“Gli agenti stanno setacciando oltre 100mila suggerimenti digitali e hanno formulato accuse federali contro più di 70 persone fino ad oggi”, ha detto un portavoce dell'Fbi al New York Times
L’Fbi può contare su degli alleati inattesi mentre cerca di identificare gli assalitori di Capitol Hill. I parenti di alcuni dei protagonisti dell’invasione al Campidoglio americano si sono fatti avanti per aiutare le autorità ad arrestare i ricercati. Sui social, sono diventate virali le storie di figli e nipoti che hanno associato i volti nelle immagini dell’assalto a quelle dei loro familiari.
Esemplare è la vicenda della 18enne Helena Duke che ha usato Twitter per identificare la madre, presente il 6 gennaio a Washington e al centro degli scontri con le forze dell’ordine come evidenziano foto e filmati sul web. “Ciao mamma, ricordi la volta che mi hai detto che non dovevo andare alle proteste di Black Lives Matter perché potevano diventare violente… Questa sei tu?”, ha scritto la giovane del Massachusetts sul proprio account. Allegato al post (ora con 80mila retweet e mezzo milione di like), un video in cui si vede una signora dai capelli biondi insultare una donna in divisa prima di essere travolta dagli agenti presenti nelle strade di Washington. La protagonista è proprio la madre di Helena, Therese Duke: a prova di ciò, la 18enne ha postato altre foto che le ritraggono insieme scattate nei mesi scorsi.
“È stato molto surreale perché era un video folle e poi c’è stata la rivelazione ‘oh, quella è mia madre. È lei'” ha detto Helena Duke al sito Buzzfeed News dopo aver postato un altro tweet che recitava così: “Ciao, questa è la lesbica liberale della famiglia che è stata cacciata più volte per le sue opinioni e per essere andata alle proteste di Blm. Quindi questi sono mamma Therese Duke, zio Richard Lorenz, zia Annie Lorenz”. Nomi e cognomi di alcuni invasori a Washington che saranno utili all’Fbi per portare avanti le indagini. Intanto Therese Duke è stata licenziata dal posto di lavoro dopo il tweet della figlia.
L’Fbi sa di poter contare su suggerimenti come questi che giungono da parenti o amici degli invasori. L’agenzia federale ha aperto una pagina apposita sul proprio sito per consentire a chiunque di inviare denunce anonime che permettano di identificare gli assalitori del 6 gennaio. Di cui, grazie alla moda dei selfie e dei social, esistono migliaia di filmati e immagini: i sostenitori di Trump infatti hanno ripreso l’incursione da ogni angolo e così migliaia di persone sono state riprese in volto. “Gli agenti stanno setacciando oltre 100mila suggerimenti digitali e hanno formulato accuse federali contro più di 70 persone fino ad oggi”, ha detto un portavoce dell’Fbi al New York Times. E prima della denuncia formale c’è spesso la gogna dei social. “Hey zio, visto che ora sei classificato come terrorista, ho fatto il mio dovere civico e ho mandato le tue informazioni all’Fbi”, ha scritto un altro utente di Twitter prima di cancellare il proprio account.
Che a segnalare gli assalitori siano i parenti non è andato giù a qualche commentatore, ma questo non sembra fermare chi reputa l’ordine pubblico più importante dei rapporti familiari. Larry Rendell Block ha viaggiato dal Tennessee a Washington per essere presente alla manifestazione del 6 Gennaio. Quel giorno è riuscito a entrare negli uffici federali, ma era coperto da una tuta mimetica e un casco che ne hanno reso difficile l’identificazione. L’ex moglie l’ha riconosciuto e poi denunciato alle autorità locali che l’hanno arrestato una volta tornato in Tennessee. Ora che fatti come questi stanno diventando diffusi sui social network, è probabile che altre persone si impegnino a identificare gli invasori. Anche se si tratta dei propri parenti.