Per la seconda volta in pochi mesi, il Consiglio superiore della magistratura ha congelato la nomina dell’ex sottosegretario dell’Interno, Domenico Manzione, alla guida della procura di Lucca. Il plenum ha stabilito – con 8 voti a favore, 10 astensioni e 5 contrari – di far tornare il dossier in quinta commissione, quella competente per gli incarichi direttivi, accogliendo la proposta della togata di Magistratura indipendente, Loredana Miccichè. La stessa cosa era avvenuta a settembre, quando i consiglieri Di Matteo, D’Amato e Ardita avevano chiesto e ottenuto di bloccare tutto. Oggi come allora, i dubbi riguardano la precedente esperienza politica di Manzione.
“Non c’è nulla di male ad essere amici di un politico, ma la dichiarazione esplicita di essere stato nominato sottosegretario nel Governo Letta per i rapporti di amicizia e stima con il senatore Renzi, nel corso di una intervista rilasciata alla trasmissione della Rai, Report, e diventata di dominio pubblico, non mi consente di poter sostenere questa nomina”, ha spiegato Micciché ai colleghi. “Tale dichiarazione, inevitabilmente, influisce sulla percezione di imparzialità e di indipendenza, requisiti fondamentali per il conferimento di un ufficio direttivo di un procuratore della repubblica in Toscana”, ha sottolineato la togata, ricordando che “il procuratore della repubblica è il titolare della azione penale ed il senatore Renzi è indiscutibilmente un esponente politico di grande rilievo in Toscana“.
Contro il ritorno in commissione il togato di Area Giuseppe Cascini, vicepresidente della quinta commissione, che in plenum ha ricordato che “la questione dell’incarico politico rivestito dal dottor Manzione è stata ampiamente discussa in Commissione, che ha ritenuto che in assenza di disposizioni normative, di legge o circolare, che prevedano una valutazione negativa per coloro che abbiano assunto incarichi fuori ruolo o politici, non era possibile non riconoscere la netta prevalenza, sul piano degli indicatori generali e speciali della circolare, del dottor Manzione rispetto agli altri candidati“. In attesa di una legge, ha aggiunto, andrebbe introdotto un “meccanismo di sfavore per chi proviene da un fuori ruolo politico. E da anni sostengo la necessità di una legge che stabilisca che i magistrati che assumono incarichi politici non possano rientrare nella giurisdizione al termine del mandato. Ma fino a quando il legislatore e il Csm non provvederanno a queste modifiche, noi abbiamo il dovere di applicare le norme vigenti“.
A favore del ritorno in Commissione si è invece espresso il togato indipendente Nino Di Matteo. “Questa pratica è già tornata in Commissione dopo la mia richiesta del 9 settembre scorso. Nel verbale del Plenum di settembre – ha spiegato – si dà ampiamente conto che il ritorno in Commissione era stato chiesto da me anche perché il dottor Manzione, per 5 anni aveva ricoperto un incarico prettamente politico, su incarico del senatore Renzi e stando alle sue dichiarazioni, in forza dei loro rapporti pregressi di amicizia. Oggi serve un ritorno in Commissione per un vero riesame, per approfondire la comparazione con altri candidati quali la dottoressa Anna Grillo e il dottor Santangelo, che avevano maturato una più ampia esperienza negli Uffici giudiziari rispetto al dottor Manzione, per ben 8 anni fuori ruolo”.