A consegnare la fotografia del disagio giovanile ai tempi del Covid è l’Ordine degli psicologi che sta collaborando con il ministero dell’Istruzione per valutare gli effetti della didattica a distanza. "La scuola non è solo trasmissione di contenuti ma è rapporto umano”, dice a Ilfattoquotidiano.it il presidente David Lazzari
Gli studenti italiani sono diventati più pessimisti e più stressati, non credono che usciremo presto dalla situazione anomala imposta dalla pandemia e sentono la necessità di rivolgersi ad uno psicologo. A consegnare la fotografia del disagio giovanile ai tempi del Covid è l’Ordine degli psicologi che sta collaborando con il ministero dell’Istruzione per valutare gli effetti della didattica a distanza. I risultati di questo monitoraggio non sono ancora pronti ma il presidente della categoria David Lazzari, in quest’ultimi mesi, ha raccolto dati che permettono di fare un quadro della situazione.
Il primo dato che ci consegnano le ricerche è che sei studenti adolescenti su dieci si sentono stressati. “A loro pesa il contesto generale in cui sono costretti a vivere. La loro – spiega Lazzari – è un’età in cui le relazioni sociali sono tra le cose più importanti. La scuola non è solo trasmissione di contenuti ma è rapporto umano”. Secondo il presidente dell’Ordine degli psicologi il virtuale non basta: “È un palliativo. Ci si è illusi che la scuola online fosse come quella in presenza ma è come se sostituissimo la famiglia reale con l’online, impossibile. Pensiamo ai tanti ragazzi isolati dal mondo, alcuni di questi sono collegati in rete con migliaia di persone ma fuggono dalla realtà”.
Un disagio che si manifesta nella richiesta di parlare con un professionista: uno su tre, infatti, vorrebbe avere un supporto psicologico. “Questo dato – spiega Lazzari – è significativo. Da un’indagine che abbiamo svolto nei mesi scorsi su come gli italiani vedono gli psicologi è emerso che siamo dei professionisti che aiutano ad affrontare la vita. Noi lavoriamo sulla crescita delle risorse, sullo sviluppo della resilienza. Non è un bisogno patologico ma i ragazzi hanno capito che possiamo aiutarli. La nostra è una figura fondamentale nelle scuole, sarebbe importante lavorare per renderla stabile”.
Altro numero sul quale riflettere: quattro studenti su dieci dichiarano di aver avuto ripercussioni negative sul tempo trascorso su libri. “Se sono abbattuto, se ho uno stato d’animo compromesso lo studio ne risente”, chiarisce il presidente. Ma non è finita: tre ragazzi su dieci dicono di sentirsi apatici e stanchi, due si dieci preoccupati e irritabili, con un alto rischio di abbandono della scuola.
Da una ricerca fatta dall’Ordine emerge che alla domanda “Quanta fiducia hai nel futuro post pandemia?” il 48% ha poca o nessuna fiducia. E al quesito “Pensi che si risolverà questa situazione?” il 62% dice di sì, ma che ci vorrà molto tempo, il 10% no, non siamo attrezzati. Solo uno su quattro pensa che si risolverà in tempi accettabili. “Come evidenzio nel mio ultimo libro – spiega Lazzari -, il disagio psicologico vissuto tra i 4 e i 12 anni aumenta del 140% la possibilità di avere disturbi psicologici nelle età successive, e quello vissuto tra i 13 e i 19 anni del 90%”.