Tecnologia

Anche Xiaomi finisce sulla blacklist degli Stati Uniti. Servizi Google a rischio?

Il Governo Trump, che sarà in carica fino al prossimo 20 gennaio, ha recentemente inserito anche il noto produttore cinese di Xiaomi nella black list delle aziende non affidabili. L'accusa, di collaborare con l'esercito cinese, è più leggera rispetto a quella rivolta a Huawei, ma non è chiaro se anche in questo caso i servizi Google saranno a rischio.

Il Governo Trump, in carica ancora fino al 20 gennaio, ha da poco scritto il nome di Xiaomi nel “libro dedicato alle blacklist”. L’accusa, firmata dal presidente degli USA, sostiene che la società cinese abbia dei rapporti stretti con l’esercito del proprio Paese e per questo non può essere affidabile.

Questo comporta sostanzialmente dei problemi minori di quelli che sta affrontando Huawei da più di un anno a questa parte ma ciò non toglie che il presidente uscente abbia alzato la soglia di attenzione anche su Xiaomi, ed ha ancora 6 giorni a pieni poteri per poter firmare eventuali provvedimenti che creino un vero e proprio ban. Saranno toccate anche le applicazioni Google?

Nell’ultima tornata l’azienda cinese è stata la più importante per fatturato di quelle inserite in questa blacklist. Parliamo al plurale perché l’amministrazione Trump, riporta Reuters, ha inserito altre otto aziende cinesi minori alla stessa lista.

L’inserimento in questa lista nera attiva una restrizione che vieta agli investitori USA di immettere denaro nei confronti di Xiaomi acquistando azioni. Non ci saranno blocchi di importazione di prodotti cinesi, nemmeno la vendita verrà interrotta. Xiaomi potrà continuare ad avere rapporti con le aziende USA.

E’ chiaro però che, se non si potrà investire nel titolo, le azioni calerebbero. Inoltre, qualora un investitore avesse delle azioni Xiaomi nel proprio wallet, è obbligato a venderle entro novembre 2021. Insomma, questo provvedimento qualche fastidio a Xiaomi lo crea.

Xiaomi a stretto giro ha comunque rilasciato una dichiarazione ufficiale in merito a quanto accaduto: “Xiaomi ha sempre rispettato la legge e agito in conformità con le disposizioni e i regolamenti delle giurisdizioni dei Paesi in cui svolge la propria attività. La Società ribadisce che fornisce prodotti e servizi per uso civile e commerciale. Conferma inoltre di non essere posseduta, controllata o affiliata all’esercito cinese e di non essere una “Società militare comunista cinese” come definita dal NDAA. Xiaomi intraprenderà azioni appropriate per proteggere gli interessi della Società e dei suoi azionisti e sta esaminando anche le potenziali conseguenze di questo atto per avere un quadro più completo del suo impatto sul Gruppo. Ci saranno ulteriori annunci, se e quando Xiaomi lo riterrà opportuno”.