“La vaccinazione della popolazione carceraria, e non solo dei detenuti, è assolutamente una urgenza. Va fatta subito questa scelta, senza il timore di andare contro l’opinione pubblica, perché questa decisione ha una sua razionalità”. Sono le parole pronunciate ai microfoni della trasmissione “Italiani contro le mafie”, su Inblu2000 Radio, da Sebastiano Ardita, consigliere del Csm e tra il 2002 e il 2011 direttore generale del Trattamento detenuti del Dap.
Ardita spiega le due ragioni fondamentali della necessità di vaccinare i detenuti: “In carcere esiste un welfare rafforzato, cioè c’è un’azione sociale diversa da quella che riguarda i cittadini liberi. In più, in questo momento c’è un dibattito nel Paese secondo cui la carcerazione è una condizione che favorisce la diffusione del covid. È un dibattito che ancora non è venuto a una certezza, ci sono dei dati in base ai quali non è esattamente così, ma non importa. Questo dibattito ha prodotto alcune scelte, come ad esempio dei provvedimenti normativi che hanno consentito la concessione della detenzione domiciliare, anche in condizioni di pericolosità o pericolo di fuga, cioè in condizioni che normalmente non avrebbero consentito la scarcerazione per alcuni soggetti. E questo, come è noto, ha prodotto delle polemiche”.
Il magistrato chiosa: “Il punto qual è? Se c’è il dubbio che possa esserci una maggiore diffusione di covid in carcere e la risposta è la scarcerazione, io penso che i cittadini preferiscano che siano somministrati i vaccini in tempo ai detenuti e si eviti, quindi, di risolvere il problema con la scarcerazione. Su un piatto della bilancia c’è la vaccinazione anticipata; su un altro c’è la possibilità di far uscire dal carcere un soggetto pericoloso che ha commesso reati gravi, perché i soggetti non pericolosi normalmente sono ammessi a misure alternative. Di fronte a una realtà simile qualunque persona di buon senso direbbe: ‘Vacciniamo subito i detenuti’. Quindi, ci sono due buonissime ragioni per procedere alla vaccinazione prioritaria dei detenuti e naturalmente del personale penitenziario”.