Ricorso bocciato. Il Consiglio di Stato dice no, almeno per ora, alla richiesta di Piercamillo Davigo di tornare al Consiglio superiore della magistratura. Funzione che ha dovuto abbandonare prima della scadenza del suo mandato di consigliere perché ha compiuto 70 anni con la conseguente pensione da magistrato. Si tratta di una conferma della decisione del Tar del Lazio che aveva già bocciato come inammissibile il suo ricorso contro la delibera del Csm che lo ha dichiarato decaduto dal ruolo.

L’appello contro la pronuncia del Tar “non è fondato e va respinto” ha stabilito la V sezione, facendo proprie le argomentazioni del giudice amministrativo di primo grado. Il Tar aveva chiuso il caso senza nemmeno entrare nel merito delle ragioni per le quali Davigo giudica la decisione del Csm illegittima e adottata in violazione della legge e della Costituzione. Lo aveva fatto sostenendo la propria incompetenza perché quando si tratta di incarichi elettivi, al giudice amministrativo spettano le sole controversie sulla regolarità delle operazioni di voto. Non invece quelle su ineleggibilità e decadenza, che sono proprie del giudice ordinario.

Un ragionamento che non fa una piega, secondo il Consiglio di Stato che con la sua sentenza ribadisce come Davigo abbia sbagliato a rivolgersi alla giustizia amministrativa e non invece al giudice ordinario, “dinanzi al quale – sottolinea la sentenza – la lite potrà essere riproposta“. Come già aveva fatto il Tar del Lazio il Consiglio di Stato riconosce l’unicità di un caso che non ha precedenti e per questo ha disposto la compensazione delle spese di giudizio tra le parti che si sono costituite: non se ne dovrà dunque fare carico solo Davigo ma anche il Csm e il ministero della Giustizia, che si sono opposti al suo ricorso. L’ex magistrato, una delle figure chiave del pool di Mani pulite, nel 2018 era stato eletto al Csm con moltissimi voti. Per ora lui non ha voluto commentare la decisione del Consiglio di Stato. Non è detto però che la querelle si chiuda qui.

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