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Recovery, ok di Renzi dopo la spinta del Colle: “Approviamo questo benedetto piano”. Conte: “Via libera in Cdm martedì, dobbiamo correre”

L'ex premier, intervenuto a Rtl, non smentisce la telefonata del capo dello Stato, e insiste: "Non si buttino via i soldi che non torneranno mai più. O li spendiamo bene o spendeteli senza di noi". Il capo del governo conferma che il piano sarà approvato "in un Cdm domani sera, dobbiamo correre". La ministra renziana Bonetti: "Con il premier c'è una fiducia istituzionale che è dovuta e che non è mai venuta meno". Ma Italia viva tiene alta la tensione e Orlando avverte: "Tante questioni ancora aperte"

Alla vigilia del decisivo Consiglio dei ministri sul Recovery plan, durante il quale Italia viva dovrebbe sciogliere le riserve sulla ventilata crisi di governo, Matteo Renzi sembra voler accogliere gli appelli arrivati da più parti per non mettere a rischio i 209 miliardi di fondi Ue destinati all’Italia. Dopo settimane di minacce e ricatti, si è aperta una strada. “Approviamo questo benedetto Recovery. Ma mettiamo questi soldi per le cose utili”, ha detto l’ex premier in mattinata a Rtl. “A Conte diciamo: ‘Corri, presenta il Recovery, presenta i ristori“. Parole che suonano come un passo avanti nelle trattative con la maggioranza, o comunque come un congelamento della crisi per poter approvare in tempo il Piano di ripresa – che deve arrivare entro fine mese a Bruxelles – lo scostamento di bilancio e il nuovo decreto per gli indennizzi alle partite Iva chiuse causa Covid. E alle quali si accoda Elena Bonetti, ministra renziana della Famiglia, che a un Giorno da Pecora ha detto: “Faccio parte di un governo e con il presidente del Consiglio c’è una fiducia istituzionale che è dovuta e che non è mai venuta meno. Da un punto di vista umano sto aspettando dal presidente Conte che si assuma la responsabilità del ruolo che ha. E che quindi ci dia delle risposte”.

Cosa è cambiato nelle ultime 24 ore? Come riportano diversi quotidiani, tra cui Repubblica, Corriere e La Stampa, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha esercitato la sua moral suasion sui leader dei partiti. La spinta del Colle, ragiona il quirinalista di via Solferino, non va nella direzione di interferire nelle dinamiche politiche (anche perché non è tra le sue prerogative), ma nel dare precedenza alle vere priorità del Paese, spostando un po’ più in là l’eventuale caduta dell’esecutivo. Ed è rilevante che Conte, in un’intervista al Tg3, a proposito della crisi di governo abbia citato il discorso di fine anno del capo dello Stato. “Lavoriamo per costruire, il momento è così difficile che dobbiamo mettercela tutta per offrire risposte ai cittadini”, dice il premier confermando che il Recovery sarà approvato “in un Cdm domani sera, dobbiamo correre”.

