La stesura del report, a cui hanno partecipato oltre 800 docenti, ha riguardato gli insegnanti delle scuole di ogni ordine e grado e Università. Dalle stime è emerso comunque che lo stress dei docenti è significativamente accresciuto rispetto ai periodi di lavoro tradizionale, anche in una situazione non compromessa dal punto di vista della rete Internet
“La scuola va tenuta chiusa fino alla fine dell’emergenza sanitaria”. A dirlo sono due insegnanti su tre. I docenti, pur tra tante difficoltà, sono convinti che la didattica on line sia efficace. Il mantra dei maestri e professori contrari alle lezioni da casa è scalfito dal report La scuola in transizione: la prospettiva del corpo docente in tempo di Covid-19, presentato ieri dall’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche. L’indagine, a cui hanno partecipato oltre 800 docenti, ha riguardato gli insegnanti delle scuole di ogni ordine e grado e Università. Nessuno dimentica le difficoltà che ha dovuto affrontare durante la primavera scorsa e in questi primi mesi dell’anno scolastico, ma per la maggior parte dei docenti fotografati in questo monitoraggio la didattica a distanza è stata ed è un’opportunità.
Restano chiaramente sul tavolo i problemi. La carenza tecnologica ha probabilmente contribuito a elevare il fattore di stress dei docenti che secondo le stime è significativamente accresciuto rispetto ai periodi di lavoro tradizionale, anche in una situazione non compromessa dal punto di vista della rete Internet. La necessità di avere una connessione stabile per portare a termine efficacemente l’attività di didattica online ha incoraggiato molti docenti ad attivare nuove tipologie di accesso alla rete più performanti: se prima del lockdown solo il 48,5% dei maestri e professori aveva un collegamento con la fibra ora si è passati a un 63,1%.
Tuttavia, il 12% degli insegnanti rispondenti hanno affermato che la connessione casalinga non è stata sufficiente per gestire la didattica online. Relativamente alla variazione del carico di lavoro in didattica a distanza, rispetto a quella tradizionale, il corpo docente ha espresso un giudizio polarizzato a seconda del grado scolastico, diminuito per chi lavora nei nidi, invariato per chi lavora nel terzo ciclo dell’istruzione, mentre è aumentato per i lavoratori degli altri ordini di scuola.
Gli educatori dei nidi e delle scuole dell’infanzia hanno beneficiato, nel periodo di sospensione della frequenza scolastica, di una ridotta richiesta di interazione con la propria utenza a causa della loro giovanissima età, mentre i docenti universitari, presumibilmente, hanno potuto contare sull’elevato grado di autonomia dei loro studenti che ha condizionato il loro carico di lavoro in maniera limitata. “Sul piano metodologico – spiegano i ricercatori – l’aggiornamento professionale dei docenti si configura come una leva strategica per sostenere l’agire educativo e didattico degli insegnanti. L’indagine ha restituito una fotografia che illustra una partecipazione nutrita dei docenti alle attività formative inerenti o contigue all’innovazione didattica, quali le piattaforme didattiche o le App utili all’apprendimento. Tuttavia, l’attivazione su larga scala della didattica a distanza conseguente all’emergenza sanitaria ha messo in luce il gap di competenze dei docenti in connessione alle tecnologie digitali. Ciò ha spinto una parte di essi a partecipare ad attività formative o di aggiornamento su questi temi”.
Gli interessi degli insegnanti sono cambiati: prima della pandemia si concentravano sui temi delle competenze trasversali e della privacy mentre in questo nuovo tempo gli insegnanti hanno partecipato in larga parte a occasioni formative dedicate all’utilizzo di piattaforme didattiche e della creazione di videolezioni e/o di formazione sulle app utili all’apprendimento.