Alla fine Matteo Renzi ha portato fino in fondo la sua scellerata operazione volta a togliere di mezzo il governo Conte. Per conoscerne le reali motivazioni ci vorrebbe uno psicanalista di quelli bravi. Parrebbe che alla fine siano stati determinanti l’odio e probabilmente il senso di inferiorità di un politico – che oggi riscuote l’antipatia della grande maggioranza del popolo italiano – nei confronti di un personaggio politico, ma non politicante, che invece in questo anno difficile ne ha saputo attrarre il sostegno, sia pure doverosamente critico.
Se però usciamo dalla sfera, inevitabilmente limitata e anche per certi versi malagevole da interpretare, della psiche renziana, è evidente come ci siano forze economiche, sociali e politiche che a Conte l’avevano giurata e che oggi indubbiamente trarranno enorme soddisfazione dalla defezione di Renzi.
Innanzitutto Confindustria, che con Conte ha avuto non pochi motivi di frizione su varie questioni, dall’indiscutibile primato del diritto alla salute al blocco dei licenziamenti. Poi le varie lobby antiambientali intimorite, forse in modo eccessivo, dalle enunciazioni programmatiche adottate a livello europeo cui il governo era chiamato a dare attuazione, sia pure ancora largamente insoddisfacente.
Poi la pletora di politicanti da quattro soldi, centrali, regionali e locali che siano, che di fronte al peso oggettivamente grande della pandemia e all’onere di adottare misure a volte antipopolari hanno preferito demagogicamente ribaltare le responsabilità sul governo e sul presidente del Consiglio dei ministri.
E ovviamente le destre, convinte, ma forse a torto, di poter trarre un profitto dall’infausta vicenda col rovesciamento di un’ipotesi politica che le aveva emarginate dalla scena. Insomma tutti coloro che avevano un buon motivo per volere l’eliminazione di Conte.
Alla disperata ricerca di un residuo spazio politico che, allo stato, gli pare inevitabilmente precluso, Matteo Renzi ha deciso quindi di scatenare l’assalto finale al governo di coalizione. Dove voglia andare a parare non è probabilmente chiaro neanche a lui. Il suo movimento spasmodico, che ricorda non poco i sussulti dell’agonia, parrebbe volersi intestare in qualche modo una sorta di leadership delle forze accennate e anche i malumori diffusi, che hanno radice non tanto nelle scelte del governo (ovviamente a sua volta non esente da errori) ma nell’oggettiva gravità della situazione che stiamo vivendo.
Senza contare l’esistenza di una pesante eredità negativa di governi, tra i quali proprio quelli cui Renzi ha partecipato o che ha diretto hanno avuto un ruolo determinante, che hanno portato l’Italia e il suo popolo ad affrontare la pandemia dopo decenni di criminale indebolimento degli anticorpi sociali e istituzionali fondamentali a partire dai servizi pubblici fondamentali (sanità, istruzione, cultura, trasporti).
Certamente Conte, persona onesta ma per alcuni aspetti priva di solidi ancoraggi politici ed ideologici (il che ha costituito peraltro indubbiamente una delle cause della sua fortuna), ha commesso a sua volta degli errori. Ma tutto sommato, come ho già avuto occasione di scrivere, la sua sintesi di compromesso non era priva di aspetti di pregio.
Più che dagli errori di Conte, la debolezza del governo derivava non solo dalla presenza di un corpo estraneo come Italia viva, ma dall’esistenza, in seno al Pd, di una relativamente vasta palude di insoddisfatti che hanno subito le scelte della coalizione e del governo come una sorta di male necessario, senza alcun entusiasmo unitario o apporto programmatico di spessore. Considerazioni analoghe valgono del resto per settori non indifferenti dei Cinquestelle, ammalati di settarismo e millenarismo.
Cosa accadrà ora non è chiaro. E’ tuttavia chiaro come il vero perdente sia ancora una volta il popolo italiano. Mentre la pandemia supera il tetto delle 80mila vittime e sarebbe imperativo e urgente poter formulare in modo chiaro programmi di rinnovamento che possano attingere agli indispensabili fondi di provenienza anche europea, la mossa di Renzi fa prevalere una volta di più le forze retrive degli interessi costituiti che hanno di mira solo il proprio tornaconto.
L’unica flebile speranza è che si trovino in Senato i parlamentari disposti a far vivere Conte asportando la pericolosa appendice renziana. O altrimenti occorrerà andare ad elezioni anticipate in una situazione di gravissima emergenza sanitaria, economica e sociale. Tante grazie a Matteo Renzi, un politico nefasto del quale avremmo certamente fatto volentieri a meno.