Renzi, interpellato sul punto, non smentisce la telefonata ricevuta dal capo dello Stato. Anzi: “Il presidente della Repubblica ha detto parole che condividiamo”, ha detto. Ma ha anche rimarcato l’indipendenza delle sue scelte: Mattarella “non va tirato per la giacchetta: in Italia il presidente è un arbitro, non dice a un dirigente politico quello che deve fare“. Il fondatore di Iv ha ribadito quindi di non essere interessato alle “poltrone“: per lui l’importante è che “non si buttino via i soldi che non torneranno mai più. O li spendiamo bene o spendeteli senza di noi. Io voglio avere la coscienza a posto”. Un concetto ripetuto più volte al giorno da giorni, e rilanciato ancora una volta a L’Aria che tira su La7: “Non mi interessa se Conte va al Quirinale o non va al Quirinale, ma che tirino fuori questo benedetto documento perché finora sono solo chiacchiere. Quando arriverà lo valuteremo, se non siamo d’accordo diciamo ‘amici come prima, noi le nostre poltrone ve le ridiamo”. In sostanza tira un colpo al cerchio e uno alla botte, non escludendo fino all’ultimo l’opzione di far saltare il banco. “Una cosa sono i post, i tweet e le storie su Instagram”, dice, riferendosi al post pubblicato su Facebook dal presidente Conte nella serata di sabato. “Una cosa sono i documenti. Io non so dire se ci hanno dato ragione, lo saprò quando ci daranno i documenti“. Infine l’ennesimo attacco al portavoce del premier: “L’idea di essere “asfaltato” da Rocco Casalino era una cosa che non avevo considerato quando ho cominciato a fare politica, non mi preoccupa né mi esalta come prospettiva”, conclude, citando le parole che Repubblica ha attribuito allo stesso Casalino in un retroscena. “Smentisco categoricamente i virgolettati e le ricostruzioni che mi vengono attribuiti oggi in un articolo”, la reazione del portavoce.

L’ordine del giorno del Consiglio dei ministri e l’attesa per la bozza – Il Recovery plan dovrebbe essere l’unico punto all’ordine del giorno del Consiglio dei ministri in programma domani sera. Sul tavolo, a quanto si apprende da più fonti di governo, non ci sarebbe il nuovo decreto Covid, né l’annunciato nuovo scostamento di bilancio. La riunione non è ancora convocata, ma è probabile che si tenga nella tarda serata o nella notte di martedì. La bozza del piano non sarebbe ancora stata inviata ai partiti, ma è attesa nelle prossime ore.

Italia viva però tiene alta la tensione, Bellanova: “Io e Bonetti ancora pronte a dimetterci se non arrivano le risposte” – Anche gli altri big di Italia viva seguono la strategia del loro leader. Se Bonetti manifesta “fiducia istituzionale” in Conte, subito dopo aggiunge che “alle nostre richieste e proposte abbiamo delle risposte annunciate tramite o veline ai giornali o post su Facebook, io alzo le mani. La politica non si fa né tramite veline, né con i post su Facebook. Vorrei vedere un documento chiaro in cui si definisce la governance della gestione di un progetto che coinvolga i ministri; vorrei vedere un documento chiaro che dica quale visione, come si vogliono spendere i soldi. Io questo documento non l’ho ancora avuto”. E ancora a proposito della scuola: “Un governo serio, in questa giornata, la cosa che dovrebbe fare è guardare negli occhi quegli studenti e le loro famiglie, che sono oggi in sciopero e stanno chiedendo di poter tornare a scuola, e chiedere scusa. Perché è stato un governo che non è stato all’altezza del compito che aveva: quello di riportare in aula gli studenti delle scuole superiori, tranne in tre regioni, tutte le altre hanno nuovamente rimandato”. Poco dopo è stato il turno di Teresa Bellanova, che ha confermato come i problemi siano ancora tutti sul tavolo. Se non arrivano risposte alle proposte di Iv siete ancora pronte a dimettervi? “Assolutamente sì”, ha dichiarato a SkyTg24. “E non è tutto risolvibile con il Recovery”. E anzi, ha rilanciato con un altro tema che divide le forze di governo: il ritorno in classe. “Si è discusso in Cdm dalle 21 all’1 di notte se aprire il 7 o l’11 le scuole mentre ancora oggi c’è incertezza: possiamo dire che è indecente?“.

