Corsa contro il tempo per l’operazione “responsabili”. Giuseppe Conte, archiviato lo strappo di Matteo Renzi, è sempre più intenzionato ad andare alla conta alle Camere, ma per farlo senza rischiare di perdere tutto ha bisogno di avere la certezza (o quasi) che ci sarà un gruppo di parlamentari pronto a sostenere la maggioranza. Il problema è sempre lo stesso: l’operazione dovrà dare contorni “certi e sicuri” alla maggioranza e non potrà basarsi su senatori disgregati, lo chiede Sergio Mattarella ed è la condizione necessaria sufficiente per blindare il governo. I movimenti in Parlamento sono tanti e sempre più seri: il rischio di elezioni anticipate preoccupa la truppa di chi sa non sarà più riconfermato e i numeri, è quello che garantiscono da più parti, ci possono essere.
La prima necessità è quella di trovare una casa (o meglio un simbolo) che li possa riunire tutti. E in questo senso è stato fondamentale l’annuncio di Riccardo Nencini, il socialista renziano che a Palazzo Madama ha prestato il simbolo ai renziani e che oggi, insieme a Enzo Maraio, ha risposto all’appello dei “costruttori”. Alla Camera si guarda a Centro democratico di Bruno Tabacci dove nelle ultime ore sono arrivati ben 5 ex parlamentari M5s. Al Senato la faccenda è più complicata: Udc ufficialmente dice che non sosterrà Conte, ma la senatrice Paola Binetti, dicono fonti di maggioranza a ilfattoquotidiano.it, proprio questa mattina a Palazzo Madama ha fatto sapere ai colleghi Pd-M5s che se necessario non si tirerà indietro. Il gruppo per nascere, come da regolamento, deve essere stato presentato alle elezioni e avere senatori eletti, ma potrebbe a quel punto formarsi dentro il gruppo Misto con un proprio simbolo (e c’è chi oggi ha ricordato la possibilità di riprendere quello dell’Italia dei valori).
Insomma sono ore convulse di chiamate, interlocuzioni e trattative: si ricercano vecchi “amici” ed ex compagni di partito e si prova a fare leva sullo spirito di sopravvivenza. “Tutti si guarderanno nel portafoglio”, mormorano. Fonti dei vertici M5s a ilfattoquotidiano.it garantiscono che “ci sono buone possibilità che l’operazione vada in porto“. I 5 stelle sono compatti nel sostegno a Conte e chiudono le porte a un riavvicinamento a Renzi. Per questo sono tra i principali fautori della strada dei “responsabili”. E non a caso, per tutta la mattinata, i big (da Di Maio a Di Battista e Buffagni) hanno rilasciato dichiarazioni dure di chiusura netta per Italia viva e rilanciato invece l’appello ai costruttori dello stesso Beppe Grilo. Fonti istituzionali invece predicano ancora prudenza: il rischio è che oltre gli auspici non si riesca ad andare. Ma è presto. Sul fronte parallelo fonti interne ai dem hanno fatto trapelare che “i responsabili non ci sono” e che se continua così “si rischia il voto a giugno“. Un messaggio interpretato come un modo per stringere i tempi e far accelerare le trattative: i parlamentari che vogliono appoggiare la maggioranza devono farsi avanti, ora o mai più.
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I NUMERI – Alla Camera la situazione è relativamente tranquilla: la maggioranza ha 346 deputati e senza i 30 di Italia viva, conta su 316 sì che anche se risicati sono sufficienti. Il problema più urgente è il Senato: il governo finora ha avuto l’appoggio sicuro di 158 parlamentari a Palazzo Madama (92 M5s, 35 Pd, 8 Autonomie, 18 Italia viva, 5 Leu) e senza i renziani, scenderebbe a 140. Al momento, guardando a chi nel gruppo Misto ha sempre offerto una sua disponibilità a sostegno della maggioranza, ci sarebbero già circa tra i 12 e i 14 senatori. Ma il numero è una stima prudenziale ed è in continuo aggiornamento.
SENATO – Tra i primi indiziati ci sono i senatori del Udc: Paola Binetti, Antonio De Poli e Antonio Saccone. Che ufficialmente smentiscono, ma ufficiosamente sono molto meno compatti. Binetti ha già fatto capire di essere pronta ad aprire una discussione: lo ha detto oggi parlando con colleghi della maggioranza e lo ha lasciato intuire tra le righe parlando con l’agenzia Adnkronos. Un altro fronte importante nella conta è sicuramente quello dei componenti del Misto che già più volte si sono allineati alla maggioranza (il riferimento sono i voti di fiducia e i voti sulla legge di bilancio) e che, a un primo calcolo, sarebbero in totale una dozzina. I primi responsabili indiziati sono naturalmente gli ex M5s che, proprio per l’antico legame con il Movimento, molto spesso votano già a favore del governo per segnalare la loro vicinanza a una linea che, dicono, non hanno mai davvero disconosciuto. Si tratta di: Maurizio Buccarella, Saverio De Bonis, Luigi Di Marzio, Tiziana Drago, Elena Fattori. Di questi proprio De Bonis lo raccontano molto impegnato nel riuscire a concretizzare la nascita di un nuovo gruppo: avrebbe contattato nei giorni scorsi l’altro ex (ora a +Europa) Gregorio De Falco per una “chiacchierata”. De Falco cambia opinione spesso, anche se ultimamente sembra più possibilista. A lui potrebbe aggiungersi un altro ex incerto: Michele Giarrusso. Ha smentito invece la sua disponibilità Marinella Pacifico, anche se già in passato aveva votato con la maggioranza. Non bisogna dimenticare che la compagine di ex 5 stelle (26 deputati e 16 senatori) non basta per risolvere da sola la situazione, visto che molti di loro ormai hanno aderito ad altre formazioni, dalla Lega ad Azione, e vanno considerati individualmente.
