La corsa del Bitcoin si arresta. Tra domenica e lunedì la criptovaluta ha registrato il peggior calo da marzo, alimentando tra gli investitori l’idea che il boom dell’ultimo anno potrebbe rapidamente esaurirsi. Le quotazioni sono crollate fino al 21% toccando un minimo di 32.389 dollari. Si tratta, secondo Bloomberg, della maggiore flessione da quando i mercati globali sono stati turbati dalla pandemia. Solo tre giorni fa, l’8 gennaio, la monera virtuale aveva toccato il record di 42.000 dollari.
Il calo potrebbe essere un salutare ritracciamento dopo il boom di acquisti di queste ultime settimane, che ha coinvolto anche molti piccoli investitori attirati dal miraggio di guadagni facili. Ma pesa anche il rafforzamento del dollaro, per effetto dell’aspettativa che i tassi sui titoli di Stato Usa aumentino in seguito agli stimoli fiscali che l’amministrazione Biden dovrebbe varare.
Non si può escludere che dietro il crollo ci sia anche la nuova normativa sulle transazioni in criptovaluta proposta dal Tesoro Usa, che in funzione antiriciclaggio attribuirebbe agli intermediari l’obbligo di raccogliere dati personali dei titolari di “portafogli” di monete virtuali non detenuti presso banche o piattaforme registrate. Il segretario al Tesoro Steven Mnuchin l’ha presentata come una regola “mirata a proteggere la sicurezza nazionale, rafforzare l’applicazione della legge e aumentare la trasparenza”. Secondo Jack Dorsey, ad di Twitter and Square, questa novità sarebbe deleteria e “allontanerebbe le attività in criptovaluta dalle entità regolamentate spingendo le transazioni verso i canali offshore e altri canali non regolamentati che sono molto (se non del tutto) meno trasparenti” per la Financial Crimes Enforcement Network, divisione del Tesoro che ha scritto la proposta.