di Angelo Tuccella
Io so – avrebbe scritto Pier Paolo Pasolini o almeno così mi piace pensare – i nomi dei responsabili di questa manovra scellerata.
Io so che le ragioni di questo macabro show non hanno nulla a che fare con le regole, i contenuti o il “rispetto delle liturgie della democrazia”.
Io so che lei, Senatore Renzi, ricorre al termine “populista” – come Salvini al termine “buonista” – quando vuole attaccare qualcuno, o qualcosa, senza spiegare il perché.
Io so che questa crisi riposa sul suo narcisismo e sul risentimento che nutre verso coloro che non è in grado di eguagliare: Conte è capace, è coraggioso, non ha bisogno di mentire. Conte è popolare. Conte, al contrario di lei, vince: contro Salvini, contro i Benetton, contro Rutte, e per questa ragione il suo ego grida vendetta.
Io so, per quel che mi riguarda, di non essere Pasolini, lei invece, è consapevole di non essere Winston Churchill?
In verità, i suoi maldestri tentativi di far ricadere sul premier la responsabilità della crisi in atto ricordano di più il modus operandi di Trump – la cui retorica poggia su una serie di “verità alternative” da somministrare al proprio elettorato alla bisogna – come anche, del resto, l’abitudine di evocare le fake news al fine di giustificare le sue innumerevoli sconfitte – tuttavia la sua condotta riflette principalmente quella tendenza all’individualismo radicale, al nichilismo, al cieco perseguimento dell’interesse privato in luogo del bene comune. La vedrei bene, invero, tra coloro che questa estate maledicevano il governo reo di non avergli concesso la libertà di recarsi in discoteca.
Come finirà questa storia è impossibile prevederlo, di una cosa però sono certo: la valanga che sta per abbattersi su questo governo trascinerà con sé lei e il resto del suo partito. Non è molto, lo so, ma comunque è meglio di niente.