Poi vengono considerati sicuri sì degli esponenti del Maie (il cui fondatore è il sottosegretario Merlo) Adriano Cario e Raffaele Fantetti: in particolare Fantetti negli ultimi mesi si è fatto promotore del think tank Italia23 che, secondo alcune indiscrezioni, vorrebbe essere uno dei progetti embrionali di una ancora fantomatica lista Conte. Fantetti, raccontano a Palazzo Madama, è tra i più attivi in queste ore ed è dietro molti contatti. Sicuramente a favore, come ha già dichiarato, Sandra Lonardo, ex Forza Italia passata al Misto a luglio scorso in polemica con la “linea salviniana” del centrodestra. Proprio il marito Clemente Mastella si è già offerto, più o meno con convinzione, per organizzare lui “il gruppo dei responsabili” e nelle varie interviste rilasciate in queste ore ha garantito che “i numeri ci sono”. Infine vanno considerati a favore i due senatori a vita iscritti al Misto Mario Monti e Liliana Segre, ma anche Sandro Ruotolo, eletto con le elezioni suppletive a fine febbraio scorso e molto vicino a Leu.
Più problematico il sì dell’ex dem, e in passato molto vicino a Matteo Renzi, Tommaso Cerno: è stato tra i primi sostenitori del governo Conte 2, ma oggi dice di non essere disposto a dare il suo voto. “Io dico sì all’idea, ma non al metodo”, spiega a ilfattoquotidiano.it. “Sono tra quelli che credono di più nel progetto Pd-M5s, ma proprio per questo non voglio che sia rovinato dai transfughi del centrodestra. Per me l’unica strada è il ritorno alle urne”.
Altro bacino in grande agitazione è quello di Italia viva. Il gruppo è spaccato dai malumori per una crisi voluta dal leader e mai davvero condivisa. E, soprattutto, i singoli temono per il loro futuro: un partito al 3 per cento scarso, senza più alcun appoggi, a cosa è destinato? Queste domande pesano molto nelle discussioni delle ultime ore. Tra i primi renziani ad aver mollato l’ex premier c’è appunto il senatore socialista Nencini. Una mossa a lungo smentita, e ufficializzata nel pomeriggio con una nota. Ma è solo l’inizio: i pontieri sono al lavoro e stanno contattando la pattuglia di ex Pd poi passati con Renzi, è la ricostruzione confermata a ilfattoquotidiano.it, proponendo di riavvicinarsi in una sorta di quota “indipendente”. In questo modo potrebbero rientrare tra i democratici, salvare il posto e magari guadagnarsi una candidatura al prossimo giro. Intanto una delle più in bilico è sicuramente l’ex azzurra Donatella Conzatti che già ieri, intervistata dal Corriere della sera, aveva aperto a una mediazione tra Renzi e Conte. E che ora sarebbe sempre più intenzionata a lasciare l’ex premier. Un altro molto quotato per tornare col Pd è Eugenio Cominicini, ex direzione nazionale Pd ed ex candidato alla segreteria dem lombarda. Occhi puntati anche sui renziani che hanno ruoli nelle commissioni: l’ex M5s Silvia Vono, vicepresidente della commissione Lavori pubblici al Senato, o l’ex Pd Annamaria Parente, presidente della commissione Igiene e Sanità. Ma anche Vincenzo Carbone, vice della commissione Lavoro o Leonardo Grimani, segretario della commissione Affari costituzionali.
Nel calcolo non vengono (ancora) considerati esponenti di Forza Italia che potrebbero valutare di dare il loro contributo alla causa. Forse è questo uno dei passaggi più complicati, anche perché dovranno poi vedersela con le resistenze dei 5 stelle, ma le aperture da parte di alcuni non sono escluse. E i nomi che circolano sono quelli di Roberto Brunetta, Renata Polverini, Deborah Bergamini e Osvaldo Napoli. Un’opzione che secondo i vertici azzurri è al momento è fuori discussione, come raccontato da il Fatto quotidiano, ma che è indubbiamente sul tavolo. “Qualunque sia la soluzione, attuarla”, ha detto in serata Silvio Berlusconi. Lasciando aperte di fatto molte strade.
CAMERA – A Montecitorio una delle operazioni più interessanti è stata registrata nelle ultime ore e ufficializzata stamattina dal presidente Roberto Fico. Cinque deputati ex M5s hanno aderito alla componente di Centro Democratico – Italiani in Europa guidata da Bruno Tabacci. Si tratta di Marco Rizzone, Fabio Berardini, Mara Lapia, Carlo De Girolamo e Antonio Lombardo.
Ma proprio alla Camera la pattuglia di ex M5s è molto nutrita (in totale sono 26) e in tanti siedono nel gruppo Misto senza alcuna possibilità di essere ricandidati. Basta questo per farli diventare “responsabili”? Non è assolutamente scontato. Di sicuro però ci sarà almeno la tentazione. A scrivere un post molto duro contro Matteo Renzi e, a suo modo, in difesa del governo Conte 2, è stata solo ieri l’ex M5s Silvia Benedetti: “Con tutta la disistima che ho per questo governo, tranne per tre/quattro tra ministri/viceministri/sottosegretari, resto allibita dallo sfacciato teatrino del capetto di Italia Morta”, ha scritto. “Già, un politico così egoriferito può solo far morire l’Italia”. Troppo poco per parlare di un nuovo gruppo, ma l’ennesimo segnale che qualcosa si muove.