Il suo è un ritorno in grande stile. Con una spruzzata di “leghismo”, visto che tutta la campagna elettorale è stata improntata sull’importanza da restituire alla Lombardia e alle società del Nord. E con un pizzico di sano familismo: in questa sua ennesima avventura ha scelto di farsi accompagnare dal giovane Mario, suo nipote, anche lui eletto in consiglio. Ha avuto la meglio per una manciata di voti dello sfidante Alberto Pasquali
Carlo Tavecchio presidente. Non è un refuso, un vecchio titolo di giornale che per sbaglio risalta agli onori della cronaca, e nemmeno uno scherzo (di pessimo gusto). L’ex numero uno della FederCalcio è tornato per davvero: è riuscito a farsi eleggere a capo del Comitato Lombardia dei Dilettanti, suo vecchio feudo, da dove era cominciata la sua scalata ai vertici del pallone italiano, culminata nella disastrosa esclusione della nazionale ai Mondiali 2018. Sono passati poco più di tre anni dal famoso pareggio con la Svezia, a cui seguirono le inevitabili dimissioni che sembravano aver messo fine alla sua carriera politica. A 77 anni, invece, Tavecchio ha ancora bisogno del pallone, ed il pallone ha ancora bisogno di lui se per una piccola, e apparentemente insignificante elezione locale, è arrivato a scomodare il più folcloristico presidente federale della storia.
Il suo è un ritorno in grande stile. Con una spruzzata di “leghismo”, visto che tutta la campagna elettorale è stata improntata sull’importanza da restituire alla Lombardia e alle società del Nord. E con un pizzico di sano familismo: in questa sua ennesima avventura ha scelto di farsi accompagnare dal giovane Mario, suo nipote, anche lui eletto in consiglio. Non è stata una passeggiata però. Tavecchio, che ha approfittato del forfait del presidente uscente Giuseppe Baretti, costretto a lasciare il comitato per motivi di salute, ha avuto la meglio per una manciata di voti dello sfidante Alberto Pasquali: 380 a 366 il conto finale, appena 14 preferenze, sufficienti però a tornare in sella.
Sul voto pesa lo spettro dei ricorsi: praticamente scontati, visto il margine risicato, le tante lamentele di disfunzioni della piattaforma e i dubbi sulla modalità di voto online, su cui manca una vera e propria normativa (ci sono già state polemiche nella riconferma del numero uno della Serie B, Mauro Balata). Soprattutto, però, si allunga l’ombra della politica del pallone. Come aveva anticipato ilfattoquotidiano.it, la sua ricandidatura, ora diventata vittoria, si inserisce nella partita ben più importante della presidenza Figc. Tavecchio si è ripresentato fra i suoi Dilettanti con l’appoggio, neanche tanto nascosto, del n.1 della Federazione Gabriele Gravina (con lui in lista anche Valentina Battistini, nome conosciuto a via Allegri).
Una mossa per creare problemi interni a Cosimo Sibilia, capo della Lega Nazionale Dilettanti e unico possibile rivale di Gravina per la guida del calcio italiano. La Lnd da sola vale il 34% di consensi, ma con l’elezione di Tavecchio in Lombardia, Sibilia vede scendere la sua base a circa il 30%. Mentre Gravina pare avere dalla sua il consenso delle Leghe professionistiche, di calciatori e allenatori. Quanto a Tavecchio, secondo alcuni adesso potrebbe puntare addirittura a riprendersi tutto l’impero dei Dilettanti, ma per candidarsi contro Sibilia avrebbe bisogno della designazione di cinque Regioni, non gli basterà la sua Lombardia. Di sicuro, invece, non potrà entrare nel consiglio della Figc perché ha già esaurito i tre mandati stabiliti dalla Legge Lotti. Intanto però Tavecchio è tornato. Al calcio italiano evidentemente era mancato.
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