"La ratio della disciplina in esame", spiega la Corte, "è rinvenibile in una precisa scelta di indirizzo politico-criminale che ha l’obiettivo di offrire un concreto sostegno alla persona offesa, la cui vulnerabilità è accentuata dalla particolare natura dei reati di cui è vittima, e a incoraggiarla a denunciare e a partecipare attivamente al percorso di emersione della verità"
Tutte le vittime di reati sessuali hanno diritto al patrocinio a spese dello Stato. A stabilirlo è stata una sentenza della Corte Costituzionale, che ha ritenuto non fondata una questione di illegittimità sollevata dal gip del tribunale di Tivoli. Si tratta, in particolare, dell’articolo 4-ter del ‘Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia’ che prevede proprio l’automatica ammissione al patrocinio gratuito della persona offesa dai reati contro la libertà sessuale “anche in deroga ai limiti di reddito previsti dal presente decreto”, cioè 10.628,16 euro.
La sentenza, che risale al 3 dicembre scorso, è stata pubblicata l’11 gennaio 2021; si tratta della prima dell’anno. La norma certificata come legittima dalla Consulta, secondo l’interpretazione della Corte di Cassazione assurta a “diritto vivente”, dispone l’ammissione automatica – a prescindere dai limiti di reddito – al patrocinio a spese dello Stato delle persone offese dai reati che ledono la libertà sessuale. La Corte spiega che “è evidente che la ratio della disciplina in esame è rinvenibile in una precisa scelta di indirizzo politico-criminale che ha l’obiettivo di offrire un concreto sostegno alla persona offesa, la cui vulnerabilità è accentuata dalla particolare natura dei reati di cui è vittima, e a incoraggiarla a denunciare e a partecipare attivamente al percorso di emersione della verità. Valutazione che appare del tutto ragionevole e frutto di un non arbitrario esercizio della propria discrezionalità da parte del legislatore”. A queste argomentazioni, prosegue la Consulta, “va aggiunta la considerazione che nel nostro ordinamento sono presenti altre ipotesi in cui il legislatore ha previsto l’ammissione a tale beneficio a prescindere dalla situazione di non abbienza”.
La sentenza cita anche il decreto-legge del 23 febbraio 2009, n. 11 sul contrasto alla violenza sessuale e allo stalking nella parte in cui si richiama “la straordinaria necessità ed urgenza di introdurre misure per assicurare una maggiore tutela della sicurezza della collettività, a fronte dell’allarmante crescita degli episodi collegati alla violenza sessuale, attraverso un sistema di norme finalizzate al contrasto di tali fenomeni e ad una più concreta tutela delle vittime dei suddetti reati”.
“E’ una sentenza importante”, è stato il commento della senatrice del Pd Valeria Valente, presidente della commissione Femminicidio, “perché si tratta di un sostegno concreto, non solo materiale ma anche psicologico, per chi denuncia. Passa il messaggio che lo Stato è dalla parte di queste bambine, ragazze e donne abusate in vario modo”. Basti pensare che solo nel 2020, l’anno in cui è stata approvata la legge per la lotta alla violenza di genere, sono stati circa 100 i femminicidi, concentrati in particolare nei mesi del lockdown a causa delle misure restrittive. Un periodo ‘buio’ che ha fatto registrare anche un’impennata delle chiamate al 1522, il numero contro la violenza e lo stalking, fino al 73% in più rispetto al 2019.