Sette dirigenti di Arcelor Mittal sono accusati di essere stati a conoscenza della situazione della gru “DM5”, sulla quale è morto il 38enne Cosimo Massaro durante un tornado. Sette anni fa, su quella stessa gru, era morto in una situazione metereologica simile un altro operaio, Francesco Zaccaria. Chiesta l'archiviazione per altri due addetti
La gru “DM5” dell’ex Ilva di Taranto – sulla quale il 10 luglio 2019, durante un tornado, è morto l’operaio 38enne Cosimo Massaro – era “in esercizio da oltre trent’anni in pessimo stato di conservazione”. È quanto scrive il pubblico ministero Raffaele Graziano nell’avviso di conclusione delle indagini notificato nelle scorse ore a 7 dirigenti di Arcelor Mittal a cui viene contestato di essere stati pienamente a conoscenza di quella situazione emersa ben sette anni prima quando su quella stessa gru era morto, in una situazione metereologica simile, un altro operaio, Francesco Zaccaria.
Nel registro degli indagati è finito anche il nome di Stefan Michel Van Campe, gestore per ArcelorMittal Italia dello stabilimento siderurgico di Taranto, Vincenzo De Gioia capo Divisione “Sbarco materie prime parchi primari e rifornimenti”, il capo Area “Sbarco materie prime” dello stabilimento Carmelo Lucca, Giuseppe Dinoi capo Reparto di esercizio, Andrea Dinoi capo del Reparto di manutenzione elettrica della fabbrica, Mauro Guitto capo del Reparto manutenzione meccanica di ArcelorMittal e infine Teodoro Zezza, capo del turno precedente rispetto a quello durante il quale è avvenuto l’incidente mortale di Massaro. Inizialmente erano indagati anche Domenico Blandamura, capoturno di esercizio del IV sporgente, e Stefano Perrone, membro della squadra di esercizio del IV sporgente, ma per loro il pm Graziano ha chiesto l’archiviazione.
Nei confronti dei sette, i reati contestati sono di omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro e cooperazione omicidio colposo. Dalle attività di indagine, svolte dai tecnici dello Spesal, dalla capitaneria di Porto e dai poliziotti della sezione di polizia giudiziaria della procura di Taranto, è emerso che gli indagati avrebbero consentito l’utilizzo della gru non sicura per gli operai: per l’accusa, i lavoratori non dovevano operare su quella struttura di sollevamento che “risultava in esercizio da oltre trenta anni in pessimo stato di conservazione”. Ma anche le altre gru, con le quali vengono scaricate dalle navi le materie prime poi stoccate nel parco minerali dell’ex Ilva, non erano in condizioni migliori. Anzi.
Altre due gru – DM6 e DM8 – sono state infatti coinvolte nell’incidente: i due operai che erano nella cabina di manovra si sono salvati solo perché si sono lanciati sulla banchina durante la caduta delle imponenti strutture. Ma la colpa, per la procura, non è del tornado, ma delle cosiddette “tenaglie antiuragano” delle gru: i dispositivi che avrebbero dovuto resistere a quelle raffiche di vento “non venivano – secondo l’accusa – installati ed utilizzati in conformità alle istruzioni di uso, comportando con ciò persino l’impossibilità di verificare lo stato di usura degli stessi, in condizioni quindi di evidente pericolo per i dipendenti della Arcelor Mittal Italia Spa” e “consentendo – si legge negli atti di inchiesta – la prosecuzione delle lavorazioni in quota malgrado le avverse condizioni meteo che esponevano il personale a inaccettabile rischio che non veniva minimamente valutato”. Insomma, gli operai non dovevano trovarsi a quell’altezza sulle gru in quelle pessime condizioni e con quelle condizioni meteo.
Ai vertici di Arcelor Mittal viene inoltre contestata anche la mancata adozione di un “documento contenente la valutazione del rischio connesso ad avverse condizioni meteo” in grado di stabilire come operare in sicurezza “in caso di pericolo ed emergenza”. Anche l’azienda Arcelor Mittal Italia è stata coinvolta nel procedimento penale: per il pm Graziano grazie alla “mancata adozione” di misure precauzionali, della valutazione dei rischi e degli interventi di messa in sicurezza, la società avrebbe ottenuto un “ingiusto profitto derivante dal risparmio sui costi della sicurezza”.