Sono trenta anni che frequento, per professione e per questioni genealogiche, il piccolo imprenditore del nostro paese, tipico e caratteristico nel panorama del mondo industriale occidentale per ragioni storiche, antropologiche e culturali anche trattate su queste pagine.
In questo ultimo periodo, però, mi si rivolge sempre più frequentemente una insolita domanda di assistenza relativa al problema della gestione dei ridotti livelli di produttività dei propri esigui collaboratori che sembra essere legata anche agli stati depressivi prodottisi in questo ultimo anno.
Una richiesta che parte da un assunto sbagliato: i piccoli imprenditori aggregano in un unico campione di valutazione quasi tutte le risorse umane a loro disposizione e non individuano invece i veri responsabili del calo di produttività.
Ecco l’errore!
L’imprenditore deve innanzitutto riconoscerli (soprattutto a se stesso) per sviluppare gli “anticorpi” gestionali.
Sulla base della nostra esperienza, abbiamo più volte constatato che il piccolo imprenditore si rifiuta di individuarli perché influenzato dal tipico delirio di onnipotenza di non dare la giusta importanza al contributo dei lavoratori perché convinto del fatto che il successo della propria azienda, quasi sempre composta da un numero limitato di risorse umane, sia soprattutto merito suo (ed al massimo dei propri familiari).
Il problema sta tutto nel riconoscimento formale dei cosiddetti s-collaboratori, quel particolare genere di risorsa umana che, anche se produttivo e competente, rappresenta una fonte di costante preoccupazione per l’azienda.
Specialista del problem creating, il dipendente s-collaboratore è sempre in disaccordo con le decisioni dell’azienda, spesso non rispetta gli impegni/eventi e produce energia negativa per il gruppo di lavoro creando un effetto emulazione per cui le persone attorno a lui producono poco e manifestano le stesse problematiche
Questo tipo di dipendente, con i suoi comportamenti, produce sul piccolo imprenditore effetti che rappresentano dei freni nella attività gestionale.
Quali?
- Effetto Fila: l’imprenditore si ritrova costantemente, fuori dalla porta dell’ufficio, la fila di collaboratori che si lamentano; passa molte ore del suo tempo a dover gestire i problemi delle persone che, interagendo di routine o incidentalmente con lo s-collaboratore, sono stati trattate a pesci in faccia o hanno avuto attriti o diverbi.
- Effetto suocera: ogni volta che l’imprenditore ha a che fare con lo s-collaboratore, deve stare super attento a come si esprime, quali parole usa, che idee propone, cercando in tutti i modi di non creare malcontento o di non esporsi a potenziali critiche; ogni iniziativa o proposta deve essere “filtrata” per non offendere o creare risentimento allo s-collaboratore, che comunque non sarà d’accordo
- Effetto del disco rotto: l’imprenditore si ritrova costantemente a dover gestire sempre gli stessi disaccordi con lo s-collaboratore; spiega, spiega e rispiega, il disaccordo sembra gestito e invece no, tutto riemerge ancora una volta, e ancora, e ancora. Sempre le stesse discussioni, sempre gli stessi problemi.
- Effetto dell’ospite in casa propria: l’imprenditore, temendo di essere abbandonato da uno s-collaboratore competente e produttivo, evita in ogni modo di entrare nel suo “territorio”; accetta a scatola chiusa le scelte e i punti di vista dello s-collaboratore e si rimette al suo insindacabile parere; così facendo evita di entrare nel merito e addirittura nell’ufficio dello s-collaboratore, sentendosi estraneo in casa propria.
- Effetto dell’impossibile: l’imprenditore si sente frustrato dai continui “non è possibile”, “è difficile”, “bisognerebbe cambiare tutto” che, quando provengono da uno s-collaboratore competente, vengono accettati come pareri autorevoli ed erodono la carica positiva dell’imprenditore
A questo punto mi viene rivolta un’altra domanda: una volta individuati, come si gestiscono gli s-collaboratori?
Fino a prima della pandemia l’unica soluzione che gli imprenditori proponevano era molto semplice: me ne devo liberare al più presto!
Ma abbiamo visto nelle settimane scorse che, proprio in questi momenti di crisi, la familiarità (che non significa armonia) nei team di lavoro fa la differenza.
La soluzione sta invece proprio nel fondamentale e spesso evitato passaggio del riconoscimento che deve, in una azione di coinvolgimento e non di disgregazione, diventare di dominio collettivo in una piccola azienda.
In tal modo si evita l’effetto dell’appiattimento valutativo che non accredita invece il contributo dei dipendenti collaborativi e soprattutto, riconoscendosi nei comportamenti talvolta parossistici, gli s-collaboratori correggono gli atteggiamenti perché assumono consapevolezza degli effetti.