Lassù, nel nord dell’Italia, c’è un unico editore che controlla tutto, quotidiani, emittenti televisive, agenzie pubblicitarie. Protagonista di un caso unico di intrecci con la politica, ora ha chiuso un giornale. E’ uscito in edicola l’ultimo numero del Trentino, porta la data del 16 gennaio 2021, e nell’ultima prima pagina, il direttore Paolo Mantovan titola il suo editoriale di addio “Perdiamo un pezzo di democrazia”. “Quando un giornale chiude è un dramma innanzitutto per i lavoratori, i giornalisti, i distributori, gli edicolanti. Ma è soprattutto una tragedia per la sua comunità. E’ un pezzo di storia che si perde, un pezzo di democrazia che viene a mancare”. Ma il vero editoriale lo scrive l’editore che spiega come la decisione sia “effetto della crisi e del Covid” e come la testata rimarrà soltanto on-line. Il comitato di redazione replica: “Decenni di errori aziendali”. E deve ingoiare la cassa integrazione per 18 giornalisti, eccetto alcuni che andranno appunto alla redazione web.
Il sindaco di Trento, Franco Ianeselli, commenta: “La decisione ci lascia sbalorditi, sia per il modo brusco e repentino con cui è stata adottata, sia per la sua portata: la chiusura del Trentino colpisce al cuore un pezzo di storia della nostra città, cancella un organo dell’informazione fondato nel 1945 (con il nome Alto Adige) dal Comitato di liberazione nazionale, ci priva di una voce laica che ha saputo raccontare il territorio e ha dato un contributo fondamentale al pluralismo dell’informazione”. I due giornali, nel 2020, hanno quindi compiuto 75 anni, ma il secondo è morto.
Ed è proprio il tema del pluralismo editoriale che tiene banco in Trentino-Alto Adige. L’editore del Trentino è il gruppo Athesia, che copre numerosi settori, dall’editoria ai media, dall’energia al turismo (ha la proprietà delle funivie Val Senales e l’hotel Terme Merano). I dipendenti sono circa 1.500. Nel novembre 2016 il gruppo acquisisce Seta, la società editrice di Alto Adige e Trentino (quest’ultima era diventata testata autonoma dal 2002) ceduti per evitare concentrazioni dopo l’acquisizione de La Stampa da parte del gruppo di Repubblica. Nel 2018 la concentrazione tutta altoatesina si completa con l’acquisizione dai conti Gelmi di Caporiacco dello storico L’Adige di Trento. Nello stesso anno in Athesia entrano Radio Dolomiti e l’agenzia pubblicitaria Media Alpi Pubblicità (che diventerà concessionaria esclusiva della divisione Media.it del gruppo). L’Adige viene così stampato a Bolzano, nello stabilimento del gruppo. Athesia controlla anche quotidiani, riviste ed emittenti di lingua tedesca che ruotano attorno al Dolomiten.
Ai vertici del gruppo c’è Michl Ebner, 68 anni, laurea in giurisprudenza, per quattro legislature (dal 1979 al 1994) deputato con la Südtiroler Vokspartei e per tre legislature (1994, 1999 e 2004) eurodeputato (in questo caso ha aderito al Partito Popolare Europeo). Il fratello Toni Ebner è direttore del Dolomiten.
Di questo caso di concentrazione si occupò nel 2018 anche l’Antitrust. In un’indagine conoscitiva sull’informazione locale scrisse: “In Trentino Alto Adige emerge una situazione in cui un operatore privato appare detenere una posizione di preminenza informativa. Analizzando, infatti, la total audience dei vari gruppi editoriali spicca la leadership (75%) del gruppo Athesia. Ciò, nonostante la presenza di Rai, che con i propri brand informativi raggiunge circa il 70% della popolazione regionale, e di un editore storico, Media S.r.l. (tv locale RTTR e radio RTT), che ha una penetrazione pari a circa la metà dei cittadini della regione”. Emergeva, quindi, “una posizione di notevole forza informativa in capo ad un gruppo privato locale che esercita un’influenza significativa sull’intero ecosistema territoriale (comprensivo di tutte le diverse comunità linguistiche e culturali)”. Proprio in occasione dell’acquisizione de L’Adige, l’allora ministro per i rapporti con il Parlamento, Riccardo Fraccaro del Movimento 5 stelle (oggi sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri), dichiarò: “Ripristineremo la norma sul divieto di concentrazione regionale abrogata dalla legge Gasparri, affinché tutte le società editoriali si adeguino alle nuove disposizioni di legge che impediranno le posizioni dominanti”. Finora non se ne è fatto nulla.