Le prime proposte, suddivise per aree strategiche che vanno dalla casa per tutti agli spazi collettivi, le ha pubblicate lo scorso luglio, quando le prime bozze del Recovery plan erano di là da venire. Da allora il Forum Disuguaglianze Diversità dell’economista ed ex ministro Fabrizio Barca ha continuato a mettere insieme idee e piani dettagliati su come utilizzare in modo innovativo ed efficace i fondi del Next Generation Eu “per costruire un futuro più giusto”. A novembre, insieme alla piattaforma Movimenta e al Forum Pa, ha presentato una Proposta per la rigenerazione della Pa senza la quale “nessun Piano di Ripresa e Resilienza potrà risultare credibile“. E ora ha analizzato punto per punto il testo modificato per rispondere alle richieste di Italia viva e approvato dal consiglio dei ministri subito prima che Matteo Renzi ufficializzasse la rottura. Il giudizio è che c’è stato “un passo in avanti“, ma la strada è ancora lunga e la fase di confronto pubblico promessa dal premier Giuseppe Conte sarà indispensabile.
La prima “grave lacuna“, secondo il Forum, è il fatto che “la maggioranza dei progetti è priva dell’indicazione dei “risultati attesi” (in termini dei benefici per la popolazione) o addirittura indica al loro posto le “realizzazioni” (numero di progetti fatti, di imprese incentivate, di aderenti, di infrastrutture completate)”. Una lacuna che andrà colmata mettendo a punto un documento con i dettagli sui singoli progetti e suddiviso per obiettivi, target e milestone, come richiesto dalla Commissione europea.
Tre proposte e un metodo di confronto – Per quanto riguarda il merito, il Forum costituito da otto organizzazioni di cittadinanza attiva e un gruppo di ricercatori e accademici auspica progressi strategici in quattro direzioni: dare “effettiva attuazione” alle priorità trasversali di genere, generazionale e territoriale, prevedere la priorità aggiuntiva “dare dignità e partecipazione strategica al lavoro” con due interventi di riforma, assicurare tutte le risorse correnti di bilancio necessarie a gestire le nuove infrastrutture sociali attivate e “utilizzare un linguaggio degli obiettivi, non delle azioni, per motivare l’intero paese in modo trasparente”. Per fare questi passi serve “un dialogo sociale e trasparente che raccolga i saperi che lavoro, cittadinanza attiva e imprese possono mettere rapidamente in campo”, ma non con incontri a Palazzo Chigi su “osservazioni generali”: il confronto, sulla base di quanto previsto dal Codice europeo di condotta sul partenariato emanato dalla Commissione nel 2014 per la programmazione e gestione dei fondi comunitari, dovrebbe comprendere dunque “giorni e notti di lavoro politico e tecnico attorno ai singoli obiettivi strategici che il Governo propone, incentrati sui “risultati attesi”, nel frattempo resi espliciti”.
I fronti da rafforzare: dalle disuguaglianze di genere all’impegno per i giovani – Il Forum ha le idee chiarissime sui fronti che vanno rafforzati: serve “una più decisa motivazione” per quanto riguarda le disuguaglianze fra uomini e donne e l’approccio di “gender mainstreaming”; serve “l’impegno a tener conto dell’interesse dei giovani” nell’impostare indispensabili interventi di riforma fiscale, a cominciare dalle imposte sulle donazioni e successioni; sulle disuguaglianze territoriali ora è più esplicita l’attenzione al Sud ma occorre “una chiara missione strategica che raccolga i diversi provvedimenti, pure presenti ma ancora frammentari, a favore delle aree marginalizzate del paese, dove si concentrano le ingiustizie sociali”; in ogni misura vanno “previste adeguate condizionalità sociali, per evitare che le risorse pubbliche siano usate per gare al ribasso fra le imprese a danno dei lavoratori, specie di quelli più vulnerabili” (serve quindi, tra il resto, il salario minimo legale); il bilancio ordinario dovrà prevedere le risorse finanziarie correnti che consentano di attuare quelle riforme e gestire i servizi attivati dagli investimenti finanziati con il Recovery fund; il linguaggio del documento va adeguato mettendo accanto a ogni missione i risultati attesi. Per esempio “Istruzione può diventare Istruzione. Abbattere la povertà educativa”; “Ricerca può diventare Ricerca. Diffonderne i risultati come bene comune”.
