Dopo le schede e le bufale culminate con l’infelice eufemismo dei “carburanti circolari da rifiuti” contenuto nella bozza del 29 dicembre, ecco che il governo, posto sotto ricatto da Matteo Renzi il “Rottamatore” (o sfasciacarrozze!) cerca di correre ai ripari con una bozza del 7 gennaio che sembra come l’oroscopo dove si può trovare tutto e il contrario di tutto. Ciò che colpisce, così, è l’assenza di respiro e di una prospettiva circa una governance in grado di intercettare l’immediato presente ed il futuro.
Il governo è di fonte ad un bivio: o proseguire sulla vecchia e fallimentare strada dei governi precedenti improntata al “modello lineare” dello spreco e di foraggiamento delle oligarchie industriali da sempre assistite, oppure imboccare la via della conversione ecologica, ancorché graduale ma decisa. In questo senso devono essere investiti i soldi del Recovery Plan.
Lo scontro appare politico e di potere. Esso avviene tra chi, dentro questo governo, ha capito che bisogna davvero cambiar rotta e chi come gran parte di Italia Viva e del Pd (ma forse anche dello stesso Movimento 5 stelle) continua a porsi nell’inerzia delle corporazioni dell’industria sporca.
I 209 miliardi e più provenienti dall’Ue non possono essere spalmati attraverso logiche clientelari e di collateralismo ai poteri di sempre. Logiche vecchie, patologiche e di “settore”. Al contrario, l’insieme del progetto deve prevedere progetti resilienti e complementari unitariamente attraversati dal comune obiettivo di rinaturalizzare l’economia e i modelli sociali.
La rivoluzione di “Rifiuti Zero” è alla base di questo percorso come dimostrano i dati del rapporto Ispra sui rifiuti solidi urbani 2020 relativo al 2019. L’Italia raggiunge la media strepitosa del 61,4% di raccolta differenziata facendo registrare il secondo miglior risultato in Europa (incluso ancora il Regno Unito). Ma è l’intero Mezzogiorno a svegliarsi facendo registrare oltre il 50% di Raccolta Differenziata con punte di eccellenza che come nel caso della Sardegna arrivano al 73,6%.
Non solo l’Italia dal basso e del civismo diffuso accompagnata da centinaia di sindaci illuminati ha scoperto che nel cassonetto c’è la nuova miniera urbana in grado di salvare ambiente e rigenerare materiali sempre più scarsi e costosi per l’industria manifatturiera. Si sta anche sempre più scoprendo che le città in crisi devono essere sempre più concepite come “giacimenti urbani” di risorse e di energia oltre che come “sistemi viventi” da rigenerare, liberandoli dall’assedio di traffico, cemento ed inquinamento da polveri e metalli tossici che pesa come un macigno sullo stato di salute della nostra popolazione non a caso duramente colpita dalla mortalità per Covid, gravando pesantemente sui sistemi sanitari.
Non solo, allora, economia circolare ma anche bonifiche di aria, suoli ed acque propedeutiche ad iniziative concrete di prevenzione primaria in campo sanitario. Ma anche, intervenire sulle fragilità idrogeologiche e sugli evidenti squilibri città e campagne con rimboschimenti, incentivazione dell’agricoltura di montagna e di collina, di rigenerazione urbana riportando il verde e la biodiversità e l’agricoltura in città.
Il rilancio della stessa istituzione scolastica non può avvenire senza porre al centro i modelli di rinaturalizzazione e di circolarità insegnando ai giovani come funzionano i cicli naturali. Quest’approccio olistico unifica gli investimenti del green deal a quelli della digitalizzazione e del rilancio di scuola e sanità perseguendo l’obiettivo trasversale della rivoluzione ecologica. Questa visione assume ancor più significato per il rilancio del Mezzogiorno.
Uno dei volani più incisivi in questa direzione è certamente la generalizzazione dei sistemi di raccolta degli scarti porta a porta. Esso appare in grado non solo di risanare interi territori dagli abbandoni e dalle “Terre dei fuochi” ma anche in grado di generare migliaia di posti di lavoro promuovendo ricchezza e inclusione sociale.
Questo piano dev’essere integrato con piattaforme ecologiche e impiantistiche per valorizzare la qualità dei materiali allo scopo di reintegrarli nei cicli manifatturieri e agronomici. Si può così promuovere un nuovo patto tra Nord e Sud, tra città e campagna, tra industria manifatturiera e agricoltura di qualità contribuendo a riconciliare il civismo con la politica ridando orgoglio e peso alle comunità locali.