I dem vedono uno spiraglio, ma avvertono: “Ci sono molte questioni ancora aperte” – Il vicesegretario del Pd, Andrea Orlando, venuto a sapere delle dichiarazioni di Renzi mentre è in diretta televisiva su Rai3, sembra leggerle come un primo via libera: “Sul Recovery siamo contenti che sia passata la nostra linea. Non è una cosa di questo governo e di questa maggioranza, è fondamentale che si metta in sicurezza e che non si intralci il percorso per portarlo in Parlamento”. L’ex guardasigilli però ha avvertito: “L’accordo in generale non lo darei per fatto, ci sono molte questioni aperte”. L’appuntamento decisivo è fissato per martedì, ma già in serata i partiti che sostengono il governo riceveranno il testo completo del Recovery plan, modificato secondo le loro stesse indicazioni. Già prima del Cdm, quindi, i renziani potrebbero far sapere quale sarà il loro orientamento. E che tutto sia ancora in forse lo ha sottolineato anche il presidente di Iv Ettore Rosato, che a sua volta ha replicato piccato al vicesegretario dem: “Orlando è diventato il portavoce di Italia Viva? Ci faccia sapere quando gli dobbiamo dare la nostra tessera“.

Sullo sfondo restano le trattative sotterranee portate avanti da pezzi del Pd per ricucire lo strappo. Tra i principali registi c’è sempre il braccio destro di Zingaretti Goffredo Bettini, a cui lo stesso Renzi il giorno dell’Epifania ha mandato una nota in 30 punti sulle “questioni politiche aperte” in maggioranza. In un’intervista rilasciata oggi al Corriere, l’esponente dem ha ribadito che “si deve andare presto al sodo: decidere, lavorare, rinunciare alle ripicche e alle tattiche estenuanti”. Mentre in serata ha parlato a “Zapping” su Radio 1. “Dobbiamo fare presto e fare le cose che servono”, ha detto. “Noi per primi, come Pd, abbiamo posto la questione di una ripartenza del governo. Dobbiamo avere un’alleanza molto solida e che concordi, con un programma di fine legislatura. Ma serve un programma deciso e chiaro. Quindi bisogna fare le cose che servono e attuare un riassetto del governo. C’è disponibilità a fare questo, perfino con una crisi breve, gestibile, parlamentare che non apra fibrillazioni che di solito le crisi procurano e che sarebbero un’enorme perdita di tempo”. E Bettini, che nel settembre 2019 ha contribuito alla nascita dell’esecutivo giallorosso, sembra indicare ancora una volta qual è la strada da seguire. Intanto se ci sarà un rimpasto, non sarà “un rigiro di ministri, ma un rafforzamento della squadra. Devi adeguare le forze in campo e non c’è nulla di male, basta moralismi”. Quindi su Renzi, ha detto: “Mi pare che chi punta i piedi è lui. Dice di essere disponibile e di voler fare le cose e poi quando si entra nel merito e si parla di un’eventuale riorganizzazione delle nostre forze, ho la sensazione che non abbia le idee chiare”. Ora, ha concluso, “ci vuole un’alleanza più sincera”. E se si dovesse aprire a forze responsabili di Forza Italia, “non sarebbe un’eresia”.

Le ipotesi rimpasto – Alcuni big dei 5 stelle hanno già ruoli di peso, come Luigi Di Maio alla casella degli Esteri e Alfonso Bonafede alla giustizia. Stessa cosa per la sinistra, dal momento che Roberto Speranza è saldamente alla guida del ministero della Salute. Per i renziani si ventila l’ipotesi che lo stesso Renzi o il suo braccio destro Maria Elena Boschi possano strappare un ministero. Poi c’è il Pd: tra i suoi capi-corrente l’esecutivo può contare solo su Dario Franceschini, che è anche capodelegazione del partito a Palazzo Chigi. Lo scenario di un ingresso di Nicola Zingaretti sembra escluso, visto che in tal caso dovrebbe lasciare la guida della Regione Lazio, mentre resta in piedi l’opzione Orlando. Il diretto interessato, posto di fronte alla questione ad Agorà su Rai3, risponde sibillino: “Secondo gli accordi iniziali io nel Governo in carica dovevo fare il ministro degli Esteri. Se dico se sto bene dove sto potreste crederci…”, dice, escludendo l’ipotesi. Poi però aggiunge: “Ne discuteremo, ma la mia propensione è questa”.