Con la sentenza della Corte di Cassazione sulla strage di Viareggio dello scorso 8 gennaio, si è avuta una giornata ingloriosa per la giustizia italiana. Non è la prima volta, è accaduto per Ustica, l’Italicus e con il Moby Prince. Avevo sollevato questa preoccupazione proprio il primo giorno di seduta della Corte di Cassazione, mi fu chiesta una dichiarazione e dissi che è arduo nel nostro Paese, in certi processi, ricevere giustizia e verità. Questa sentenza l’ha dimostrato, ma non è finita qui.

Il dato più inquietante è che con questa sentenza si è voluto proteggere un sistema cancellando, a differenza di ciò che era stato sentenziato in precedenza, l’aggravante dell’incidente sul lavoro e quindi salvando le società per azioni. Tutelando quel paradigma che è il vero colpevole della strage e cioè il dio profitto che è l’unico totem dell’odierna società che, neanche dinanzi a certi drammi, si può mettere in discussione.

Per la strage di Viareggio la prescrizione già aveva minato la strada della giustizia, erano già andati prescritti l’incendio colposo e le lesioni plurime gravi e gravissime. Con la sentenza dell’8 gennaio, non riconoscendo l’aggravante dell’incidente sul lavoro, è venuto meno anche l’omicidio colposo plurimo. Resta solo il disastro colposo, ma per Mauro Moretti vale anche l’imputazione di omicidio colposo, dato che aveva, errando strategicamente, rinunciato alla prescrizione.

In antitesi a personaggi come il collega di Forza Italia Francesco Giro, che testualmente ha dichiarato: “Sono molto contento per Mauro Moretti. Molto. Nell’appello bis verrà assolto. Ne sono certo”, io credo e auspico che il nuovo processo in appello confermerà ciò che è stato stabilito per due volte in precedenza. La Cassazione del resto è stata chiara ha specificato che ci sono profili di colpevolezza e un disastro ferroviario c’è stato, di conseguenza ci sono i colpevoli si tratta di quantificare le pene.

Chi scrive non ama le carceri, non ama vedere le persone, anche se colpevoli, soffrire; tuttavia credo sia importante che Mauro Moretti vada in prigione e ci resti anche del tempo. Lontano dalle distrazioni montane, potrebbe riflettere su quello che è accaduto e forse trarne un giovamento personale. Temo che lui non abbia ancora compreso le profonde sofferenze che quella strage ha inflitto ad un’intera città. Una strage che si poteva e doveva evitare se si fosse investito in sicurezza e che lui liquidò sostenendo che fosse stato “Uno spiacevolissimo episodio”.

Se avesse avuto contezza dei disastri personali generati da questo che non è stato un episodio, avrebbe chiesto perdono, teso umilmente la mano verso i familiari, non avrebbe licenziato dei ferrovieri “rei” di aver gratuitamente fatto da consulenti ai familiari delle vittime. Se non fosse stato tronfio nella sua tracotanza e senso di impunità, avrebbe rinunciato all’onorificenza di cavaliere del lavoro con cui l’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, a meno di un anno dalla strage, l’aveva insignito. Una vergogna non da Paese civile come ho avuto modo di dire a palazzo Madama direttamente all’ex presidente.

Quando fui eletto in Senato, depositai una mozione sul ritiro del cavalierato a Moretti sottoscritta da 70 colleghi per lanciare dal Parlamento un segnale chiaro. Una mozione che la presidente Casellati mi dicono non ami particolarmente. Ho scritto anche all’attuale presidente della Repubblica affinché direttamente possa riparare a quello che fu un pugno nello stomaco alle vittime, ai familiari a Viareggio, all’intero Paese e al senso di Giustizia. Mi sono rivolto anche direttamente a Moretti, sostenendo “Se sei un uomo rinuncia tu al cavalierato”.

Ma ai potenti sovente perdono il contatto con la propria umanità e, a loro i simboli, le onorificenze piacciono molto. Sono un pasto succulento per il proprio ego che non gli permette di essere empatici e immedesimarsi nel prossimo.

Intanto, la battaglia per la verità e la giustizia e la sicurezza dei trasporti va avanti e ogni cittadino dovrebbe, specie in questo momento, sostenere i familiari delle vittime riuniti nell’associazione Il Mondo che Vorrei (www.ilmondochevorreiviareggio.it) che sono un modello di resistenza e senso civico da cui è bene attingere.

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