Si infittisce in Paraguay il mistero che si cela dietro ad una operazione militare realizzata ad inizio settembre 2020 a Yby Yaú e terminata con la morte di due bambine di 11 anni, Lilian Mariana e María Carmen Villalba.
In quei giorni, la forza congiunta paraguaiana – Ftc (formata da esercito e polizia) – attacca il campamento principale del gruppo guerrigliero Epp (Esercito del Popolo Paraguayano) situato alla frontiera con il Brasile, a più di 350 km dalla capitale del paese, Asunción. L’operazione vuole essere un colpo mortale al gruppo guerrigliero di ispirazione marxista-leninista che opera dagli anni ’90, inizialmente come il braccio armato clandestino del partito Patria Libre e successivamente (dal 1° marzo 2008) come entità propria.
Durante lo scontro, celebrato come una gran vittoria dallo stesso presidente del Paraguay, Mario Abdo Benítez, vengono uccise due minorenni, riportate nella versione ufficiale come due guerrigliere. Si scoprirà poi che le due bambine, di nazionalità argentina e originarie della provincia di Misiones, stavano facendo visita a dei parenti che risultano essere membri di Epp e che le due non avevano vincoli formali con il gruppo guerrigliero.
Miriam Villalba, madre di una delle bambine uccise, pochi giorni dopo i fatti, durante una manifestazione nella città di Posadas (Capitale della provincia di Misiones in Argentina), lanciava accuse pesanti contro il governo paraguaiano: “Siamo sicuri che furono torturate. Lilian e Maria sono state catturate vive, le hanno torturate e poi le hanno vestite con le uniformi dei guerriglieri. Successivamente, per disfarsi delle prove e delle atrocità che avevano commesso, hanno bruciato i loro vestiti”.
La reazione dell’Epp non si è fatta attendere. Il 9 settembre 2020, probabilmente come rappresaglia, nella stessa zona viene sequestrato dal gruppo guerrigliero l’ex vicepresidente del Paraguay, Óscar Denis Sánchez (vicepresidente dal 2012-2013 durante la presidenza di Federico Franco) insieme ad un suo collaboratore.
La tecnica dei sequestri con fine estorsivo è storicamente una delle più utilizzate dai gruppi guerriglieri latinoamericani e nel caso dell’Epp è un vero e proprio “marchio di fabbrica” che caratterizza le operazioni del gruppo e che ha preso il nome di “industria del sequestro” a partire dal 2001, con il sequestro di María Edith Bordón de Debernardi.
Ad oggi l’Epp non ha dato più notizie sulla sorte di Óscar Denis Sánchez anche se nell’opinione pubblica si fa sempre più strada la possibilità che sia stato ucciso dal gruppo guerrigliero. La Ftc continua con operativi mirati nella ricerca del campamento dove potrebbe essere tenuto ostaggio l’ex vicepresidente e nel novembre scorso ha ucciso tre guerriglieri in uno scontro a fuoco.
Dall’altro lato, non si hanno notizie neanche sulle indagini che avrebbero dovuto chiarire i fatti del 2 settembre a Yby Yaú e le famiglie delle vittime denunciano l’ostruzionismo del governo e del presidente Mario Abdo Benítez, (figlio del segretario privato del dittatore paraguaiano Alfredo “el rubio” Stroessner – 1954-1989).
Nonostante ciò, il movimento che chiede giustizia e verità per Lilian e Miriam non si è fermato. I familiari continuano a riunirsi e manifestare ogni giorno 2 del mese e hanno lanciato la campagna “Eran Niñas” (erano bambine) con il proposito di mantenere viva l’attenzione dell’opinione pubblica e di evitare un altro caso di impunità di forze di polizie e militari. I colpi di scena però non finiscono qui.
Infatti a dicembre è ancora Miriam Villalba, in una conferenza stampa insieme ad organizzazioni che lavorano che per la difesa dei diritti umani, a denunciare che la sua famiglia viene perseguitata dalla Ftc. Villalba accusa il gruppo militare di aver sequestrato sua nipote, Carmen Elizabeth Oviedo Villalba (14 anni) e di aver arrestato sua sorella Laura Villalba, che nega di essere vincolata con l’Epp.
Le due si sono trovate in mano della Ftc dopo l’operativo militare di novembre e di loro non si sono avute notizie per giorni. Il fatto che sia di Laura che di Carmen si siano avute parziali notizie a fine dicembre è un piccolo sollievo per le famiglie delle vittime, che continuano però la lotta per non fare prevalere, una volta ancora, l’impunità di Stato.
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