“Assunzioni mirate e innovative nelle amministrazioni che attueranno i progetti” – Riguardo alla parte che affronta il rinnovamento e la digitalizzazione della pubblica amministrazione, Forum DD, Movimenta e Forum Pa rilevano “significativi progressi”, perché per esempio il nuovo piano “sembra cogliere appieno, in sintonia con la nostra prima proposta, l’assoluta necessità di basare le analisi dei fabbisogni di personale e competenze sulle missioni, e soprattutto di un rafforzamento della Pa che preveda un massiccio rinnovamento generazionale con un progetto innovativo di reclutamento realizzato con bandi moderni, celeri, attenti alle competenze disciplinari e organizzative necessarie per le missioni strategiche e alla parità di genere nelle posizioni apicali”. Ma chiedono a governo e Parlamento “un’azione decisa in due direzioni: individuare e dare forza con tempestività alle amministrazioni pubbliche, dai ministeri fino ai piccoli comuni, che collaboreranno all’attuazione dei progetti, anche attraverso assunzioni mirate e con metodi innovativi” ed “evidenziare per ogni progetto i risultati attesi (non solo le realizzazioni), mettendo le Pa nelle condizioni di raggiungerli autonomamente, senza rendere indispensabili forme di assistenza tecnica”. Perché, è il ragionamento, forme di supporto esterno “non radicano competenze e capacità nella PA, rischiando, piuttosto, di perpetuarne la dipendenza“. E questo andrebbe anche a scapito della “spinta motivazionale che può venire dalla consapevolezza, da parte dei pubblici dipendenti, vecchi e nuovi, di partecipare a un progetto di rinnovamento e cambiamento del Paese”.
La governance a quattro livelli – Infine, secondo le tre organizzazioni è fondamentale che il confronto “con le forze economiche e sociali, il Terzo Settore e le reti di cittadinanza”, promesso nell’ultima bozza per discutere del piano, prosegua anche dopo, visto che “oltre il 60% degli investimenti verrà attuata territorio per territorio da strutture amministrative decentrate”. Per quanto riguarda la governance, “in ogni Amministrazione centrale coinvolta potrà essere costituita una Direzione Generale per l’obiettivo, in cui nominare un nuovo dirigente generale interno o esterno con adeguate risorse”. Al vertice dovrebbe stare “il Referente unico nazionale che governa i rapporti con la Commissione Europea, approva le modifiche proposte dai soggetti responsabili e ha poteri di intervento su di essi, assicura trasparenza costante sui dati e un flusso di informazioni in formato open sullo stato di attuazione, relaziona al Parlamento”. Il quarto livello “è ovviamente quello della responsabilità politica. Il Referente unico riferisce e risponde ad un Comitato presieduto dal presidente del Consiglio dei ministri di cui fanno parte i principali ministri di riferimento del Piano, dialogando con la Conferenza Stato Regioni e la Conferenza Unificata”. A latere dovrebbe esserci un Organo di monitoraggio e di sorveglianza delle parti economiche e sociali e della società civile.
E “preoccupa che, nell’ambito della rimozione e posponimento delle scelte in tema di governance del Piano, sia venuto meno l’impegno per una “Piattaforma di Open Government per il controllo pubblico” che avrebbe dovuto garantire un controllo diffuso sul piano stesso, sulla spesa, le realizzazioni e i risultati, vigilando sui tempi e sulle modalità di erogazione delle risorse destinate ai singoli progetti”. Ma il fatto che il Ministro dell’Economia abbia dichiarato che le parti sociali e la società civile “avranno un ruolo centrale anche per la realizzazione e gestione ma anche per costruire un meccanismo di valutazione e controllo dei risultati” fa sperare che l’impegno alla costruzione della Piattaforma sarà confermato.