Dopo l'incontro mattutino tra i quattro partiti che formavano l'ormai ex maggioranza, l'esecutivo ha deciso di dimettersi in vista anche delle elezioni del prossimo 17 marzo. Il premier rimetterà il proprio mandato al re Guglielmo Alessandro
Il governo olandese guidato dal liberale Mark Rutte non è sopravvissuto allo scandalo esploso nei Paesi Bassi sulle false accuse mosse dal fisco a circa 20mila famiglie che hanno beneficiato del bonus figlio. Dopo l’incontro mattutino tra i quattro partiti che formavano l’ormai ex maggioranza, l’esecutivo ha deciso di dimettersi in vista anche delle elezioni del prossimo 17 marzo.
Sarà il primo ministro Rutte, il volto alla guida del gruppo di Stati cosiddetti ‘frugali’ che per mesi hanno tentato di limitare lo stanziamento di fondi del Recovery Fund per i Paesi Ue più colpiti dalla pandemia di coronavirus, che in giornata dovrà così presentare le dimissioni al re Guglielmo Alessandro.
La decisione del gabinetto è “unanime”, ha detto in conferenza stampa il premier Rutte, precisando poi che “lo Stato di diritto deve proteggere i cittadini contro il governo onnipotente”, ma le cose “sono andate male”. Nonostante le dimissioni del governo, Rutte continuerà ad essere leader del partito Vvd. “Io stesso non ho avuto alcun coinvolgimento diretto, ma ovviamente un coinvolgimento indiretto. Penso di poter continuare come leader del partito, ma alla fine spetterà agli elettori” decidere.
Un epilogo, questo, che ieri sembrava oramai scontato, nonostante lo stesso Rutte avesse dichiarato pubblicamente di essere contrario alle dimissioni, in un momento, aveva spiegato, nel quale il Paese ha bisogno di stabilità a causa della nuova ondata di Covid che sta investendo l’Europa. Ma a non essere d’accordo con lui erano anche alcuni dei partiti che compongono la maggioranza di governo e che già in settimana avevano preannunciato conseguenze politiche, dopo che ieri si era già dimesso il leader del Partito laburista, Lodewijk Asscher, ministro per gli Affari sociali all’epoca dei fatti.
Il caso risale al 2012, quando decine di migliaia di famiglie richiesero il bonus figlio introdotto dall’esecutivo. Da questo, negli anni successivi, partirono però accuse infondate di frode rivolte dai funzionari del fisco a circa 20mila famiglie, costrette così a fare debiti per restituire i soldi ricevuti. C’è chi ha dovuto vendere o lasciare la casa, chi ha dovuto contrarre dei mutui, altri che si sono ritrovati vicini al fallimento a causa di un errore da parte del fisco olandese.
Il rapporto parlamentare rinominato Ingiustizia senza precedenti è stato divulgato il mese scorso dopo un’inchiesta sullo scandalo da cui sono emerse “violazioni delle norme fondamentali dello stato di diritto” da parte del fisco attraverso indagini su frodi motivate da “qualcosa di semplice quanto un errore amministrativo, senza intenti maliziosi”. Il presidente della commissione di inchiesta, Chris van Dam, ha definito la vicenda “un processo di massa” con circa 20mila famiglie di lavoratori perseguite per frodi in tribunale, costrette a ripagare gli assegni e private del diritto di ricorrere in appello dal 2012.
Il governo ha presentato le proprie scuse per quanto accaduto e nel mese di marzo dello scorso anno ha destinato 500 milioni ai risarcimenti. Ma venti famiglie hanno avviato un’azione legale contro i ministri di tre dei partiti membri della coalizione di Rutte per il loro ruolo nello scandalo.