“Il 78% degli italiani, indipendentemente dal partito votato e dall’appartenenza politica, pensa non sia il momento per aprire una crisi di governo“. Non solo. “Il 58% di chi sa che c’è una crisi pensa sia solo una fastidiosa manovra di palazzo che non influirà affatto sulla vita degli italiani, la percepisce come un gioco di poltrone e di potere”. Parole di Antonio Noto che racconta in esclusiva a ilfattoquotidiano.it l’ultima rilevazione dell’osservatorio sull’opinione pubblica di Noto Sondaggi. Se dall’estero la crisi al buio innescata da Renzi appare una follia irresponsabile, anche gli italiani sembrano pensarla così, che brigare per mandare a casa l’esecutivo in piena pandemia non sia affatto una buona idea.
LA CRISI, QUESTA “SCONOSCIUTA”
“Partiamo dal presupposto che solo il 15% degli italiani segue la politica in maniera assidua e sa quali sono i fatti politici di attualità. Solo il 10% degli italiani è a conoscenza del fatto che ci potrebbe essere a breve una crisi di governo. Quindi, al di là del giudizio che esprimono sulla possibilità che ci sia o meno, si può dire che nella realtà questa crisi è praticamente sconosciuta agli italiani”. C’è dunque un livello di percezione molto basso. Ma anche di adesione. “Il dato poi – spiega Noto numeri alla mano – è che il 78% degli italiani, indipendentemente dal partito votato e dall’appartenenza politica dice che non è il momento per fare una crisi di governo. Solo il 15% segue le cose della politica, ma anche sondando questo zoccolo duro si capisce benissimo cosa stia succedendo”. E allora, che cosa sta succedendo? “Che la crisi che riempie i giornali, fa tremare i palazzi e interroga i nostri partner europei in realtà è ignota ai più, e pure disconosciuta da quelli che la seguono, per i quali aprirla al buio in piena emergenza sanitaria non solo è poco comprensibile o irresponsabile, ma per il 58% assume anche la connotazione fortemente negativa da manovra di Palazzo”. Una bocciatura trasversale, per altro.
ANCHE I RENZIANI BOCCIANO RENZI
“Il giudizio negativo è trasversale, prescinde dal credo politico tanto che toglie consenso a Renzi anche tra chi lo votava”. Da che ha ingaggiato il braccio di ferro con il governo e con Conte, la fiducia nel leader di Italia Viva è scesa di due punti. “Renzi non ha mai avuto livelli alti: prima viaggiava intorno al 16%, ma da che ha innescato lo strappo con successivo logoramento è calata al 14%”. Secondo le rilevazioni di Noto Sondaggi la rottura con Conte, viceversa, non ha danneggiato il premier. “La fiducia verso Conte è in decremento stabile: Conte oggi è al 38%, teniamo presente che in primavera era intorno al 49%”. Per Noto il decremento non ha a che fare con gli equilibri del governo ma con la gestione della crisi economica e sanitaria. “Non c’è stato un decremento significativo in queste settimane, che invece c’è stato su Renzi ed è ben visibile”.
“FASTIDIO NEI CITTADINI-ELETTORI”
Che non fosse il momento di aprire una crisi lo pensano perfino gli elettori del centrodestra, l’area politica che in teoria avrebbe il massimo vantaggio dal voto. “Neppure i suoi leader gridano al voto al voto – sottolinea Noto – Tutto l’elettorato di riferimento sa che con questa crisi il centrodestra non potrà governare. La mia opinione a questo punto è che pochi lo sanno, nessuno ci crede. Quindi che qualsiasi governo esca fuori, che sia un Conte Ter o il governo con altro candidato premier, questo passaggio sarà vissuto come fastidioso dagli italiani cui in questo momento fa fatica anche solo pensarlo”.
PRIMA DEL LAVORO, LA SALUTE
La conferma arriva dai dati sulle priorità del Paese, dove si misura l’allineamento delle opzioni della politica rispetto alle necessità dei cittadini-elettori. “Perché è indubbio, dai dati, che gli italiani in questo momento abbiano a cuore soprattutto l’emergenza sanitaria: lo pensa il 66% degli italiani. Prima del Covid, quando facevamo questa domanda, le prime indicazioni erano il lavoro, l’economia e il Fisco, poi la sicurezza. Il problema sanitario non rientrava neppure tra i primi 10. Adesso ha superato l’indicazione del problema del lavoro che viene dopo, al 59-60%. Poi vengono l’economia, il Fisco e tutti gli altri. C’è un’enorme differenza tra l’indicazione del problema sanitario rispetto a tutti gli altri problemi storici dell’Italia e questo non è cambiato affatto nelle ultime settimane, anzi”.
Ma chi si avvantaggia dalla crisi? “Per consenso non certo Renzi, lo si vede. Ma anche la Lega e Salvini che diamo intorno al 24,5%, quindi primo partito ma insidiato dalla Meloni. La fiducia in lei si conferma superiore a quella di Salvini mentre per lungo periodo è stato lui il leader che riscuoteva più fiducia dopo Giuseppe Conte, che resta primo, seguito proprio dalla Meloni”.
IL PARTITO DI CONTE? VALE IL 10% (MA PUO’ SALIRE)
Conte, dunque, quanto vale? “Lo quotiamo attorno al 10%. Ha avuto un decremento ma va contestualizzato perché è forse il soggetto dal potenziale più interessante in questa fase”. Noto Sondaggi lo monitora da che se ne parla, cioè dall’avvio del governo giallo-rosso. “A primavera, con la prima ondata, il consenso verso un partito cucito attorno al premier era intorno al 15%. Adesso la fiducia in Conte si è ridotta in maniera non marginale ma stabile, cioè non in conseguenza di vicende specifiche ma del logoramento che la lunga crisi ha portato”. Tanto che, per altro verso, proprio il “partito di Conte” potrebbe cambiare significativamente lo scenario. “Un eventuale suo partito prende voti non solo da Pd e M5S, anzi da loro ne prende pochi, prende molto da un elettorato che nelle ultime elezioni non è andato a votare, da elettori volatili non fidelizzati. E prende anche in maniera significativa da Forza Italia”. Quindi è anche il partito suscettibile di crescere di più, tanto che “il saldo potrebbe essere positivo con un partito di Conte, nel senso che la coalizione potrebbe valere di più della sommatoria tra Pd e M5S”.
PD, LA FORZA IMMOBILE
E il Pd, appunto? “Il Pd è strano, gode dei problemi altrui. E’ un partito fermo, io stesso che faccio questo lavoro non so dire quale sia la sua strategia e il suo progetto politico. Eppure resta ancorato attorno al 20%. Mentre il M5S sta perdendo anche durante questa pandemia (è passato dal 16% di marzo al 14% di adesso), nella realtà il Pd rimane fermo ma c’è una spiegazione di scenario e di contesto: il PD insieme a pochi altri partiti come Fratelli D’Italia ha uno zoccolo duro ideologico, bene o male che facciano leader, dirigenti o amministratori riceve i voti di un elettorato fortemente fidelizzato per motivi ideologici. Il consenso dunque non è un indicatore del giudizio sull’operato del partito e dei suoi vertici politici. Il concetto è che posso anche essere critico su Zingaretti, ma poi voterò lì perché sono di quell’area”. Detto altrimenti, “l’elettorato della Lega è fortemente influenzato dalla figura di Salvini, il consenso del Pd non è influenzato da Zingaretti”.