Per la ministra dell’Agricoltura Teresa Bellanova il tempo sarebbe già finito. Quella della Famiglia Elena Bonetti vuole (ancora) una motivazione sul no al Mes. Se l’anomala pre-crisi che dura da un mese doveva essere risolta sotto il profilo politico le ministre di Italia Viva fanno intendere che nemmeno oggi c’è la volontà di distendere i toni. Se invece il punto doveva essere il merito, per Bellanova e Bonetti il risultato delle 13 cartelle del nuovo testo del Recovery plan pare non sia soddisfacente nemmeno a questo giro. E però parlano dei budget dei rispettivi ministeri, più o meno esclusivamente, cambiando di nuovo il centro della discussione (che, come si ricorderà, Matteo Renzi aveva fissato sulle poche risorse per sanità, turismo, cultura). Insomma: è partito l’assalto alla diligenza, al pacco di miliardi che arriveranno dall’Unione europea per fronteggiare la crisi causata dalla pandemia.
E se questi sono i segnali, il vertice di questa sera alle 18, quando Giuseppe Conte vedrà i capidelegazione, rischia seriamente di trasformarsi nella resa dei conti finale, nonostante le modifiche al testo fossero state apprezzate dai restanti tre partiti di maggioranza. La riunione di stasera intanto sarà allargata: in rappresentanza di M5s, Pd, Italia Viva e Leu non parteciperanno solo Alfonso Bonafede, Dario Franceschini, Teresa Bellanova e Roberto Speranza, ci saranno i due esponenti di ciascun partito delegati a seguire il piano. Questa mattina è arrivata la convocazione per la riunione, alla quale dovrebbero prendere parte anche i ministri Roberto Gualtieri, Stefano Patuanelli, Enzo Amendola e Peppe Provenzano, oltre al sottosegretario Riccardo Fraccaro. Non è dato sapere se Italia viva manderà finalmente Renzi o continuerà a parlare tramite luogotenenti. Ieri il senatore di Firenze si era detto pronto ad abbandonare la maggioranza in caso di sprechi. “Qualcuno dice che si opporrà ad ogni tipo di spreco nel Recovery Plan. Benissimo, siamo noi quelli che in Italia hanno combattuto contro vitalizi, aerei di stato inutili e pensioni d’oro. Il Movimento 5 Stelle è pronto ad accettare la sfida”, dice oggi Bonafede.
I renziani dal canto loro evocano la crisi, fino all’estremo, senza però fare la prima mossa, senza arrivare alla responsabilità finale di uscire dalla maggioranza e aprire ufficialmente la crisi. Le parole della capodelegazione Teresa Bellanova a Ore 14, su Rai2 sembrano definitive eppure lasciano a Conte il cerino: “Il premier dovrebbe prendere atto che questa esperienza è al capolinea e dire se siamo in grado tutti di ripartire. Il tempo per quanto mi riguarda è finito: ora servono risposte. Sono mesi che chiediamo un accordo programmatico perché non si può andare avanti con un Dpcm o un decreto alla settimana. Noi critichiamo e avanziamo proposte: il punto è se le proposte vengono accolte”.
Le ultime, tra le tante, sono state esposte dalla stessa Bellanova e dalla collega Bonetti a reti quasi unificate, visto che in 12 ore hanno girato molte emittenti tv e radio. “Ci sono problemi, interventi mancanti su agricoltura e tutela del territorio: per filiere e meccanizzazione servono almeno 4 miliardi, con 1,8 non è possibile” ha detto la Bellanova a Radio 24. Quasi in contemporanea la Bonetti, che ha le deleghe a pari opportunità e la famiglia, a Radio Anch’io su Rai Radio1 si è giocata la carta del Family Act: “Per noi era fondamentale e io non ho trovato un euro in più e soprattutto viene un po’ sfumato all’interno della proposta. Non è detto quindi che il piano arrivato risponda davvero alla strategia“.
E quindi sono pronte a consegnare un documento, l’ennesimo. “Diremo quello che ci convince e quello che non ci convince”, anticipa Bellanova. “Ci stiamo lavorando per evitare interpretazioni e retroscena del tutto infondati“. Secondo la ministra “quelli posti da Iv non sono problemi di spartizione di potere ma problemi che riguardano la vita degli uomini e le donne di questo Paese“. Concetto ripetuto poco dopo a Omnibus su La7: “Conte scenda dalla sua torre d’avorio e cominci a confrontarsi al pari degli altri su cosa serve davvero al Paese, su come si risponde alle emergenze”. Per poi rincarare: “Noi stiamo facendo un grande sforzo perché per me il tempo è già finito. Ora bisogna dire effettivamente cosa si vuole fare. Conte vuole misurarsi con la soluzione dei problemi? Allora non minacci di andare in Parlamento, perché quella non è una minaccia: in Parlamento bisogna andare per avanzare delle proposte. Se si ha il consenso si governa altrimenti si passa la mano”.
Ragionamenti che sembrano prescindere del tutto dalla nuova bozza di Recovery plan, riscritta per rispondere alle richieste dei renziani su sanità, istruzione, occupazione giovanile e peso degli investimenti rispetto ai bonus. L’antifona del resto si era capita già giovedì sera, quando l’ex premier di fronte al nuovo documento aveva nuovamente evocato il Mes: “Mi spiegate perché non mettete i 36 miliardi sulla sanità?”. E non a caso oggi è la Bonetti a tirare ancora in ballo quella “opportunità straordinaria per il nostro paese di cambiare il volto della sanità” usando “risorse praticamente a tasso zero” e a chiedere “la motivazione di un eventuale no”. Lo stesso “vale per la delega ai servizi segreti“: l’altra condizione posta da Italia viva è che Conte la ceda.