Domenico Scilipoti è uno che di “responsabili” ne capisce. Oggi fuori dal Parlamento, nel 2010 fu determinante insieme ad altri colleghi per non far cadere il governo Berlusconi, abbandonando Italia dei Valori e dando vita in Senato al Movimento di responsabilità nazionale. Interpellato da Repubblica sull’attuale crisi di governo e sull’operazione “costruttori”, l’ex senatore commenta così: “Come avviene in tutte le democrazie parlamentari, è normale che ci siano processi di questo tipo. Mi stupisco di chi si stupisce. Ma scusi, poi, il governo Renzi non si sosteneva con Alfano e Verdini? Mica si possono fare le vergini adesso, dai”.
Scilipoti riconosce che non sempre i “responsabili” sono tali verso il Paese nell’appoggiare governi che fino a un minuto prima osteggiavano: “Qualcuno senza arte né parte c’è sempre ed è opportuno per lui che resti lì dentro a fare il parlamentare (ride, ndr). Io comunque avevo arte e parte perché ero un medico, lo sono ancora, impegnato contro il Covid come i miei colleghi”. Sta di fatto che in questo momento “dare stabilità è fondamentale”. Viviamo in un “momento delicatissimo della nostra storia”, avverte. “Anche papa Francesco ha detto che bisogna mettere davanti il noi all’io”. Nel 2010, però, non c’era da combattere una pandemia. Eppure lui abbandonò Italia dei Valori, di anima antiberlusconiana, per passare proprio con l’ex Cavaliere. “Va fatta una precisazione, non è stato proprio così: non votai la mozione di sfiducia a Berlusconi, presentata da transfughi del centrodestra, e fondai un movimento. Che poi anni dopo ha inserito alcuni suoi componenti nelle liste del Pdl”, spiega. “Sono stato segretario del partito Movimento di responsabilità nazionale, c’è stato anche un congresso nazionale! Ho fatto più o meno come i responsabili di oggi alla fine”.
In realtà Scilipoti non ha mai smesso di fare politica. Alle elezioni 2018 è risultato il primo dei non eletti di Forza Italia nel collegio plurinominale di Bari-Andria-Foggia. In caso di avvicendamenti a Palazzo Madama, potrebbe addirittura ottenere il seggio. “La prima cosa che farei è tentare di parlare all’interno del mio partito, spiegando le mie motivazioni. In Fi ci sono persone sensibili al bene del Paese e troverei sicuramente convergenze”, spiega al quotidiano di largo Fochetti. “Mi permetto di suggerire a Conte di allargare il più possibile, anche sui temi programmatici, quelli contano molto. Io ad esempio mi impegnai contro l’usura bancaria e il pignoramento della prima casa”. Poi il messaggio ai “costruttori” di oggi: per decidere cosa fare, conclude, devono porsi “una semplice domanda alla propria coscienza: qual è scelta più utile al Paese?”.