha proseguito, sostenendo che “gli Stati voglio rivotare e ricertificare” l’esito elettorale. “Tutto quello che il vice presidente deve fare è rimandare indietro agli stati (i voti) per la ricertificazione”. “Se Pence non lo farà – ha aggiunto il presidente – sarà un giorno triste per il nostro Paese”.
La guerra nel Grand Old Party – Anche quelli che avevano scommesso su Trump e sul suo appoggio elettorale, oggi rivelatosi perdente, dovranno riflettere se non sia il caso di fare un passo indietro. Alcuni esponenti hanno già cominciato ad accusarlo della sconfitta al Senato per aver diviso il partito, per averlo imbarazzato con le sue indebite minacce al segretario di Stato repubblicano della Georgia, per aver scoraggiato l’afflusso dei sostenitori con le sue accuse di brogli. La sconfitta al Senato segnerà il futuro del partito di Abraham Lincoln ma anche quello dello stesso Trump, minando le sue ambizioni di ricandidarsi nel 2024. The Donald comunque non è tipo da gettare la spugna, se non altro perché se non resta al centro del ring avrà molte più difficoltà a gestire gli ingenti debiti finanziari della sua holding e lo spettro di una mezza dozzina di inchieste. Uno dei suoi ultimi atti potrebbe essere la grazia preventiva ai suoi famigliari e a se stesso, direttamente o cedendo temporaneamente i poteri a Mike Pence. Sempre che il vicepresidente si presti, dato che pure lui ha nuove ambizioni per la Casa Bianca e non vuole compromettersi oltre il necessario. Ma la clemenza presidenziale non gli farebbe da scudo contro i reati statali, come quelli su cui sta indagando la procura di New York per accertare se la Trump Organization abbia commesso frodi bancarie, assicurative e fiscali.