Far passare la nottata. In fondo è sempre stata questa la strategia di Autostrade per l’Italia (Aspi) dopo la tragedia del ponte Morandi dell’agosto 2018. Lasciar spegnere i riflettori, acquietare le grida, dimenticare. Guadagnare più tempo possibile, giorno dopo giorno senza mollare l’osso. I governi passano, maggioranze e ministri cambiano. Sinora questa linea ha pagato. Nessuna revoca, nessuna cessione, trattative ma nulla di più. Un passo in avanti e uno all’indietro. La pandemia ha dato una mano, con il governo e opinione pubblica concentrati su affari più impellenti. Ora l’ipotesi di una crisi di governo: palla in tribuna. Altro tempo, tutto da capo.

Così, quatta quatta, ieri Aspi si è presentata sul mercato per collocare un bond da un miliardo di euro che fa seguito a quello da 1,2 miliardi piazzato lo scorso primo dicembre. Le cose sono andate bene. Le richieste degli investitori sono state il doppio dell’offerta. Così il rendimento del bond che ha durata di 9 anni, si è attestato al 2%. Il denaro raccolto, ha specificato Aspi, ha la finalità di supportare il finanziamento delle attività previste nel nuovo piano industriale della società, tra cui il piano di manutenzione e investimenti previsto dal nuovo Pef, oltre che le altre attività strategiche di sviluppo. Il buon esito del collocamento testimonia che gli investitori non si attendono esiti traumatici nella trattativa in corso da tempo tra governo ed Atlantia, società che fa capo al 30% alla famiglia Benetton e che possiede l’88%. Dove eravamo rimasti?

Riassunto delle puntate precedenti – A fine dicembre il consiglio di amministrazione di Atlantia ha respinto l’offerta per rilevare l’88% di Aspi presentata da Cassa depositi e prestiti insieme ai fondi Blackstone (Usa) e Macquaire (Australia). Ma la fase è ancora di studio. La partita vera inizierà a fine gennaio quando la cordata di acquirenti dovrebbe presentare un’offerta vincolante, ossia che obbliga il proponente a procedere una volta che l’offerta viene accettata. Naturalmente il nodo è quello del prezzo. Secondo Atlantia, di cui sono azionisti non solo i Benetton ma anche pesi massimi della finanza come il fondo sovrano di Singapore, la banca Hsbc e il fondo speculativo londinese Tci, un’offerta congrua dovrebbe superare i 10 miliardi di euro. Se così fosse i Benetton incasserebbero circa 3 miliardi di euro per uscire dalla partita. Dall’altro lato l’ultima offerta di Cdp e soci non sarebbe andata oltre gli 8 miliardi di euro. La distanza si spiega anche con alcune partite ancora aperte a cominciare dal Piano economico finanziario, sottoposto da Apsi per l’approvazione al ministero delle Infrastrutture e in cui sono indicati investimenti ed aumenti dei pedaggi nei prossimi anni.

Nel frattempo Atlantia va avanti con il suo piano di divisione della partecipazione in Aspi. Il 55% dovrebbe finire in capo ad una società costituita ad hoc (Autostrade Concessioni e Costruzioni spa) e il rimanete 33% finire dritto sul mercato. Alla fine un’operazione che consente di “tirare” di più sul prezzo dell’eventuale vendita dell’intera partecipazione. Venerdì prossimo è in programma l’assemblea degli azionisti di Atlantia per il via libera al progetto. A fine mese la possibile offerta vincolante di Cdp e soci. Ci sarà poi tempo fino al 31 luglio prossimo per la definitiva accettazione della proposta. Almeno altri sei mesi insomma, crisi di governo permettendo.

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